Musica Italiana

Ultimo, Colpa delle Favole: la RECENSIONE traccia per traccia

Ultimo non cambia i suoni classici della sua musica nel nuovo album Colpa delle Favole, ecco l’analisi e il voto dell’ultimo lavoro del cantautore romano

Dopo il secondo posto pieno di polemiche ottenuto a Sanremo due mesi fa, il cantautore romano Ultimo è tornato nelle radio con Colpa delle Favole: terzo album in studio che chiude la trilogia iniziata nel 2017 con Pianeti e proseguita l’anno scorso con il doppio disco di platino Peter Pan.

Secondo lo stesso Ultimo, Colpa delle Favole è la chiusura di un percorso:

L’album è nato per l’esigenza di chiudere una trilogia con Pianeti e Peter Pan: il primo raccontava le cose che non avevo e volevo conquistare, nel secondo le ambizioni si concretizzano. Qui affido la colpa alle favole per non darla a me

Un album che vuole essere malinconico e nostalgico, ma allo stesso tempo coraggioso e ambizioso, che ha l’onore e l’onere di raccogliere i grandi risultati ottenuti con gli ultimi due lavori e di superarli, cercando di soddisfare le aspettative di un pubblico che negli ultimi anni si è rivelato sempre più vasto.

Colpa delle favole (3:04). La traccia introduttiva che dà il titolo all’album ricalca il suono tipico di Ultimo, proprio come ci aveva lasciato con Peter Pan. La titletrack riprende esattamente la citazione sopra riportata; il cantautore sembra scusarsi per tutti i suoi difetti, anche superficiali, dando la colpa alle favole: “È colpa delle favole se la mia vita adesso è questa, se non riesco ad essere grande, se sorrido senza un senso“. Il brano è piacevole, ricorre intelligentemente alla figura retorica dell’anafora, a cui fa spesso riferimento il cantante, donando note di semplicità e spensieratezza all’ascoltatore per i primi tre minuti.

I tuoi particolari (3:39). I tuoi particolari è stata la traccia scelta da Ultimo per il festival di Sanremo, già disco di platino e hit invernale, il pezzo racconta l’importanza delle piccole cose, in un immaginario in cui Niccolò (il cantautore) ricorda i bei momenti trascorsi durante una relazione ormai finita. Il brano è composto da un testo molto semplice, che funziona proprio perché evita i giri di parole e arriva dritto al punto, il ritornello cresce durante tutti e quattro i minuti fino ad arrivare ad un’energica e coinvolgente esplosione nel finale.

Quando fuori piove (3:41). Quando fuori piove inizia e prosegue per quasi due minuti con il connubio preferito dall’artista romano: pianoforte e voce. Le insicurezze sono il punto focale del terzo brano dell’album, in cui Ultimo scrive “Non mi sento all’altezza di stare con te” e “Vorrei parlarti come prima, con la stessa intensità“, rimuginando su un rapporto complesso e su tutto ciò che avrebbe potuto fare meglio. Il pezzo coinvolge maggiormente quando suona più intimo, ma non risulta sovrastante quando il resto degli strumenti si uniscono per espandere la melodia, nonostante sembri, a tratti, perdere di profondità.

Ipocondria (3:01). Ipocondria accenna un cambio di passo rispetto ai precedenti brani, con un suono molto più leggero e coinvolgente, ma non rinuncia a trattare temi importanti. La canzone continua a suonare come un inno agli errori commessi dall’artista, che confessa “Si lo so lo dici spesso, mi ha cambiato sto successo, è che quelli come me buttano l’oro dentro al cesso“, portando la sua presa di coscienza fino ad una completa accettazione: “Ho capito che il mondo lo vivo così, con la faccia distrutta quando è lunedì, e ho capito che in fondo va bene così”. Il testo, nascosto dietro un ritornello che crea facilmente dipendenza, guida bene la transizione tra due pezzi più esplicitamente profondi.

Fateme cantà (4:11). Fateme cantà è stata la seconda traccia estratta dall’album e rilasciata insieme ad uno splendido videoclip il 23 Febbraio 2019. Il pezzo, cantato con stralci di dialetto romanesco, racconta il difficile periodo del cantante, stanco e innervosito da tutto quello che il suo successo sembra avergli portato via. “Fateme cantà” – urla Ultimo – “che non c’ho voglia de sta con sta gente, che me parla ma non dice niente“; un grido rabbioso che si trasforma sempre di più in una richiesta d’aiuto, in cui trovano spazio anche delle scuse verso i propri amici: “Fateme cantà pe l’amici che ho lasciato ar parcheggio, io che quasi me ce sento in colpa de ave’ avuto sto sporco successo“. La traccia è godibile, permeata da un utilizzo anaforico mai fastidioso delle parole che danno il titolo al pezzo, e capace di lanciare un chiaro messaggio all’ascoltatore e a chi in questi mesi si è divertito ad alimentare le polemiche: per favore, lasciatemi cantare.

