A ottant’anni dal grande classico di Alfred Hitchcock, Netflix e Alfred Hitchcock riportano sullo schermo la storia di Rebecca senza però sostenere pienamente le loro intenzioni.
Nel mese di ottobre, Netflix ha proposto ai suoi abbonati un catalogo ricchissimo di contenuti originali, con titoli di serie tv e film attesissimi. Insieme a The Haunting of Bly Manor e a Il processo ai Chicago 7, ha fatto il suo debutto sulla piattaforma anche Rebecca. Il film del regista britannico Ben Wheatley è solo il più recente adattamento del celebre romanzo gotico del 1938 di Daphne Du Maurier. Tra le illustri trasposizioni del passato, è impossibile quindi non citare quella del 1940 premiata con un Oscar per il miglior film. Alla regia di quel titolo indimenticato sedeva Alfred Hitchcock, ricordato quasi all’unanimità come uno dei migliori cineasti di tutti i tempi. L’impresa cinematografica di Wheatley, quindi, è stata segnata da importanti responsabilità, inevitabili quando un progetto si confronta con importanti precedenti. Wheatley e il cast da lui scelto, tuttavia, sono riusciti a vincere la sfida?
Foto: Netflix
Nel film, uscito lo scorso 21 ottobre, Lily James interpreta una giovane dama di compagnia che nel corso del suo soggiorno a Montecarlo incontra l’affascinante Maxim De Winter (Armie Hammer), rimasto vedovo dopo la tragica perdita della moglie Rebecca. La scintilla tra i due accenderà un amore travolgente che culminerà in un matrimonio improvviso. L’arrivo nella lussuosa dimora di Manderley nei panni della nuova Mrs. De Winter, tuttavia, darà inizio a una serie di inquietanti avvenimenti, spesso, dalle ragioni inspiegabili.
Un film che soffre i confronti con il passato
L’immaginario cinematografico è popolato da ruoli insostituibili. Tra questi, senza dubbio, ci sono Laurence Olivier e Joan Fontaine nei panni dei protagonisti di Rebecca nel 1940. È così impossibile immaginare altri interpreti, altri volti per questi personaggi al punto da pensare che un nuovo adattamento debba essere in grado di stravolgere completamente il materiale di partenza, proponendo una storia nota da un punto di vista inedito e per questo necessario. Il lungometraggio di Ben Wheatley, purtroppo, non sceglie questa strada, affidandosi a una trasposizione dal sapore classico, senza guizzi né intuizioni in grado di fare la differenza. Una sceneggiatura piatta e scialba non sorregge nemmeno due protagonisti incapaci di risultare davvero convincenti in scena. La situazione di Maxim de Winter, in particolare, viene ulteriormente aggravata da un’interpretazione mediocre di Hammer che appare gravemente fuori parte.
Foto: Netflix
Lily James, al contrario, regala una prova abbastanza convincente che, tuttavia, non riesce però a reggere l’intera narrazione che risulta anche appesantita dalle sue sfumature melò, forse le uniche significative differenze con il film di Hitchcock. L’intesa tra i due protagonisti, tuttavia, non trova mai forma in nessun atto di Rebecca, specialmente nella seconda parte in cui il lato più tenebroso di Maxim dovrebbe – in teoria, ma mai in pratica – riaffiorare.
Un atmosfera vuota che rende dimenticabile anche Rebecca
Nei suoi continui tentativi di salvare l’insalvabile affidandosi esclusivamente a un reparto tecnico di buon livello, Rebecca risulta addirittura involontariamente ridicolo. Nemmeno la valida performance di Kristin Scott Thomas nei panni dell’austera e ambigua Mrs Danvers riesce a regalare momenti davvero memorabili in un film che arriva addirittura a snaturare lo spirito originale della storia. In nessun fotogramma di questa nuova rilettura, infatti, si riesce a percepire quel soffocante senso di gelosia, rimorsi e dubbi che dovrebbe animare le interazioni di personaggi. La stessa Rebecca, la cui assenza in scena rappresenta il cardine dell’intera narrazione, sembra essere volutamente dimenticata dalla sceneggiatura, mai davvero approfondita.
Foto: Netflix
In conclusione, il film Netflix, privato del tormento del passato e del senso di colpa, si rivela una produzione tutt’altro che necessaria e incisiva, dimenticabile sin dallo scorrere dei titoli di coda. Il risultato è quindi un progetto ambiziosissimo incapace di prendere il volo sostenendo le sue mire, inesorabilmente ridimensionate da un’esecuzione inferiore alla media.