Per rimanere in tema natalizio, ecco la recensione di “Dickens: l’uomo che inventò il Natale”, nuovo adattamento molto originale del “Canto di Natale”.
Il Natale è alle porte e ad introdurci ad una delle festività più amate dell’anno troviamo l’ennesimo adattamento del “Canto di Natale”. Questa volta, però, ci troviamo di fronte ad un modo di raccontare completamente diverso da quanto visto in precedenza.
Originalità inaspettata
Dal titolo ci si potrebbe aspettare una biografia della vita del leggendario Charles Dickens, ma questi, a volte, ingannano. Infatti, viene raccontata solo una piccola parte di essa, ovvero i sei mesi che ha impiegato per scrivere “Canto di Natale”, il suo libro di maggior successo. Il film, tuttavia, non risulta una noiosa rassegna di eventi accaduti al protagonista, ma una sorta di fiaba che vuole andare a scavare nella mente di Dickens durante la stesura del suo romanzo. Ciò che stupisce di più, però, è il fatto che, prima di essere una biografia, è un adattamento del romanzo. Charles cercherà per tutto il corso del film l’ispirazione per portare a termine la sua opera. Per entrare nella mente del brillante scrittore, gli autori hanno proiettato le idee al di fuori di essa, utilizzando attori in carne e ossa. Solo noi e Dickens, quindi, siamo in grado di vederli sulla scena. Uno stratagemma sfruttato un’infinità di volte nel corso della storia del cinema, ma sempre di grande effetto. Inutile dire che questo creerà molte situazioni esilaranti, con i personaggi che parlano a Dickens e le sue idee che rispondono loro, senza avere in cambio alcun riscontro perché, appunto, nella testa dello scrittore. La storia dell’autore e il racconto che sta scrivendo, nel corso della vicenda, si fondono, diventando entrambi fondamentali per la pellicola. Cosa che rende decisamente più appetibile la visione del film è il ritmo deciso e costante che non fa mai annoiare. Decisamente una delle migliori trasposizioni storiche degli ultimi anni.
A teatro
Dal punto di vista tecnico il film soddisfa, ma non stupisce. La regia è molto canonica, quasi da thriller, con inquadrature a camera a mano che rendono la scena molto più enfatica di quanto non sia. Interessante vedere, invece, l’altro lato della medaglia, ovvero la messinscena, molto teatrale e studiata. Il film sembra essere girato completamente all’interno di set cinematografici, con luci artificiali posizionate abilmente. Il contrasto tra colori è molto marcato. Troviamo i gialli intensi delle luci a gas giustapposti alle fredde tonalità dell’atmosfera londinese. Non sono solo la fotografia e la scenografia a ricordare un’opera teatrale, ma anche la recitazione. I movimenti ampi e le espressioni facciali volutamente enfatizzate rendono ancora più evidente la contrapposizione con la regia che predilige primi piani e piani medi, totalmente assenti nel mondo del teatro. Dan Stevens nei panni di Dickens stupisce quando deve rappresentare la follia dell’uomo, ma non convince nel trasporre l’emotività, come nella totalità dei ruoli precedentemente interpretati. Al contrario, Christopher Plummer, con il suo Ebenezer Scrooge, sorprende e diverte. La colonna sonora, infine, non rimane impressa, ma si sposa molto bene con la pellicola. Un comparto tecnico tutto sommato interessante, ma che non riesce a raggiungere il livello dell’ottima componente narrativa.
Dickens: l'uomo che inventò il Natale
Conclusioni
"Dickens: l'uomo che inventò il Natale" è sicuramente una delle migliori trasposizioni del racconto uscite ad oggi, nonché uno dei migliori film biografici degli ultimi anni. Ciò che lo rende differente è il ritmo incessante e gli escamotage narrativi utilizzati. Anche dal punto di vista tecnico è ottimo, se non fosse per la regia troppo alienante rispetto a ciò che viene mostrato. Il risultato è un film divertente e ben orchestrato che analizza la mente intricata di uno scrittore bloccato dal suo stesso successo.
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