Recensione
Chicago Fire guida un epico crossover: Recensione – One Chicago
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6 anni agoon
Tutto comincia e finisce con la storia di una famiglia. Dal suo recente account Instagram, il leggendario Dick Wolf ha presentato l’ultimo crossover targato One Chicago come il più importante portato in scena finora, un evento televisivo che inizia con Chicago Fire, sfuma in Chicago Med e trova la sua conclusione in Chicago PD, ma un unico filo conduttore sembra legare le tre serie tv e si tratta della famiglia, in tutte le sue emozionanti, uniche e problematiche sfumature.
Risultato di un anno di organizzazione, prodotto di un lavoro complessivo e collettivo che ha coinvolto concretamente la città di Chicago, ultima fatica di tre team di attori, scrittori, registi e membri di diverse crew accumunate da un unico obiettivo, il crossover che l’universo One Chicago ha portato in scena sulla NBC tra Chicago Fire, Chicago Med e Chicago PD trasmette una sensazione di epicità televisiva, non delude le aspettative e soprattutto riesce a mantenere viva e intensa una storyline orizzontale che attraversa le tre serie tv restando fedele a ciò che rappresenta il punto di partenza e il traguardo dell’intero crossover One Chicago: l’idea di famiglia, un’idea che non ha condizioni, non ha limiti, per cui non servono spiegazioni, un’idea che parte proprio da Chicago Fire e dalla caserma 51.
Chicago Fire guida il crossover – 7×02 “Going to war”
Prima serie tv del franchising, Chicago Fire ha sempre dato il via agli eventi crossover tra le serie tv appartenenti al mondo One Chicago, a volte impostando semplicemente le basi della storia, altre volte definendone la trama e l’atmosfera, ma rappresentando sempre un imprescindibile punto di riferimento per la narrazione. In quest’ultimo caso, Chicago Fire ha letteralmente trasmesso alla storia tripartita non solo il filo conduttore che ha legato insieme le tre realtà di Chicago ma anche quell’autentica anima che vive alla base della serie fin dal principio e di cui la caserma 51 è manifesto, vale a dire il valore più essenziale di una famiglia per scelta.
Lo stesso esordio dell’episodio di Chicago Fire, il secondo della settima stagione, sembra voler trasmettere una sorta di omaggio alle origini della serie e del franchising stesso, e lo fa in maniera delicata attraverso gli occhi dell’ultima arrivata, Emily Foster, che si aggira con naturalezza nella caserma e nota le relazioni quotidiane che rendono quel posto così accogliente, così simile alla dimora di una famiglia allargata.
Il rapporto inedito e un po’ reticente tra Casey e Brett, la costante giovialità del gruppo composto da Otis, Mouch, Herrmann e Cruz, il passionale e genuino romanticismo tra Kelly e Stella, le foto che raccontano la storia di un lavoro che somiglia tanto a una vocazione, sono tutti aspetti di Chicago Fire e della caserma 51 che si aprono davanti agli occhi di Emily con straordinaria naturalezza e che impreziosiscono l’ordinarietà di una realtà che ordinaria non lo è spesso e che quindi fa tesoro di quei momenti così unici nella loro semplicità.
La particolarità dell’apporto di Chicago Fire al crossover One Chicago non sta solo nel definire concretamente la base narrativa da cui prende avvio la storia o nel donare all’incontro tra le tre serie tv la chiave che permetterà all’evento di apparire omogeneo e lineare nello storytelling e nel messaggio che intende trasmettere, ma soprattutto si nota nella capacità di riuscire a donare ad ogni singolo personaggio di Chicago Fire il proprio spazio all’interno di una storia che proprio per la sua collettività rischiava di dimenticare l’individualità delle parti coinvolte.
A partire proprio dalla chiamata ricevuta alla caserma 51 all’inizio dell’episodio di Chicago Fire, tutti i membri della squadra hanno trovato il loro ruolo nella storia, un ruolo definito, riconoscibile, giusto per la propria caratterizzazione individuale e per la costruzione della collettività, una collettività che imposta e definisce il senso di famiglia che si respira nel crossover.
La leadership di Wallace Boden, per quanto ostacolata dalla presenza costante ma in questo caso silenziosa di Jerry Gorsch, è decisa, netta, lucida come sempre, riesce a vedere il quadro generale della situazione oltre le fiamme, riesce a gestire gli spazi e i tempi dell’operazione e soprattutto riesce a tenere d’occhio tutti i suoi uomini, dall’ultima arrivata Emily ai veterani di Chicago Fire Casey e Severide, che rappresentano in un certo senso l’eredità concreta di Boden.
Uno degli aspetti più emozionanti di Chicago Fire e, da un punto di vista più ampio, dell’intero mondo One Chicago lo si ritrova proprio nella gestione ordinata, professionale, intensa e adrenalinica delle emergenze, poiché è proprio nell’autentico inferno che i vigili del fuoco della caserma 51 di Chicago Fire affrontano senza riserve e senza dubbi che emergono le reali personalità di tutti loro, come se ai quotidiani Clark Kent facessero spazio in quei momenti i loro super alter ego.
