In un periodo in cui le serie Tv la fanno da padrone – soprattutto le produzioni Netflix – c’è una produzione, abbastanza datata rispetto alle altre, che sta riuscendo a “tenere botta” facendosi rispettare. Stiamo parlando di X-Files, l’unica serie Tv non dei millenials per i millenials.
La popolarità è l’unica cosa che conta
Negli ultimi anni, stiamo assistendo a un vero e proprio spopolamento dei film, a favore delle serie Tv. Soprattutto con l’avvento in Europa di Netflix, che fiutato l’affare, ha iniziato a produrre, con una costanza davvero disarmante, serie su serie. “Che c’è di male?” potrebbe chiedere qualcuno; assolutamente nulla, se non fosse per il fatto che piuttosto che sulla qualità, spesso si tende a puntare solo ed esclusivamente sulla popolarità.
Il concetto è tanto semplice quanto complesso: adottato il target ideale, ovvero quello dei millenials, si sceglie poi di impostare la serie Tv di turno in modo da renderla popolare: una storia “commestibile”, semplice da afferrare e poco complessa nel messaggio; attori visti e rivisti (non è un caso che Netflix utilizzi sempre gli stessi attori) e tanto, ma davvero tanto lavoro di marketing e promozione. Che la più grande (al momento) piattaforma di streaming web riduca del 70% le possibilità di scelta di moltissimi utenti ne abbiamo già parlato, imponendoci cosa scegliere dal proprio catalogo; ma per quanto riguarda il panorama delle serie Tv, il monopolio della società di Reed Hastings e Marc Randolph, escluse alcune rare eccezioni, sta diventando davvero pericoloso. E X-Files è l’eccezione migliore che si possa trovare.
X-Files è l’unica serie Tv non dei millenials per i millenials
Quando X-Files venne alla luce, eravamo nel lontano 1993, un periodo in cui il “fenomeno” delle serie Tv non era ancora certamente esploso. Motivo per cui la creatura di Chris Carter, già sceneggiatore per Disney approdato poi all’allora giovanissima Fox, era considerata una vera e propria scommessa. Che si rivelò ovviamente vincente. In pochissimo tempo la serie entrò nell’immaginario collettivo degli americani prima, e nel resto d’Europa poi. Tutt’ora se si fa riferimento a qualche caso inspiegabile lo si chiama amichevolmente “X-File” e nell’immaginario di tutti l’agente medio dell’FBI ha il look e il portamento di Mulder e Scully. (magari con cravatte un po’ più sobrie e tailleur più avvolgenti) Per capire però, come e perchè quella di Chris Carter si può considerare tuttora la serie Tv per eccellenza, bisogna inquadrare il contesto in cui ha visto la luce. Ovvero i primi anni 90′.
Era appena caduto il Muro di Berlino, dopo decenni di Guerra Fredda, segreti e minacce atomiche; gli Stati Uniti venivano da oltre un decennio di governo repubblicano ad opera di Ronald Reagan e George Bush, i quali avevano investito grandi somme di denaro per potenziare la macchina bellica americana. Ma non solo. Già con la fine degli anni ’80 stava iniziando a cambiare il linguaggio e i contenuti di molte opere, sia dal punto di vista cinematografico che letterario. Sono gli anni in cui la visione del futuro si fa più inquietante, quelli di Terminator 2, Akira e soprattutto de Il Silenzio degli Innocenti (1991 di Jonathan Demme, con Jodie Foster e Anthony Hopkins) e Twin Peaks (1990 di David Lynch e Mark Frost con Kyle MacLachlan).
L’idea di base che regge in piedi l’ottima trama – soprattutto delle prime quattro stagioni – è tanto semplice quanto affascinante: Mulder è un brillante agente federale, particolarmente arguto e abile nella profilazione criminale, ossessionato dalla scomparsa della sorella in tenera età e fortemente attratto dal paranormale e da quelli che crede essere i tentativi di insabbiamento da parte del governo su numerose questioni importantissime (in pieno stile Watergate); Scully è una giovane ed abile scienziata, specializzata in medicina, affiancata a Mulder per screditare le sue teorie sulla base del suo rigore scientifico e un iper alimentato scetticismo. Il duo funziona alla perfezione, consentendo alla “caccia all’Ufo” di non perdere mai freschezza e originalità.
