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Britannia – Recensione: Una prima stagione inconcludente

Dopo il tour de force che abbiamo fatto tutti i lunedì per portarvi le recensioni puntata per puntata, ecco il nostro resoconto sulla prima stagione di Britannia.

Aveva iniziato con le migliori premesse, ma la prima stagione di Britannia, produzione originale Sky, delude proprio sul finale. Vediamo cosa funziona e cosa andrebbe risistemato nella seconda stagione.

Interrogativi ai tempi dei druidi

La storia dietro a Britannia è relativamente semplice. Nel 43 d.C. i romani tornano nella remota e misteriosa regione della Britannia per conquistarla e far pagare le tasse ai popoli che la abitano. Le principali tribù, i regnenzi e i cantiaci, si trovano in guerra e quindi Aulo Plauzio, generale della Nona Legione, coglie l’occasione per stringere accordi con chiunque. Intanto, seguiamo le vicende di uno strano druido, Veran, a cui tutti chiedono consiglio, ma anche quelle di una giovane ragazza che scoprirà ben presto di essere più importante di quanto pensa. All’appello anche le storie dei regnenzi e dei cantiaci, nonché quelle di soldati romani e druidi reietti. Quindi, tutti sono nemici e tutti sono alleati in questa storia confusionaria, frammentaria e inconcludente. Perché è proprio questo ciò che accade nell’ultima puntata: viene lasciato tutto aperto ad un’ipotetica prossima stagione (che potrebbe anche non arrivare). Sembrava che molte cose sarebbero state rivelate con l’ultimo episodio, ma tempo una scena e gli interrogativi raddoppiano. Anche i personaggi sono altalenanti. A volte sono caratterizzati in modo sublime, ma altre volte non convincono per niente. Un esempio è il druido Veran, a tratti estremamente interessante, ma molto spesso banale. Ciò che si salva è, invece, il modo in cui tengono sempre velata la questione della magia. Anche per questo Veran è il personaggio più interessante della serie, perché non è mai chiaro se stia facendo finta di dialogare con gli dei o se dica il vero. Un tira e molla molto allettante che spinge a concludere la serie.

Sull’orlo del baratro

Tecnicamente questo Britannia è esattamente come la caratterizzazione dei personaggi: indefinito. A volte è geniale, con scene dal forte impatto visivo, ma altre volte si perde nella vasta foresta delle tecniche cinematografiche. La regia ha molte intuizioni intriganti e presenta diverse citazioni al cinema della prima metà del Novecento, ma a tratti diventa completamente accademico. Discorso un po’ diverso per la fotografia che, invece, rimane quasi sempre di alto livello. Inoltre, il commento musicale si sposa bene con le atmosfere incerte ed enigmatiche della serie, sempre in bilico tra realtà e finzione. I suoni distorti e sintetizzati rimandano a temi futuristici, in disaccordo, ma allo stesso tempo assonanti con le immagini proposte. L’unica cosa che funziona della serie dall’inizio alla fine è la messinscena. Trucco, costumi, scenografie. Tutto è estremamente curato e gradevole alla vista. All’apice troviamo ancora una volta il druido Veran, caratterizzato da un volto quasi scheletrico che nasconde le irregolari fattezze di Mackenzie Crook. Se vi rimarrà in mente qualcosa di questa serie, molto probabilmente saranno questi ultimi elementi.

Britannia - Stagione 1
5 Reviewer
4.5 Users (2 voti)
Pro
A tratti brillante
Ottima fotografia
Regia con delle buone intuizioni
Prove attoriali di tutto rispetto
La messinscena, unico elemento completamente riuscito
Contro
Il finale fin troppo aperto
La sbilanciata caratterizzazione dei personaggi
A volte registicamente troppo accademico
Le troppe sottotrame che si vanno ad intersecare
Conclusioni
Britannia è una serie che voleva dare tanto, ma che ha dato molto poco. Si perde nelle sue stesse sottotrame, rimanendo soffocata dalla pressante mole di intrecci e linee narrative. Il risultato è una storia fin troppo rarefatta che, di fatto, non rivela niente di ciò che vuole raccontare. Cinge con bramosia i suoi segreti e non li lascia sfuggire. Si era presentata in modo completamente differente. Sembrava una produzione che volesse dare qualcosa di più, un punto di vista alternativo rispetto alle molteplici serie storiche in circolazione. In parte ce l'ha fatta, ma ha completamente perso la strada della fusione di periodi storici differenti. Solo così si poteva spiegare una sigla che richiama a gran voce gli anni Sessanta. Dalle prime puntate si evinceva una certa comunione tra i druidi e i figli dei fiori, ma così non è stato. Viene lasciato tutto nelle mani del fato, il quale traghetta la serie nel mare dell'anonimato, destinata ad essere presto dimenticata.
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Mattia Pescitelli

Tenace adoratore del mezzo cinematografico, cerco sempre un punto di vista fotografico in tutto ciò che mi circonda. Videogiochi, serie televisive, pellicole cinematografiche. Nulla sfugge al mio imparziale giudizio.

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Mattia Pescitelli

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