Cinema

Bright: Recensione – Tentar nuoce

Bright, il nuovo film prodotto da Netflix, è arrivato sulla piattaforma streaming dopo una campagna pubblicitaria ricca d’enfasi. Vediamo se, a conti fatti, sia effettivamente una scommessa vinta.

Netflix è famosa per le sue produzioni sempre di ottimo livello, almeno per quanto riguarda le serie tv. Infatti, poche sono le opere cinematografiche ad essersi rivelate sopra la media. Quando fu annunciato Bright, l’incipit molto interessante miscelato ad una comparto tecnico di tutto rispetto avevano fatto sperare per il meglio riguardo a questa nuova esclusiva. Purtroppo, così non è stato, ma andiamo con ordine.

Un insensato spreco

Come già annunciato, l’incipit di Bright è ottimo. In un mondo popolato da umani, orchi ed elfi, i conflitti razziali alimentano la città di Los Angeles. Qui, gli orchi vengono visti come feccia, mentre gli elfi si trovano ai vertici della società. Questo perché 2000 anni prima, gli orchi avevano aiutato il Signore Oscuro a conquistare la Terra, ma, grazie alla magia, umani ed elfi sono riusciti a contrastare le forze del male. Quello a cui si assiste in Bright è essenzialmente una metafora ben costruita della società americana odierna. Vedendo spiccare questo elemento dai vari trailer, si pensava avesse una parte centrale nel racconto. Invece, questa è solo la cornice che cinge il film. Ciò che si trova al centro, non è altro che un racconto fantasy ambientato al giorno d’oggi. I protagonisti del film sono gli agenti Ward (Will Smith) e Jacoby (Joel Edgerton). Il primo, umano e padre di famiglia; il secondo, orco con l’ambizione di diventare poliziotto. Quando questo riesce a guadagnarsi il distintivo, viene preso di mira da tutti: umani, elfi e, soprattutto, orchi. Durante i primi minuti, il problema razziale che affligge gli Stati Uniti è ben focalizzato, con scene anche molto violente ed evocative. Poi, qualcosa va storto.

Il film diventa un fantasy molto blando incentrato sull’azione. La storia perde di colpo tutta la sua attrattiva, diventando una semplice corsa contro il tempo (e gli abitanti di Los Angeles) per salvare dalle grinfie di persone losche una bacchetta magica, fonte di smisurati poteri. Il tema razziale rimane, non fraintendeteci, ma viene messo in secondo piano dalla spettacolarità dell’azione e dal risvolto fiabesco. I personaggi vengono introdotti e lasciati lì a morire (letteralmente). Per non parlare dell’antagonista, scialba e poco sviluppata. Di alcuni non si conoscono neanche i motivi per i quali bramino la bacchetta. Viene solo detto che con essa si può avere tutto ciò che si vuole, cosa molto vaga e troppo superficiale per essere passabile come motivazione. Anche perché la bacchetta non può essere presa in mano da nessuno che non sia un bright, ovvero un essere con poteri speciali che gli impediscono di esplodere a contatto con essa. I buchi di sceneggiatura sono innumerevoli. Viene lanciato tutto in questo calderone in modo confuso, come se non avessero trovato soluzioni per dare sostanza ai vari personaggi e al racconto. La storia, alla fine della visione, risulta nebulosa, quasi astratta. Inoltre, questo modo “adulto” di raccontare contrasta terribilmente con i dialoghi, infantili e privi di significato, senza menzionare la totale prevedibilità dello svolgimento. Smith e Edgerton sono riusciti a destreggiarsi abbastanza bene all’interno di questo copione ciclonico, cosa molto complicata. Insomma, un ottimo incipit che in men che non si dica è diventato cornice, per poi essere abbandonato completamente a se stesso.

Canonico, ma efficace

Il lato tecnico è la parte migliore del film, ma i cineasti difficilmente riuscirebbero a fallire sotto questo campo. La regia è canonica, senza particolari picchi, ma con alcune sorprese. Fotograficamente è molto ispirato. Le luci al neon illuminano al meglio le strade notturne di Los Angeles, afflitte dalla pioggia durante il film. I contrasti creano un buon dinamismo tra le scene e aumentano l’immersione. Ciò che stupisce è, invece, il profilmico (scenografia, trucco e costumi) molto ispirato e scenografico. Il sonoro non è eccelle, ma fa il suo lavoro. La soundtrack, firmata da alcuni dei volti più influenti della musica hip-hop e R’n’B, invece, si sposa bene con il contesto e le scene. Non sono presenti altri picchi in campo tecnico. Tutto fila liscio, senza intoppi o problemi di sorta.

Bright
4 Reviewer
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Pro
Il profilmico ispirato
L'impegno attoriale dei due protagonisti
Regia e fotografia discrete
Contro
Storia banale e mal sceneggiata
Poca enfasi sui personaggi secondari
Antagonista inesistente
Spreco di un incipit estremamente interessante
Conclusioni
Bright è un film che voleva fare molto a livello sociale, ma che si è perso nella sua stessa selva. Lo spreco totale di un incipit estremamente intrigante e la sceneggiatura confusa nonché infantile tendono a smorzare la componente oscura e adulta della pellicola. Il comparto tecnico non aiuta in quanto non spicca in nessun campo, escluso il profilmico ispirato. Una grande idea che si è rapidamente tramutata in un fallimento totale. E dispiace perché poteva essere qualcosa di più. Poteva svestirsi delle banali vesti di film fantasy e elevarsi a livelli mai sperimentati. Un cinema di denuncia camuffato da blockbuster. Peccato che non sia questo il risultato. Tutto ciò che rimarrà di Bright sarà solo l'inamovibile e insopportabile ricordo di un'occasione mancata.
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Mattia Pescitelli

Tenace adoratore del mezzo cinematografico, cerco sempre un punto di vista fotografico in tutto ciò che mi circonda. Videogiochi, serie televisive, pellicole cinematografiche. Nulla sfugge al mio imparziale giudizio.

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Mattia Pescitelli

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