Come ogni lunedì, ecco che arriva insieme ad una nuova puntata di Britannia anche la recensione di Gogo Magazine. Questa volta siamo alla 1×04.
Britannia, dopo tre puntate di assestamento, ci sorprende con un quarto episodio pieno di meraviglie. Ancora incerti della programmazione di Sky Atlantic, che continua ad affermare che ogni lunedì la serie torna con un doppio episodio quando ciò non è vero, tiriamo le somme sulla 1×04.
L’articolo potrebbe contenere spoiler sulle puntate precedenti!
Britannia 1×04
Partiamo subito con il dire che questa puntata, finora, è la migliore. Non tanto perché finalmente l’introduzione dei personaggi si è conclusa, ma anche per il forte impatto emotivo, a tratti straziante e potente, e lo stile, un misto tra la regia di Ford e il movimento cinematografico espressionista dei primi del Novecento. Troviamo, infatti, inquadrature in controluce che ricordano le sequenze più significative di Sentieri Selvaggi, mentre silouette mostruose rimandano alle inquietanti ombre presenti in Nosferatu. Oltre all’ottima fotografia, anche la storia inizia a prendere corpo. I colpi di scena si susseguono rapidi, inframezzati da dialoghi inquietanti, ma, a tratti, carichi di emotività strutturale. Siamo rimasti nella scorsa puntata con Kerra in attesa del verdetto dei druidi. Proprio su questi si basa l’intero episodio, mettendo in secondo piano la Nona Legione e esaltando la sempre più enigmatica figura di Veran, il druido che aveva iniziato ad incuriosire, ma che sta rapidamente perdendo d’interesse. Convincono, invece, Cait e suo padre, Sawyer, ora intenti a scappare verso la cittadella dei Cantiaci. La puntata poteva facilmente concludersi con una svolta molto importante, ma hanno preferito optare per un finale più emotivo, con un dolcissimo monologo di Cait rivolto al padre che “dorme”, affranto per la morte dell’altra figlia, sublime rimando al primo episodio. Un’ottima puntata, dal ritmo avvincente e dalla regia superba. Britannia si sta dirigendo verso la giusta direzione.
Britannia 1×04 SPOILER
Ora possiamo parlare a briglia sciolta. La scorsa puntata si era conclusa con la rivelazione che Aulo Plauzio era entrato in contatto con il demone Lokka. Questa importante rivelazione viene messa da parte per spostare l’attenzione sul popolo dei Cantiaci. Avevamo lasciato la tribù con la volontà di Re Pellenor di convocare i druidi per decidere il destino della figlia Kerra. Questa si aspetta di essere sacrificata agli dei come era successo alla madre, ma, con grande sorpresa, il druido Veran punta il dito contro il Re, affermando che gli dei lo hanno scelto come sacrificio. Tutto questo, ovviamente, non prima di averci mostrato una carrellata di immagini riguardanti il druido che assume stupefacenti e inala fumi. Dato che la via per il cimitero sacro è bloccata dai romani, Phelan manda Lindon a contrattare con i romani. Il via libera in cambio del legionario catturato durante l’incursione della seconda puntata. Questi accettano, ma Plauzio ordina a Lucio di seguirli. Sempre all’accampamento, il generale ha capito che Bruto, unico superstite dell’incursione oltre il prigioniero, ha mentito sulla sua condotta in battaglia (aveva riferito di aver combattuto valorosamente, ma in realtà era fuggito) e lo nomina centurione di Britannia, con l’intenzione di farlo crollare emotivamente. Nel frattempo, Divis si è separato ancora una volta da Cait, lasciandola con Sawyer e dicendogli di recarsi alla fortezza dei Cantiaci. I due si incamminano, ma Cait non riesce più a mentire al padre e gli rivela che sua figlia è morta. Questo inizia a perdere la testa, arrivando fino a cercare di riportarla in vita. La sequenza del rituale è straziante. Cait piange disperatamente nel vedere Sawyer perso nella follia. Questo continua a invocare gli dei, ma quando comprende che nessuno risponderà alle sue preghiere, esplode in un pianto di dolore e afflizione. Il tutto è coronato da un montaggio serrato e frenetico, capace di portare la tensione emotiva a livelli decisamente elevati.
L’episodio si conclude con il sacrificio di Re Pellenor. Come annunciato prima, il controluce fordiano e le ombre murnauiane esaltano l’inizio del rituale, con Veran che si trasforma, nel giro di una sola inquadratura, in un inquietante personaggio che sembra essere uscito dalle maggiori opere espressioniste. Il sacrificio non è ai livelli di quelli visti in Vikings, apice della cinematografia rituale degli ultimi anni, ma rimane comunque un’ottima sequenza. Viscerale, ma non troppo. Ora che il re è morto, serve un erede. Veran si avvicina, ancora con le mani pregne del sangue di Pellenor, verso Phelan, legittimo erede al trono, ma il suo braccio indica qualcun’altro: Kerra. Dopo questo cliffhanger finale non possiamo fare altro che aspettare la prossima settimana, attendendo con pazienza di sapere come si svilupperà questa storia di tradimenti e intrighi. Di violenza e dolcezza. Di dei e re.