Cinema

I documentari da recuperare sul catalogo Netflix per il 2022

Che cos’hanno in comune lo scultore e artista polacco Stanislaw Szukalski, la scrittrice newyorkese Fran Lebowitz, il cantautore premio Nobel Bob Dylan e il regista Orson Welles? Apparentemente poco o niente, eppure così come il produttore musicale Clive Davis e il musicista Quincy Jones, sono tutti protagonisti di interessanti documentari, presenti sul catalogo multimediale di Netflix. La nota piattaforma di streaming video al pari di competitor come Prime Video di Amazon e Disney Plus, ha lanciato durante gli ultimi anni una serie di documentari che hanno avuto un certo successo e che rappresentano una scelta alternativa per chi desidera saperne di più su argomenti tanto disparati, quanto intriganti e ben realizzati.

Dal genere biografico ai documentari sull’arte contemporanea

Non mancano infatti le numerose biografie dedicate ai miti della musica del Novecento, come la pianista e cantante Nina Simone, il trombettista jazz Miles Davis, che con le sue intuizioni ha influenzato e modificato gli schemi della musica moderna operando una fusione tra jazz e rock che ancora oggi è al centro di infiniti dibattiti e analisi. Abbiamo qui effettuato una selezione in base a diversi temi, argomenti e protagonisti, scegliendo il meglio che il catalogo Netflix ha da offrire, spesso con prodotti quali documentari, docu serie e docu film da non perdere.

1) Struggle – La vita e l’arte perduta di Szukalski

Distribuito da Netflix a fine 2018, questo documentario prodotto da Leonardo Di Caprio sull’artista polacco è un’opera estremamente complessa, originale e meritevole di essere vista. Il film è stato diretto da Irek Dobrowolski ed è una ricognizione sulla vita e sull’arte perduta di questo scultore e artista polacco, la cui vita meritava davvero di essere filmata e documentata. Personaggio poco conosciuto in Italia e in Europa, tranne in ambienti accademici e di studiosi, facciamo la scoperta di questo Stanislaw Szukalski, artista dalla vita travagliata e del complesso lavoro in campo artistico. Lo scultore ha creato il proprio linguaggio ed è stato un autodidatta, che durante la propria attività perse tutto a causa di un bombardamento nazista in territorio polacco. Il documentario, che parte dagli Stati Uniti per ripercorrere a ritrovo la vicenda artistica e umana dello scultore si concentra anche sul suo nazionalismo e sulle tendenze antisemite in vista della seconda guerra mondiale e sul suo successivo pentimento durante la seconda metà della sua vita. Merita di essere visto e approfondito.

2) Pretend It’s a City – Fran Lebowitz

Tutti noi abbiamo imparato a conoscere lo stile cinematografico del regista newyorkese di origini italiane Martin Scorsese. Scorsese nel corso della sua carriera ha diviso la propria attività di regista cinematografico tra film e documentari. Fin dai primi anni Settanta ha infatti dedicato una parte del proprio lavoro all’attività documentaristica. Tra i suoi documentari ce ne sono alcuni che hanno avuto un grande successo, in termini commerciali, specialmente quando l’argomento è stato quello musicale, con prodotti dedicati a star come The Rolling Stones, Bob Dylan, The Blues o la celebrazione di numerosi artisti nel film concerto The Last Waltz, distribuito alla fine degli anni Settanta. Questa volta però Scorsese si concentra su una figura insolita come quella della “non-scrittrice” e umorista newyorkese Fran Lebowitz. Realizzando la docuserie Pretend It’s a City, che è stata rilasciata all’inizio del 2021, riscuotendo un certo successo sulla piattaforma di streaming video. Autrice di numerose opere come ad esempio “La vita è qualcosa da fare quando non si riesce a dormire”, la Lebowitz si racconta in questi 7 episodi che durano tra i 26 e i 31 minuti e che spiazzano per brillantezza, acume e autoironia, tipicamente newyorkese. Personaggio di spicco della città e degli umori che durante gli anni Settanta Scorsese era riuscito a descrivere e a fotografare, trattando per ogni episodio un argomento differente, il film affronta argomenti come quello dell’ispirazione artistica e culturale, il problema dei trasporti pubblici in una metropoli complessa come NYC, passando per sport e salute, servizi bibliotecari e altri interessanti punti di vista dove emerge il suo punto di vista tanto cinico quanto spassoso e divertente.

Il personaggio Fran Lebowitz in correlazione a Scorsese

Un personaggio che per certi versi ci ricorda il Woody Allen intellettuale dei primi anni Ottanta, ma con una vis polemica se possibile ancora più spiccata. Si tratta di una docuserie brillante, agile e spigliata. Assolutamente da non perdere. Lo stile del cineasta newyorkese si dimostra ancora una volta duttile, grazie alla sua capacità di passare da un argomento apparentemente diverso a un altro. Del resto è uno dei pochi registi contemporanei che hanno saputo dare dignità e credibilità al contesto del casinò, si pensi alle sequenze dedicate nel film con De Niro e Sharon Stone alla roulette che fungerà da esempio per il contesto del gioco digitale, fino ad arrivare alla trattazione di temi spirituali come nelle pellicole Silence, Kundun e L’ultima tentazione di Cristo.

3) High Score

In questa docu-serie, creata da France Costrel e distribuita sulla piattaforma di Netflix dall’estate 2020, si narra la nascita e la successiva evoluzione dei videogames durante quella che viene considerata l’epoca d’oro per gli arcade games. Interessante prodotto che rende giustizia ai creatori, agli sviluppatori e al contempo si concentra anche sui giocatori che hanno reso tanto famosi alcuni titoli a cavallo tra la seconda metà degli anni 70 e l’inizio degli anni 90, quando ancora il settore videoludico non aveva ottenuto il successo mediatico e commerciale che tutti noi oggi conosciamo. Un modo per scoprire e conoscere meglio i protagonisti di questa irripetibile stagione per il mondo dei videogiochi.

Simone Fortunato

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