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I cinquant’anni del Sessantotto: guida ai 10 film che hanno segnato un’epoca

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Horror low budget, cowboy ribelli, parabole sci-fi e cartoni animati lisergici: mezzo secolo dopo la Summer of Love, GoGo Magazine rispolvera i dieci film che hanno segnato la stagione cinematografica del Sessantotto.

“Nel ’68, la cinefilia era divisa in due. Erano anni in cui la prima cosa che bisognava definire era la propria collocazione ideologica. Stai con gli studenti o con John Ford? Con Howard Hawks o col Sessantotto? O con Don Milani? Le contrapposizioni ideologiche erano nette.” Le parole del critico cinematografico Tatti Sanguineti sintetizzano alla perfezione la vivacità e le contraddizioni che hanno colpito il cinema nel pieno della rivoluzione culturale del Sessantotto, movimento socio-culturale esploso con il Maggio francese e poi espanso nelle comunità giovanili di tutto il mondo. L’utopia della controcultura e le lotte per la rivoluzione politica e sociale dureranno solo tre anni, ma il loro impatto sulla modernità rimane ad oggi intatto ed è il cinema, al pari della musica e della letteratura,  a mantenere intatta la loro eredità. Alla vigilia del cinquantennale di questa storica rivoluzione vi proponiamo un’ideale top 10 dei film usciti in sala nel Sessantotto: tra film di genere, opere prime e testimonianze in presa diretta, questa lista offre una selezione delle pellicole che sono riuscite maggiormente a catturare lo zeitgeist della loro epoca e sono entrate di diritto tra le pietre miliari della settima arte.

 

10) Bullitt di Peter Yates

Steve McQueen e la sua mitica Ford Mustang in "Bullitt" (1968)

Tre anni prima della rivoluzione di genere attuata da Clint Eastwood e Don Siegel con l’ispettore Callaghan, Steve McQueen cementava il suo status di icona culturale con un personaggio costruito su misura per lui e in linea con lo spirito ribelle del Sessantotto: uno sbirro laconico, anticonformista e mostruosamente carismatico, il primo esempio di tutore della legge borderline che di lì a poco sarebbe stato il modello dominante per tutto il cinema poliziesco americano. Elegante ed essenziale, nonostante l’intricato sviluppo della trama, il film si prende tutto il tempo necessario per presentare al pubblico il tenente della squadra omicidi di San Francisco Frank Bullitt in tutta la sua coolness ma nella seconda parte, quando la lotta tra il poliziotto e la mafia entra nel vivo, lascia spazio a un’azione forsennata che mette in risalto l’innato dinamismo dell’attore. L’inseguimento per le strade di San Francisco tra i killer della mala e la Ford Mustang GT390 di Bullitt – sequenza che valse al film l’Oscar per il miglior montaggio – rimane una vetta ineguagliata nella storia del cinema d’azione.

 

 

9) Bersagli di Peter Bogdanovich

Boris Karloff nel mirino in "Bersagli" (1968)

Un giovane reduce del Vietnam appassionato di armi da fuoco uccide la moglie e la madre, esce in strada per sparare ai passanti e si rifugia in un drive-in per sfuggire alla polizia; soltanto l’intervento di Byron Orlok, decaduta icona del cinema horror, riuscirà a fermare la sua follia omicida. L’esordio alla regia di Peter Bogdanovich avviene sotto l’egida del leggendario produttore Roger Corman e racchiude in sé i punti cardine del cinema della New Hollywood: l’appassionata cinefilia dei suoi autori e il disincanto verso i cambiamenti della società americana sul finire degli anni Sessanta. In questo inquietante thriller low budget il regista pone l’accento su tematiche sociali che dal Sessantotto in poi sono rimaste tremendamente attuali, come l’ossessione feticista degli americani verso le armi e la loro innata propensione alla violenza, mettendo a confronto gli orrori della modernità con i ben più rassicuranti mostri del grande schermo. Il vero colpo di genio di Bogdanovich, tuttavia, rimane la scelta dell’icona degli horror anni Trenta Boris Karloff per la parte di Orlok, ruolo semi-autobiografico con cui l’attore inglese dichiara ufficialmente la fine di un’epoca cinematografica e si congeda dal pubblico che ha terrorizzato per più di trent’anni.

