Cinema
Apostolo RECENSIONE – Qual è il significato dietro il nuovo horror Netflix?
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6 anni agoon
Apostolo, nuovo film Originale Netflix dai toni cupi e orrorifici, si dimostra un film interessante, dal buon ritmo e dalla stupefacente fotografia. Tuttavia, non è assolutamente esente da difetti. Ecco la nostra recensione. | Apostolo Recensione
I film Originali Netflix di rado si dimostrano buoni prodotti. Molto spesso risultano scadenti, privi di mordente, superficiali e banali. Tuttavia, ogni tanto si intravedono film degni di nota che, pur non essendo veri e propri capolavori, riescono ad intrattenere e a sorprendere. Questo è il caso di Apostolo, film del 2018 diretto da Gareth Evans con Dan Stevens e Michael Sheen.
L’horror del regista di Raid e Raid 2 si dimostra un ottimo esercizio di stile e un buon esordio nel genere, anche se presenta qualche piccola imprecisione. Vediamo più nel dettaglio perché è un film che merita di essere guardato.
Apostolo Recensione
La natura umana | Apostolo Recensione
Apostolo racconta la terrificante avventura di Thomas Richardson (Dan Stevens), un uomo creduto morto che viene inviato su un’isola colonizzata da un misterioso culto religioso che ha rapito sua sorella e ora vuole un riscatto. Per evitare di pagare i rapitori, Thomas si infiltra segretamente nella comunità per cercare di liberarla senza dare nell’occhio, ma molto presto si accorge che ciò che lo circonda va oltre la realtà.
Questa storia horror ambientata durante i primi del ‘900 risulta molto intrigante, soprattutto nelle fasi iniziali, quando si cerca di capire cosa si nasconda dietro questa comunità sperduta. Verso il finale l’interesse non si dirada, ma perde un po’ il suo fascino, quel fascino dell’ignoto che ha attirato lo spettatore sin dai primi minuti. Questo perché, come solitamente accade con questo genere di film, la minaccia che sembra tanto spaventosa e imprevedibile si rivela completamente allo spettatore, facendo scemare leggermente quella sottintesa paura di ciò che non riusciva a vedere e a comprendere. Però è anche qui che il film riesce a convincere. Le carte in tavola si mescolano, rivelando che non tutto è come sembra.
Perché questo Apostolo, benché ambientato più di cento anni fa, riesce a trasmettere un messaggio estremamente attuale. L’intera storia gira sempre intorno al tema della natura e della sua relazione con l’uomo. Quanto l’uomo creda di riuscire a dominarla, di riuscire a “metterla in catene” per aiutarlo a prosperare. L’uomo pensa di sapere quale sia il bene per la terra che gli offre la vita, ma non fa altro che danneggiarla, dandole in cambio il sangue. Sangue di coloro che costruiscono il mondo sotto l’influenza di chi è riuscito a convincerli che qualcosa di più grande gravita costantemente sulle loro teste. Sangue innocente gettato sui campi rigogliosi a causa di qualche disputa per la predominanza, per la sopravvivenza del più forte, per il potere. Il film non è altro che una critica sociale allo sfruttamento della natura e all’avidità dell’uomo, ma mascherato da film horror. Un lupo travestito da agnello.
Inquietudine al tempo dei jumpscare | Apostolo Recensione
Ciò che convince maggiormente di Apostolo è la sua atmosfera. Questo è uno dei pochi horror odieri che riesce a incutere timore e mettere paura senza ricorrere ad un’infinità di jumpscare. Ne sono presenti un paio, ma vengono accompagnati dalla messinscena e dal montaggio in modo tale da non risultare improvvisi e inaspettati. Non rappresentano lo “spauracchio” di qualche secondo, ma aiutano a tenere alta la tensione senza mai interromperla.
Ed è proprio qui che Apostolo si distacca dalla maggior parte degli horror odierni. Non è un film che fa paura, che infesterà i vostri sogni per diverse notti. Riesce a catturare grazie al peculiare velo misterioso che lo circonda. L’ansia e la curiosità camminano di pari passo nella narrazione.
Per quanto il finale non risponda a tutte le domande, riesce comunque a non lasciare lo spettatore indifferente. Perché si vede che Gareth Evans aveva un’idea, non solo un punto di partenza per creare un film horror dall’incasso facile. La forza di questo film non sta nella paura stessa, ma nell’inquietudine provocata da ciò che si nasconde davanti ai nostri occhi.
