Cinema

The Greatest Showman – recensione: le difficoltà di un musical

Dopo diversi anni di fermo, sembra che il genere musical voglia riprendersi la sua fetta di mercato. Indubbiamente il 2017 è stato un anno di rinascita del genere, esploso con risonanza mondiale grazie a La La Land, film apprezzato da pubblico e critica.

Hollywood ha voluto chiudere in bellezza l’anno con un altro musical, più tradizionale. Come spesso accade nell’immaginario di Broadway, tutto ha inizio da un sogno. Un desiderio costante e vivido, capace di cambiare ogni carta in tavola. Il viaggio tortuoso del figlio di un artigiano che aspira alla grandezza, che ricerca questo stato indagando su cosa vuole vedere il mondo, anche se è troppo imbrigliato per accettare di volerlo. Le premesse su cui il film è basato sono ottime. Il genere esplosivo del musical di presta egregiamente alla narrazione. Ma inversamente da come l’esuberanza viene premiata nella storia, il risultato finale della pellicola è frivolo.

Hugh Jackman decide di affidare la regia all’esordiente Michael Gracey, un pubblicitario, che lascia libero spazio al famoso X-Man per ricamarsi addosso il personaggio dell'”inventore” dello show business. Ciò che fin da subito si può notare, è la volontà frenetica di Jackman di voler gridare al mondo intero che il suo cuore sta in quel di Broadway e tra coloro che di musical ne masticano in grandi quantità e gusti diversi. Quello che si vede è l’effettiva capacità di Jackman nel cimentarsi in qualcosa che non concerne combattimenti tra mutanti. Nonostante l’oggettività del suo talento però, il film sembra essere una lunghissima pubblicità ben confezionata e buttata sul mercato.

Probabilmente non si è più abituati a questo genere, o forse le aspettative del pubblico sono andate diminuendo nel corso degli anni, tutto questo accieca il pubblico che non vede che nella fattispecie, il “grande show innovativo” che il film tanto millanta, non è poi così nuovo. Unire un gruppo di persone diverse ed emarginate, per farne nascere qualcosa di nuovo e potente (potrebbe essere la log line di X-Men). Senza alcun dubbio questo tema è di enorme impatto e viene farcito dall’ormai inflazionata idea che tutto è possibile se viene fatto insieme. Ma la pretesa della pellicola non era quella di essere dei pionieri del musical moderno. L’incognita sta proprio nell’obiettivo. La narrazione è filologica ma spezzata, così come la regia che è stata studiata per esaltare i momenti musicali rendendoli pastellosi, saturi e simmetrici. La variante che poteva salvare l’opera è la musica.

L’idea che Chazelle ha avuto con La La Land, prevedeva l’uso di un vecchio genere musicale in una situazione scomoda e intollerante. Già questo presupposto dava spazio a un’infinità di scenari. The Greatest Showman fa l’opposto: decide appioppare musica moderna a un’epoca e a un luogo tutto fuorché moderno. L’idea è allineata con la tematica del film: mettere qualcosa di nuovo all’interno di un mondo vecchio. Tuttavia l’utilizzo spropositato delle canzoni e dei balletti, con il mero scopo di rattoppare le mille situazioni che avvengono nella storia, crea stonatura e anacronismo. La narrazione zoppica per quasi tutta la durata del film; ogni qualvolta sta per accadere un fatto, ecco che inizia una nuova canzone.

I personaggi vengono pompati d’importanza e riempiti di aspettative, per poi essere lasciati a loro stessi per concentrarsi sulla bella e talentuosa cantante, la quale ha il solo scopo di comparire, cantare una canzone e sparire senza lasciare nulla alla storia. Il personaggio interpretato da Zac Efron non ha influenza né importanza nel film, se non che la creazione di una storyline d’amore parallela al topic principale.

The Greatest Showman nasce come un progetto che intende far riemergere la classicità del musical, condendo il film con citazioni ai grandi colossi del genere. Con grande rammarico però, si è ingarbugliato nella sua stessa rete, costruendo un circolo vizioso di eventi inconcludenti che si trascinano disordinati tra una canzone e l’altra.

The Greatest Showman
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Conclusioni
The Greatest Showman nasce come un progetto che intende far riemergere la classicità del musical, condendo il film con citazioni ai grandi colossi del genere. Con grande rammarico però, si è ingarbugliato nella sua stessa rete, costruendo un circolo vizioso di eventi inconcludenti che si trascinano disordinati tra una canzone e l’altra.
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Simone Radaelli

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