Napoli, anni ’80. Aldo (Luigi Lo Cascio/Silvio Orlando) e Vanda (Alba Rohrwacher/Laura Morante) sono una coppia apparentemente come tutti gli altri. Una casa, due figli – Anna (Giulia De Luca/Giovanna Mezzogiorno) e Sandro (Giovannino Esposito/Adriano Giannini) – a cui badare. Di ritorno dalla consueta festa di Carnevale però, Aldo, in un momento di sconforto, confessa alla moglie di averla tradita. In viaggio per lavoro tra Roma e Napoli infatti, l’uomo ha trovato rifugio nella figura di Lidia (Linda Caridi), che appare subito come una presenza calma e gentile, capace di far dimenticare ad Aldo il senso di claustrofobia costante, provato stando insieme alla moglie.
Vanda però non ha intenzione di cedere e con strenua forza cerca finché può di tenere con sé il marito che tuttavia, è ormai lontano. Intanto, Anna e Sandro crescono, covando rancori e ingoiando dispiaceri, che si dissiperanno in un climax finale.
Quando Aldo decide di tornare sui suoi passi, e di riannodare i lacci del passato, la crisi che lui e Vanda hanno passato in realtà mostra una ferita ancora aperta, destinata mai a risanarsi. Le crepe del loro rapporto sono soltanto rattoppate a fatica, e li portano a vivere una relazione apatica e disillusa. Guardandoli, lo spettatore ha la sensazione costante che la disfatta sia imminente, la stessa sensazione che di fatto provano i loro figli, vigili osservatori dagli angoli remoti della loro casa.
Alba Rohrwacher e Luigi Lo Cascio, Lacci
La narrazione
Lacci racconta una storia semplice, quella di due coniugi e di due genitori sopraffatti dalle troppe incomprensioni di una vita insieme. Se da un lato Vanda, preda delle sue ossessioni, impone le sue regole, dall’altra parte Aldo le scansa, in un gioco che lo rende estraneo, non solo a se stesso, ma anche nei confronti dei suoi figli, di cui sembra non gli importi.La coppia dà così vita ad un caos che innesca un conflitto continuo, che ciascuno cerca di risolvere a modo suo.
Anche il titolo, che si rifà ad una scena in particolare del film, apparentemente tenera, e che dovrebbe simboleggiare il ricongiungimento, allude invece ai legami dei protagonisti, da loro percepiti come una prigione nelle abitudini e nei continui urti familiari. Proprio come nel ballo del Letkiss,in cui l’uomo e la donna si avvicinano in cerca di un bacio e poi si allontanano, così anche Aldo e Vanda sembra siano stati costretti da un incantesimo a ballare questa danza all’infinito. Non a caso, la canzone è anche la colonna sonora centrale di tutta la pellicola.
A Daniele Luchetti va il merito di aver saputo mettere in scena in chiave originale una narrazione che avrebbe potuto concretizzarsi in maniera banale. Invece i personaggi sono ben gestiti e la storia scorre fluida, dando spazio ai pensieri sia di Aldo che di Vanda, ma anche a quelli di Anna e Sandro, che se anche meno presenti, sono parte fondamentale di questa cronaca familiare.
I sentimenti, frenetici, trovano la loro esplosione nel finale, quando la tensione tra i due coniugi finalmente esonda, riscoprendo fantasmi del passato mai scomparsi bensì solo assopiti. Uno sfogo che è il risultato del lento deterioramento dei sentimenti. Eternamente indecisi, Aldo e Vanda stanno, senza rendersene conto, intrappolando i due figli in un passato che eternamente si ripete.
Daniele Luchetti, Lacci
L’effetto della crisi genitoriale sui figli
Anna e Sandro, diventati adulti, mostrano i segni che il rapporto dei genitori ha lasciato su di loro. Ciascuno ha vissuto il dramma in maniera diversa, ma in cambio questo gli ha riservato una uguale quantità di tristezza. I due prendono coscienza di essere stati privati del paradiso che dovrebbe essere l’infanzia, fatto solo di giochi e spensieratezza. Tutte cose che a loro non sono mai toccate.
Sarà proprio il mettere disordine nella bella casa dei genitori, a rappresentare il modo migliore per fare ordine nelle rispettive esistenze. Distruggendo con furia primitiva tutta l’inutilità di cui Aldo e Vanda si sono sempre circondati, si scoprono vasi di Pandora (qui cubi magici) che, ancora una volta, alimentano i fuochi del passato.
Unico superstite il gatto, Labes, presagio – inconsapevolmente – nefasto del focolare.
Lacci
Il fallimento del familismo
Lacci incarna perfettamente il fallimento dell’ideologia del familismo, reso manifesto in questo tipo rapporto di coppia a cavallo dagli anni ‘80. Reduci dalla rivoluzione del ‘68, che aveva scardinato i costumi e tutti quei valori della famiglia tradizionale, i due, con timore, hanno provato a liberarsi dalle coercizioni. Coercizioni in cui sono però ricaduti per via di un profondo senso di colpa.
Il lavoro di Luchetti è magistrale, totalmente privo di favoritismi, ma che anzi, guarda sempre con occhio critico ai pregi e ai difetti dei protagonisti senza mai schierarsi. Si fa invece testimone di quanto l’infanzia possa pesare sul nostro futuro e quanto sia fondamentale tutelare i nostri figli.
Lacci
8.5Reviewer
0Users(0 voti)
Pro
Intreccio narrativo coinvolgente, toccante, ottima interpretazione degli attori.
Conclusioni
Lacci è il dramma familiare raccontato da Daniele Luchetti che mostra il crollo dell'ideologia del familismo, in cui le vittime sono ancora una volta i figli, spettatori inermi del controverso rapporto dei due genitori.