 

 

8) Yellow Submarine di George Dunning

I quattro Beatles navigano tra oceani e pianeti immaginari in "Yellow Submarine" (1968)

Nel Sessantotto i Beatles, all’apice della fama e nel pieno della loro fase psichedelica, cavalcano l’onda della nuova rivoluzione culturale cercando rifugio e ispirazione presso il santone indiano Maharishi Mahesh Yogi. Solo due anni dopo la band si scioglierà, mettendo idealmente fine all’utopia sessantottina, ma l’impronta dei quattro di Liverpool su quell’epoca storica rimane impressa, oltre che nella loro musica, in questo psichedelico film d’animazione diventato manifesto del Flower Power e della cultura lisergica. Il viaggio allucinato di John, Paul, George e Ringo per liberare Pepelandia dall’oppressione dei Biechi Blu è un inno al potere unificante della musica e alla pace universale tra gli uomini che si esprimono non solo attraverso le canzoni della band – la ricca soundtrack presenta i loro pezzi più famosi da Eleanor Rigby a Lucy in the sky with diamonds – ma anche e soprattutto con i vivacissimi disegni del film che mescolano colori e stili pittorici per creare una fantasmagoria visiva di rara bellezza.

 

 

7) Butch Cassidy di George Roy Hill

Paul Newman e Robert Redford, cowboy anticonformisti in "Butch Cassidy" (1968)

In coppia con Il mucchio selvaggio di Sam Peckinpah, il film che nel Sessantotto ha dato inizio alla rilettura in chiave critica ed elegiaca del western, il genere americano per antonomasia. Rielaborando le vere vicende dei banditi Butch Cassidy e Sundance Kid, il regista prende due divi in stato di grazia come Paul Newman e Robert Redford, gli affianca la giovane Katharine Ross che solo l’anno prima era apparsa ne “Il laureato” di Mike Nichols – altra opera cardine del cinema degli anni Sessanta – e gli cuce addosso dei personaggi goliardici e anacronistici, dai tratti tipicamente sessantottini. I due pistoleri compiono ardite rapine e oltraggi all’autorità spinti da un incontenibile voglia di ribellione verso l’ordine costituito, un’anarchia che si esprime anche nel vitale ménage à trois fra i protagonisti e la giovane maestrina Etta. La sparatoria finale tra i due banditi e l’esercito boliviano, dolente metafora sulla fine del Sogno, rimane ancora oggi una sequenza da antologia.

 

 

6) Monterey Pop di D.A. Pennebaker

Jimi Hendrix brucia la sua chitarra sul palco in "Monterey Pop" (1968)

Quando si parla di musica e di Sessantotto si è portati a pensare automaticamente a Woodstock, ma la stagione musicale dell’epoca era già stata aperta due anni prima dal Monterey Pop Music Festival, una kermesse di tre giorni in cui si sono esibiti tutti i mostri sacri della Summer of Love. Il cineasta D.A. Pennebaker, assieme ai suoi operatori posizionati sul palco e in mezzo al pubblico, ha raccolto quasi dieci ore di riprese condensate in 80 minuti di documentario che ancora oggi restituiscono la potenza di un periodo storico irripetibile e il valore culturale di un evento musicale che sarebbe stato largamente imitato negli anni successivi. Ancora oggi il film rappresenta lo standard da seguire per ogni rockumentary che si rispetti e, oltre all’iconica immagine di Jimi Hendrix che dà fuoco alla chitarra sul palco, regala memorabili performance di artisti come Janis Joplin, Jefferson Airplane, The Who, The Animals e Otis Redding.

 

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