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Britannia 1×07 – Recensione: Pausa di riflessione

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Settima puntata per Britannia, serie esclusiva Sky che, per prepararsi agli ultimi due episodi, si prende un momento di pausa, attenuando il ritmo, ma alzando l’interesse.

Siamo quasi arrivati alla fine. Mancano due puntate per vedere come si concluderà la prima stagione di Britannia. In attesa della battaglia finale, la serie si prende una piccola pausa dal suo ritmo incalzante per soffermarsi su alcuni personaggi, ultimamente lasciati da parte.

Britannia 1x07 Recensione

Britannia 1×07

La settima puntata di Britannia si distacca da tutto ciò a cui abbiamo assistito finora. Nel villaggio che i romani hanno dato alle fiamme durante la prima puntata, trovano rifugio i fuggiaschi della serie. Phelan e Ania, convinta di essere l’incarnazione della dea Brenna, in fuga dalla Cittadella; Cait e suo padre, braccati da Divis, posseduto dal demone Puykka; Bruto e Filo, in fuga dalla Legione di Plauzio. Tre gruppi di reietti nello stesso luogo, senza che nessuno sappia degli altri. Infine, arriva all’approdo commerciale anche il druido Divis, unico a conoscenza della compresenza dei tre gruppi. I dialoghi la fanno da padrone. Questi introducono, anticipano, creano e distruggono convinzioni con travagliati movimenti di macchina e un montaggio serrato nella sua tranquillità. Volti e corpi che volteggiano nell’oscura pacatezza della desolazione. Sempre vicini, ma estremamente lontani.

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Britannia 1×07 SPOILER

Le caotiche e imminenti ripercussioni rivelate la scorsa puntata hanno trovato subito tregua. Quest’episodio, infatti, rallenta e si prende una pausa di riflessione. Niente combattimenti, nessuna preoccupazione, nessun complotto. Troviamo, invece, i tre gruppi intenti a fuggire da diverse disgrazie. Abbiamo Phelan e Ania, lui Cantiaco e lei Regnenze, in fuga per far avverare una profezia; Cait e il padre, braccati dal druido Divis, posseduto dal demone Puykka, servo del potente Lokka; Bruto e Filo, il primo è il vigliacco che è fuggito dall’imboscata nella seconda puntata, mentre l’altro è il legionario che era stato posseduto da Divis e aveva tagliato la testa al suo compagno d’armi, questa la ragione per cui non parla più. Tutti e tre i gruppi si ritrovano ad accamparsi nel villaggio bruciato dai romani durante la prima puntata, una volta fiorente centro del commercio. All’appello si presenta anche Divis, sulle tracce di Cait, presunta salvatrice che sconfiggerà Lokka, ovvero il generale Plauzio in persona. Phelan cerca spiegazioni sulla profezia che lo vede coinvolto e Ania risponde senza esitare. Costui è destinato a salvare la dea Brenna, ovvero Ania, e avrà un figlio da lei, i cui discendenti comanderanno il popolo dei Regnenzi. Dopo un primo momento di appagamento, Phelan inizia a domandarsi se abbia fatto la scelta giusta. Cait, invece, si trova ad affrontare il demone Puykka, tramutatosi nella sua defunta sorella attraverso un rituale svolto dal corpo inerme di Divis. Dopo un primo momento di esitazione, riesce a scacciare il demone da Divis e dalla sorella feticcio, che le rivela la solidarietà di tutti i morti che si trovano nell’oltretomba. Il druido, dopo essersi ripreso, chiede perdono alla ragazza e le giura fedeltà e protezione, con aria un po’ seccata in quanto era convinto di essere lui il prescelto. Infine, la sorpresa più grande della stagione: i due romani disertori. Filo, completamente atterrito dalle sue azioni involontarie, non proferisce parola. Bruto prova in ogni modo a farlo parlare, arrivando anche ad offenderlo, ma non ottiene risultati. D’un tratto, nella capanna dove sono rintanati, scopre una botola contenente un ingente numero di droghe. Così inizia a fargliele provare, riuscendo a sbloccarlo dal suo limbo auto-inflitto. In breve tempo, Filo inizia a divagare fino a prendere in considerazione l’esistenza degli dei. Un ciclo di sentimenti e discorsi apparentemente privi di significato che rendono questa una delle puntate migliori dell’intera stagione, anche se la regia non si è dimostrata completamente all’altezza della splendida narrazione.

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Dove sono gli dei?

Bruto e Filo si trovano seduti. I piedi penzolano nel varco della botola. I volti, rilassati dalle droghe, fissano il vuoto. Filo inizia a parlare. Parla delle sue avventure in Egitto, a Trieste e in Gallia. In ogni luogo, racconta, gli dei sono differenti. Diversi dei per diverse situazioni. Rah è Marte e Marte è Rah, ma gli egizi pregano uno e i romani l’altro. Afferma che se fosse nato in Egitto il dio della guerra che avrebbe venerato sarebbe stato Rah e avrebbe considerato l’altro solo una finzione, qualcosa che non è reale. Poi volge il pensiero ai calzari, protetti dal dio Pino.

“Ogni volta che metto i calzari prego Pino perché non si usurino e resistano a lungo, ma nessun altro popolo prega Pino per fare in modo che i calzari non si rompano. Eppure li hanno anche loro”

Bruto sembra preoccupato e lo intima di smettere. Ma Filo non vuole. Filo cerca delle risposte. Filo deve sapere perché gli dei non hanno punito un’azione così efferata come quella che ha commesso. Allora si rivolge a Giove e chiede di essere fulminato perché ha ucciso senza pietà un suo compagno d’armi. Il silenzio della notte è l’unica cosa che colpisce i due romani. Un’azione volta a convincere il suo amico, ma soprattutto a convincere se stesso. Bruto è paralizzato, terrorizzato. Ora ha la certezza che ciò a cui ha sempre fatto cieco riferimento non ha alcun fondamento. Dalla destra dell’inquadratura, Filo si avvicina serpeggiante, insinuandosi nella zona sinistra, quasi coperto dal corpo fuori fuoco dell’amico, e declama:

“Non c’è nessuno ad ascoltarci”

Dopo diverse scene torniamo sui due legionari, privi di ricordi a causa degli effetti della droga. Non rammentando il loro visionario discorso, si dirigono all’aperto. Volgendo lo sguardo al cielo stellato, pregano la Luna, portatrice di luce durante le notti oscure. Una scena che dimostra quanto l’uomo sia debole davanti all’ignoto, sempre alla ricerca di qualcosa di più grande sul quale fare affidamento nel dubbio. Perfino dinanzi all’oscura evidenza, l’umanità trova il più flebile bagliore dell’apparente certezza.

Britannia

 

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