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Marilyn Monroe, un complotto dietro la sua morte? Gli indizi (FOTO e DOSSIER)

Il suo carisma e la sua fama erano smisurati, ma i sogni di Marilyn Monroe sono svaniti molto presto, a soli 36 anni. La sua morte ha sollevato molti dubbi e la verità, riguardo la sua improvvisa scomparsa, rimane ancora avvolta nel mistero dopo 56 anni.

Era l’alba di una domenica quel 5 agosto 1962 quando, al numero 12.305 di Fifth Helena Drive, Marilyn Monroe veniva ritrovata in fin di vita. La bella Marilyn era nella sua camera da letto, riversa a faccia in giù sul materasso, con la mano allungata verso il telefono e il flacone del sonnifero, vuoto, lì accanto sul comodino. Di quella morte, archiviata come “apparente suicidio” si sarebbe scritto di tutto ma, stranamente, è sempre venuto alla luce molto poco e tanti sono ancora oggi i dubbi irrisolti. Forse per questo abbondano le teorie cospirative attorno alla misteriosa morte di Norma Jean, la stella del cinema Marilyn Monroe.

Marilyn Monroe. Suicidio oppure omicidio?

Secondo l’autopsia, Marilyn Monroe è morta per overdose di barbiturici, ritrovati in elevata concentrazione nel sangue dell’attrice. Tuttavia, non c’era traccia di essi nello stomaco o nel tratto digerente, né c’erano segni di iniezioni sul suo corpo. Il flacone dei sonniferi era vuoto, ma non vi erano né un bicchiere né dell’acqua in camera da letto, stando al primo sopralluogo della polizia. Solo al secondo sopralluogo veniva ritrovato un bicchiere vuoto, nascosto sotto il letto. Secondo alcuni complottisti Marilyn Monroe sarebbe stata uccisa somministrandole i barbiturici attraverso una supposta o un clistere.

La connessione di Marilyn Monroe con i Kennedy.

Sicuramente la teoria cospirativa più popolare è questa: Marilyn Monroe era al centro di chiacchierate relazioni con JFK e il fratello minore Bob Kennedy. L’attrice aveva annotato tutti i dettagli di queste frequentazioni intime su un piccolo taccuino rosso che non venne mai ritrovato. Pare che contenesse informazioni estremamente delicate sulla famiglia Kennedy e che Marilyn Monroe lo volesse usare come arma di ricatto per ottenere di essere sposata da uno dei due fratelli. Questa ambizione, gestita con disarmante ingenuità, probabilmente la mise nei guai.

Quella notte tra il 4 e il 5 agosto 1962

La sera di sabato 4 agosto, verso le 19.30Marilyn Monroe ha parlato al telefono con il suo psicologo, Dr. Greenson e successivamente con l’ex marito Joe Dimaggio. Entrambi riferiscono di averla sentita normale e serena, mentre l’attore Peter Lawford che l’avrebbe chiamata mezz’ora dopo, aveva avuto l’impressione che Marilyn Monroe fosse pesantemente drogata. Quello che è successo da quel momento in avanti rimane tutt’ora sconosciuto. Secondo Richard Buskin e Jay Margolis, autori del libro “Marilyn Monroe: caso chiuso” sarebbe andata così.

Quella sera Bob Kennedy avrebbe raggiunto la villa di Marilyn Monroe, accompagnato dalle proprie guardie del corpo, per farsi consegnare “il piccolo taccuino rosso”. Marilyn era fermamente intenzionata a non cederlo: quel diario per lei rappresentava tutto, era il mezzo per tenere in pugno i Kennedy e sperare nel matrimonio con uno dei due fratelli. Di fronte al rifiuto della diva, questa venne inizialmente immobilizzata e le fu somministrato del pentobarbital, in modo da ridurla in stato non cosciente e poter cercare il diario indisturbati. Gli uomini si sarebbero allontanati dalla casa verso le 22.30.

I file FBI su Marilyn Monroe scomparsi.

L’Associated Press, prima agenzia di stampa internazionale, ha cercato per molto tempo di avere accesso ai rapporti del caso riguardante la morte di Marilyn Monroe, peraltro con scarsi esiti. Gli unici rapporti trovati partono dal 1955 e gli ultimi si fermano a pochi mesi dalla sua morte. Dove siano finiti i più recenti, rimane un mistero irrisolto. La casa di Marilyn, è stato appurato, veniva completamente controllata tramite microspie ambientali e intercettazioni telefoniche. L’evidenza emerse solo nel 1982, quando l’attrice Veronica Hamel rivelò che dopo aver acquistato nel 1972 la  villa appartenuta  a Marilyn Monroe contattò  un’impresa  edile  per effettuare delle ristrutturazioni. L’operaio che effettuò i lavori scoprì numerosi cavi audio nascosti in tutta la casa e anche nel giardino.  L’uomo, che aveva  molta  dimestichezza  con  gli  apparecchi  per  le intercettazioni, si rese conto che  quelle  non  erano  normali  cimici ambientali  ma  speciali  microfoni  spia, di un modello molto sofisticato in grado di garantire una sorveglianza efficacissima in qualsiasi luogo e per qualsiasi arco di tempo, che risalivano agli anni tra i Cinquanta e i Sessanta. Pare si trattasse di un particolare tipo di strumentazione definita “standard dell’FBI”.

La Monroe andò a vivere in quella casa sei mesi prima della sua morte e, stando all’archivio segreto dell’investigatore Fred Otash, il telefono di Marilyn Monroe era sotto controllo anche il 5 agosto del 1962, giorno in cui la diva morì a causa di un’overdose di barbiturici. “Ho sentito la Monroe morire”, scrisse Otash nei suoi appunti, senza tuttavia aggiungere altri dettagli.

Marilyn Monroe era ancora viva quando…

Quando nella notte la governante Eunice Murray entrò nella camera da letto di Marylin Monroe vide l’attrice riversa sul letto in una posizione innaturale, si allarmò e chiamò un’ambulanza. Il racconto del primo infermiere arrivato sul posto, il paramedico James C. Hall,  traccia una dinamica inquietante in questa triste storia. Marilyn Monroe era, fino a quel momento, ancora viva.

“Era nuda. Non aveva addosso un lenzuolo o una coperta. Non c’erano bicchieri d’acqua. Non c’erano alcolici. Abbiamo riscontrato che il suo respiro era corto, il polso molto debole e rapido e non era cosciente. Non c’era traccia di vomito, insolito per una overdose che era ciò che la governante pensava avesse avuto. Non proveniva odore di droga dalla sua bocca. Un altro sintomo classico. Poi è arrivato Greenson dicendo “Sono il suo dottore” e le fece un’iniezione di pentobarbital direttamente nel cuore”.

Quest’ultima iniezione spense per sempre la stella di Marilyn Monroe. Il pentobarbital, conosciuto anche col nome di Nembutal, è un barbiturico letale già a un dosaggio minino. Ancora oggi viene impiegato per il suicidio medico-assistito in Svizzera o nello stato dell’Oregon per eseguire le condanne alla pena di morte tramite iniezione letale.

 

Annamaria Agosti

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