Rondini al guinzaglio (4:01). Una pausa, è questo che Ultimo chiede durante il sesto pezzo dell’album: “Portami dov’è leggero il mio bagaglio, dove mi ami anche se sbaglio, dove vola e si ribella ogni rondine al guinzaglio“. Il sesto assestamento di Colpa delle Favole è forse quello dove è più facile ritrovarsi per l’ascoltatore medio, in quanto tratta un tema comune ed efficace, che fa appello ad un bisogno d’aria e alla richiesta di una pausa dal caos quotidiano.

Amati sempre (4:04). La traccia numero sette è forse la più complessa e nostalgica dell’album. Amati sempre è gradevole all’ascolto e racconta di un importante storia d’amore, in un contesto in cui il cantante sente il bisogno di una persona che non c’è più: “Non guardarmi con quegli occhi, sempre vivi nei miei testi che mi lanciano i ricordi, ancora adesso mi fa male“. Nella parte centrale dell’album, il tema ricorrente dell’amore comincia a far accusare i primi sintomi di ripetitività, seppur venga sempre raccontato con differenti punti di vista.

Quella casa che avevamo in mente (3:24). Le love story sono il marchio di fabbrica della musica dell’artista, e la traccia numero otto parla nuovamente di questo, di una storia d’amore finita. Un altro brano dove molti ascoltatori ritroveranno punti comuni col proprio vissuto, Quella casa che avevamo in mente gioca sulla volontà di riavere una persona come quando la si è incontrata la prima volta, e lo fa con un ritornello chiaro e diretto: “E ti vorrei, ti vorrei, ti vorrei, ti vorrei. Ma ti prego com’eri prima..“. Una delle tracce forse più dimenticabili dell’album, che pecca di poca originalità anche nei confronti di altri brani scritti dall’artista negli anni precedenti.

Piccola stella (3:53). Piccola stella è dedicata ad una donna importante, la cui identità è celata cripticamente dietro ad un brano che suona come un chiaro ringraziamento verso la persona che ha continuato a credere e supportare il cantautore durante i suoi momenti più bui. “Sei risorsa, sei il cielo e sei il mondo” canta Ultimo, emozionato e grato durante un brano meravigliosamente dolce e armonioso.

Aperitivo grezzo (3:23). Il testo di Aperitivo grezzo, che fa da ponte con le ultime tre tracce dell’album, racconta le origini della musica di Niccolò, con un interessante cambio di passo nel sound. Nel brano Ultimo racconta le sue difficoltà nell’ambientarsi in un “mondo di gente in cravatta”, ricordando i suoi pomeriggi passati a cantare nei parcheggi e i suoi aperitivi con gli amici, e asserendo che per lui “L’arte nasce in strada e diventa poi altro“. Qualche sfumatura rap accompagna il disco verso la conclusione, spezzando il ritmo e la pesantezza tematica dei brani precedenti.

Fermo (2:40). La traccia più corta dell’album. Fermo è una breve ma intensa miscela di emozioni, dolore e intensità, in cui l’artista dichiara alla sua dolce metà di non essere solo quello che scrive nei testi. Una presa di distanza da un generale senso di apatia e indifferenza che viene generalmente ritrovato nei pezzi del cantante, che afferma: “La musica esce ma non mi descrive, io creo una canzone ma lei è vita che vive“. Fermo presenta un suono quasi lounge, nonostante questo cocci con la volontà di raccontare qualcosa di importante, ma non disperde la centralità del messaggio e risulta piacevole ed emozionante.

Il tuo nome (Comunque vada con te) (3:01). La canzone inizia con un sussurro, quaranta secondi in cui il giovane cantante romano cerca di instaurare un senso di intimità bisbigliando nell’orecchio dell’ascoltatore. Il tuo nome funziona bene, è una traccia calda e soffusa che utilizza la musica più del testo per suggestionare, e che si conclude con un minuto di pura e semplice strumentale.

La stazione dei ricordi (4:10). L’ultima traccia dell’album è una poesia, nel vero senso della parola. La stazione dei ricordi è parlata più che cantata, è carica di emozioni, meravigliosamente nostalgica e allo stesso tempo sorprendentemente serena. Dopo quattro minuti le luci si spengono e lo spettacolo finisce, un pianoforte accompagna l’ascoltatore gentilmente verso l’uscita e lo ringrazia per aver prestato attenzione, poi il silenzio. Un geniale modo di concludere il proprio lavoro, e una degna conclusione per un album che rappresenta la grande crescita di un artista di nemmeno 25 anni, capace di suscitare emozioni a persone di tutte le età.

Giudizio finale: Colpa delle Favole funziona, è un lavoro che non punta sull’originalità ma sulla continuità, sulla musica chiara e diretta più che su sofisticati giochi di parole. Un lavoro non esente da difetti che riporta però una crescita visibile, un’opera capace di raggiungere una degna conclusione per la brillante trilogia iniziata nel 2017, in vista del prossimo ambizioso passo in avanti.

Voto finale:

Alessandro Digioia

26, studente universitario presso il Campus Luigi Einaudi di Torino. Scrivo occasionalmente di sport, cinema, videogiochi, musica e attualità.

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Alessandro Digioia

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