Serie TV

Chernobyl 1×01 – Recensione: “Morte, innocenza e conseguenze”

In questi giorni si è parlato moltissimo di Chernobyl, miniserie targata HBO e Sky Original che tratta le vicende intorno al disastro dell’omonima centrale nucleare. Moltissimi sono stati gli apprezzamenti e i commenti fuori dall’Italia, sia da parte della critica che del pubblico, il quale ha addirittura cominciato a speculare su un seguito.

Adesso che il primo episodio è uscito anche in terra nostrana possiamo cominciare a farci un’idea sul prodotto.

Questo primo episodio di Chernobyl si apre al buio, la fotografia di per sé suggerisce lo stato d’animo dell’uomo ad incrociare il nostro sguardo. E’ solo e la data sullo schermo indica che sono trascorsi due anni dal disastro alla centrale nucleare. Fin dai primissimi istanti si riesce a cogliere uno degli aspetti fondamentali di questo “inizio”, ovvero il distacco tra la realtà  dei fatti e la risposta della Russia.

La voce di Valerij Alekseevič Legasov, questo il suo nome, descrive perfettamente il suo stato d’animo disegnando una rassegnazione che viene impressa in alcune cassette. Qualcuno lo controlla e quello sarà il suo segreto lascito a chiunque vorrà ascoltarlo.

La narrazione arriva, finalmente, alla fatidica notte, (26 aprile del 1986) aprendo tutte le possibili strade proprio dall’esplosione stessa, esplosione che diventa il mezzo perfetto attraverso cui il regista riesce a mettere in scena tutte le risposte, in una biforcazione che comunica tantissimo, senza risparmiarsi mai.

Da un lato abbiamo coloro che lavorano alla centrale nucleare di Chernobyl e un nome riecheggia nel caos generale, quello di Anatolij Djatlov, colui che aveva in mano la situazione, dall’altro la reazione di coloro che non sanno minimamente tradurre la gravità di quanto accade e ne restano implicati nella loro innocenza.

Nel caos generale nessuno riesce a comprendere, nell’immediato, quello che succede, in molti sono allo scuro, e il pericolo, anche se invisibile, non lascia scampo tramite una rapida e manifesta sofferenza fisica prima di coloro che sono dentro alla struttura, in seguito tramite il dolore di coloro che accorrono per dare una mano, vittime anche questi dell’ignoranza generale.

Chernobyl ha questo modo di comunicare direttamente con gli spettatori, riesce facilmente a far leva sulla consapevolezza di chi guarda, costruendo situazioni che colpiscono in pieno nel loro “parlare” senza dare spiegazioni a coloro che sono sullo schermo. Da tutto questo ne deriva la scena in cui le scorie invadono silenziosamente l’aria ammantando ogni cosa, avvolgendo i sorrisi e la curiosità delle persone che osservano dal ponte ferroviario, adulti e bambini…

Il peso di questa narrazione genera riflessioni da non sottovalutare con un’importanza che trascende il semplice intrattenimento approdando a lidi ben più reali.

In contrasto con tutto ciò i poteri alti, onde evitare di rovinare l’immagine della Russia, decidono di sigillare Chernobyl e le zone vicine tagliando i contatti telefonici.

La situazione generale viene gestita da persone che sembrerebbero non dare il giusto peso alla gravità di quanto hanno davanti agli occhi, in una continua negazione con le radici piantate nel terreno della politica e della burocrazia di stato, figlia di una razionalità disumana che continua a mandare persone al macello.

La chiamata finale introduce colui che abbiamo conosciuto all’inizio dell’episodio, trascinato nella situazione da una telefonata lontana da qualsivoglia empatia.

Nicholas Massa

Ho sempre trovato nella scrittura un qualcosa di mio: il poter esprimere quanto ho dentro, parlando di argomentazioni che amo, penso sia un'obiettivo di vita importantissimo. Studente in Lingue, culture, letterature e traduzione, dopo la pubblicazione di due romanzi ho intrapreso la strada del giornalismo senza guardarmi dietro.

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Nicholas Massa

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