Gli Ufo
Potrebbe sembrare una motivazione banale, ma uno dei maggiori fattori che ha contribuito al successo di “X-Files” sono proprio i dischi volanti. Nel 1989 l’opinione pubblica americana fa la conoscenza di Bob Lazar, un uomo che afferma di aver lavorato a compiti di retro-ingegneria su veri dischi volanti alieni, detenuti dalle forze militari americane all’interno della cosiddetta Area 51. Da lì in poi la questione UFO diventa ancora più popolare e interessante, entrando ancora maggiormente nella cultura di massa.D’altronde, come esperienza umana, converrete che è decisamente più interessante vedere o riprendere qualcosa di inspiegabile nel cielo che potrebbe arrivare da un altro pianeta, rispetto ad un pallone aerostatico. E Chris Carter è stato bravissimo a sfruttare l’occasione.
La serie si divide in due filoni narrativi. Quello verticale e più o meno autoconclusivo del “monster of the week”, ovvero la puntata dedicata a fenomeni soprannaturali e creature bizzarre (quando non veri e propri mostri) e quello orizzontale (con la trama principale denominata “mytharc” che si dipanerà lungo tutte le stagioni) del grande complotto da parte dei governi ombra di tutto il mondo volto a nascondere la terribile verità. Scoprire cosa stia accadendo spetterà ovviamente a Fox Mulder e Dana Scully; il primo diventerà un uomo ossessionato più dalla ricerca della verità per sé stesso che non per salvare davvero il genere umano, arrivando più volte a rischiare la vita per quello che si renderà conto essere – il più delle volte – un opaco miraggio.
Mentre il personaggio di Dana Scully, evolverà, da scettica e piuttosto impacciata scienziata, a donna sempre più decisa e costantemente posta in discussione dalle sue esperienze al limite del plausibile che talvolta la faranno vacillare ma alla fine la renderanno sempre più forte ed emancipata. Ma il segreto del successo di X-Files non è solo da ricercare nella forza dei personaggi, nelle buone interpretazioni (in realtà si potrebbe discutere per ore sulla mono espressione di David Duchovny) o nella peculiarità dei soggetti. Forse il vero segreto di X-Files sta proprio nella scrittura vera e propria. Che ai misteri proposti dai vari episodi, non fornisce mai risposte definitive e concrete, rendendo più piacevole il caso e il mistero che non la loro risoluzione.
L’impatto con i millenials
Dal 1993 ad oggi però, il mondo che ruota attorno alle serie TV è decisamente cambiato, e l’impatto di X-Files con la generazione di Netflix e dei millenials, è davvero devastante. La formula, nonostante i tempi siano cambiati, così come le esigenze del pubblico, sarebbe ancora oggi da studiare. Nei 45 minuti di durata dell’episodio X-Files è quasi sempre in grado di raccontare una storia completa, con la classica struttura televisiva dell’epoca pensata per la programmazione nella televisione commerciale: prima parte con la presentazione del caso – pubblicità – cuore dell’indagine e situazione di pericolo per i nostri eroi – pubblicità – climax e risoluzione del caso o spesso finale aperto con ancora tante domande ancora irrisolte – fine. Se non fosse nata nel 1993, al giorno d’oggi, questa serie non avrebbe senso di esistere nella forma in cui l’abbiamo conosciuta.
Pur chiudendo un occhio sugli aspetti tecnici (molte scene action non erano sempre di gran qualità, gli effetti speciali a budget ridotto e coi limiti dell’epoca, specie nelle prime stagioni, si fanno sentire e in generale le interpretazioni attoriali, nonostante un’alchimia davvero incredibile tra i protagonisti, talvolta non brillano di certo), oggi come oggi, con gli utenti che da Netflix non chiedono altro che produzione girate con lo stampino, in cui la quantità è più importante della qualità. L’opera di Chris Carter non avrebbe di certo un gran successo. E questa constatazione altro non è che una cartina tornasole delle produzioni (medie) che affollano i piccoli schermi di tutto il mondo, nel 2020.
Perchè guardare X-Files
Ma allora, perchè guardare una serie che può vantare ben ventisette primavere alle spalle? Perché nonostante i difetti e il tempo trascorso (non sempre in maniera innocua) la serie resta un manifesto di una cultura degli anni ’90, oggi un po’ dimenticata, seppur coraggiosa. Perché per prima è riuscita a trattare argomenti di pura fantasia con un approccio molto competente, informandosi e citando anche parecchie fonti scientifiche reali. E restituendo una sensazione di credibilità ancora oggi non scontata. Perchè X-Files è l’unica serie Tv non dei millenials per i millenials.
Nato ad Alatri il 23/03/1997, attualmente collabora per numerose testate giornalistiche sportive. Raccontare di calcio però, non è il suo unico hobby (fortunatamente). C'è spazio anche per i libri, la musica e i videogiochi.