Crudo e viscerale | Apostolo Recensione
La maggior parte delle volte l’inquietudine di questo film è scaturita dal modo con il quale Gareth Evans ci presenta gli eventi su schermo. A quanto pare, il suo sguardo realistico e crudo non si limita solo alle scene d’azione, ma va anche oltre. Si è dimostrato un ottimo costruttore di tensione e anche un grande virtuoso della macchina da presa.
La sua regia è vorticosa. Non si ferma mai. È in continuo movimento, con carrelli anche di mezzo secondo che seguono da lontano le vicende di Thomas e della setta. Non mancano anche dettagli e primi piani, mai banali e con una certa influenza dal passato.
Il fiore all’occhiello, però, rimane la fotografia, graffiante, grezza, fredda, luminosa nella sua cupezza. Ogni inquadratura attrae lo sguardo, lo esorta a continuare la visione, a scoprire dove portano queste vicende. Anche quando la tensione è al suo apice e vorresti distogliere lo sguardo per paura che qualcosa spunti fuori all’improvviso, non puoi fare a meno di continuare a tenere gli occhi fissi sullo schermo.
Il punto di vista di Evans incanta ed è squisitamente viscerale. Non si limita a raccontare il macabro, ma lo mostra senza distogliere lo sguardo. La crudezza di alcune scene, per quanto disturbante, riesce comunque a non risultare eccessiva. Sembra tutto estremamente realistico, plausibile (per quanto soprannaturale sia la storia raccontata).
Ad aiutare l’impetuoso incedere della narrazione troviamo anche l’interpretazione di Dan Stevens, che si conferma nuovamente uno dei migliori attori attualmente sul mercato. Le sue espressioni torve, quasi più inquietanti di quanto non lo sia l’atmosfera generale. I suoi movimenti pesanti, sgraziati, rozzi. Il suo tono secco, distaccato, spazientito. Tutti questi elementi contribuiscono a destabilizzare lo spettatore, creando ancora più scompiglio nella sua preventiva comprensione degli eventi.
Questo marasma di inquietudine e stupore è accompagnato da un commento musicale estremamente efficace. Sonorità primitive, gutturali, estremamente semplici, dall’intensità crescente aiutano senza dubbio a creare un’atmosfera opprimente, tossica, dalla quale vorremmo scappare, ma dalla quale non riusciamo a distogliere lo sguardo.
Il messaggio celato dalla maschera orrorifica
L'ottimo ritmo, mai eccessivamente diluito
La regia di Gareth Evans, virtuosistica e dinamica
La colonna sonora che aiuta a creare inquietudine
La tensione sempre palpabile
L'interpretazione "allucinata" di Dan Stevens
La messinscena estremamente plastica e ispirata
Le interpretazioni non formidabili del resto del cast
Ormai la paura si è tramutata in spavento. In pochi oggi cercano ancora di raccontare una storia che faccia paura, che incuta timore, che scuota lo spettatore all'interno. Ormai basta spaventare, cogliere di sorpresa. Lo spettatore vuole sentirsi preso alla sprovvista, vuole l'adrenalina. Non cerca più il terrore. Non vuole più sentirsi tremare il terreno sotto i piedi. Non vuole che le sue convinzione, la sua realtà venga intaccata dalla realtà di qualcun altro, dalle preoccupazioni di qualcun altro. Qualcuno che, nella sua mente, quei mostri, quelle paure le ha affrontate veramente.
In un cinema dove le idee scarseggiano ogni giorno di più, è sempre più difficile trovare una storia di valore in questo oceano di spaventi passeggeri, di effimere paure. E sono proprio quelle poche idee a tenere in vita questa macchina irrefrenabile. Idee brillanti, idee buone, idee sufficienti. Non importa la qualità. Un'idea abbozzata, appena accennata è sempre meglio di un'idea inesistente. Non è forse questo il motivo per cui cerchiamo così avidamente il terrore? Non vogliamo forse metterci alla prova, affrontare le nostre paure? Facciamo tutto ciò per curiosità. Vogliamo sapere cosa ci sta inquietando in questo modo, cosa ci fa vacillare di fronte le nostre convinzioni. Vogliamo dare un volto alla paura per poterla guardare negli occhi. Per poter dire che è reale, che conosciamo ciò che si trova di fronte a noi. Perché tra tutte le paure ce ne è una che temiamo incondizionatamente: l'ignoto.
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Tenace adoratore del mezzo cinematografico, cerco sempre un punto di vista fotografico in tutto ciò che mi circonda. Videogiochi, serie televisive, pellicole cinematografiche. Nulla sfugge al mio imparziale giudizio.