Quella che appare solitamente in Chicago Fire come una bonaria indolenza di Mouch diventa invece, nella drammaticità di un incendio, una puntuale, umana ed empatica chiarezza d’intenti e di obiettivi; il velo di tristezza sul volto di Brett ha il tempo e lo spazio di tradursi finalmente in nostalgia per un addio perso; le leggerezze ordinarie di Otis e Cruz riescono a dar vita nei momenti di maggiore tensione di Chicago Fire a gesta eroiche e ordinate; e anche quando la stanchezza e il pericolo raggiungono il loro limite di sopportazione, personaggi come Stella ed Herrmann proseguono senza esitazioni per salvare la vita di una persona amata. Tra le fiamme più indomabili, oltre scenari che lasciano un segno indelebile nella memoria, gli eroi di Chicago Fire mostrano il loro vero volto e nel farlo affrontano e accettano la concreta possibilità di non tornare più indietro.
Il passaggio tra Chicago Fire e Chicago Med è quasi impercettibile e per quanto la presenza del padre dei fratelli Halstead nell’edificio avvolto dalle fiamme avesse già rappresentato un trait d’union nel crossover, è in realtà la precaria condizione di salute di Stella Kidd a sfumare le due serie tv l’una nell’altra, intrecciando i loro protagonisti più di quanto forse sia mai avvenuto prima.
È proprio tra i corridoi e le emergenze del Chicago Med che i protagonisti di Chicago Fire ribadiscono ancora una volta quel concetto alla base della serie stessa, l’idea di una famiglia che non è regolata da legami di sangue ma da scelte, quotidiane e costanti, scelte incondizionate che a volte fanno paura ma che vengono affrontate insieme.
È stato particolarmente coerente da parte della sceneggiatura di entrambi gli episodi, di Chicago Fire e Med, la decisione di rendere il personaggio di April Sexton l’anello di congiunzione tra le due realtà, lei che proprio in Chicago Fire ha mosso i primi passi e che nel primo crossover a tre portato in scena dal franchising One Chicago aveva riconosciuto quanto indissolubile fosse il rapporto tra i membri della 51.
Fondamentale è il suo apporto nelle sorti dell’operazione di Stella e ancora più importante è l’appoggio che concede a Kelly e a tutta la squadra di Chicago Fire in realtà, spingendoli anche a persuadere il dr. Rhodes dal suo proposito di asportare un polmone della donna per arrestarne l’emorragia interna ma compromettendo fatalmente la sua carriera come vigile del fuoco.
La determinazione di April è delicata e sensibile, e scuote ancora un po’ l’equilibrio instabile della sua relazione con Ethan, ma alla fine si rivela anche indispensabile per quella che diventa anche la crociata di Connor nella corsa contro il tempo per salvare la vita e il futuro di Stella Kidd e per donare a una famiglia, quella di Chicago Fire, la serenità che merita.
Degna di nota è anche l’attenzione dedicata al trauma di Otis, riconosciuto con straordinario fiuto professionale dal dr. Charles. La scena della mamma e del suo bambino bruciati vivi nell’ascensore dell’edificio in fiamme è stata una delle più crude e strazianti mostrate finora da Chicago Fire nel corso delle sue sei stagioni e la reazione di Otis a riguardo è talmente intensa ma comunque interiorizzata da prendere il sopravvento sul suo fisico.
L’aspetto più sorprendente della “risoluzione” della sua storyline, almeno per il momento, sta nella decisione del Dr. Charles di lasciarlo andare nonostante avesse diagnosticato il lui un chiaro caso di stress post-traumatico perché, proprio come April tempo fa, anche lo psicologo del Chicago Med riconosce nel gruppo della caserma 51 l’unica terapia di cui Otis avrà bisogno per superare il suo trauma.
L’episodio del crossover che appartiene propriamente a Chicago Med si mostra collettivo tanto quanto quello di Chicago Fire, corredato anche da storie parallele, come quella che coinvolge Natalie Manning, che vivono in maniera indipendente e che portano in scena un dilemma morale caratteristico del medical drama. E proprio in questo contesto infatti, la stessa dottoressa Manning dimostra una particolare crescita nella sua caratterizzazione, smussando infatti quell’aspetto “ribelle” della sua personalità che si evinceva proprio in casi moralmente ambigui come quello di cui si è occupata.
Attraverso la storyline drammatica dei fratelli Halstead invece, il crossover scivola lentamente nella sua fase conclusiva con Chicago PD, a cui si arriva anche a causa della rivelazione della reale origine dell’incendio. A parte una leggera comparsa dei protagonisti di Chicago Fire e Chicago Med nell’episodio appartenente a Chicago PD, l’ultima parte del crossover appare in realtà più indipendente rispetto alle prime due ma nel pieno rispetto del filo conduttore che lega le tre serie, si basa ancora una volta sull’idea di famiglia, questa volta considerata nel suo aspetto più letterale.
La presenza di Jay Halstead è in realtà costante per tutto il crossover e segna anche una delle storyline più emozionanti e personali per il personaggio. L’improvvisa morte di suo padre, nonostante un primo spiraglio di speranza concesso degli eroi di Chicago Fire, fa emergere in Jay l’irruenta violenza dei suoi rimpianti, causati da un rapporto particolarmente conflittuale con la figura paterna e in parte anche con suo fratello Will. Sebbene Jay fosse sempre stato mancante dell’ammirazione e del supporto di suo padre, era stato lui a prendersi cura del genitore in assenza di Will e questo aveva certamente alimentato emozioni e sentimenti contrastanti nei suoi confronti, sensazioni con cui non può ora neanche far pace a causa della scomparsa dell’uomo.
È inevitabile dunque che la scoperta della dolosità dell’incendio, causata dal tentativo di presa di potere di un cartello criminale da parte di un membro interno alla stessa organizzazione, porti Jay a sfogare la propria frustrazione nelle indagini, intraprendendo anche una pericolosa strada di “vendetta” solitaria.
In un episodio certamente ricco di emozioni ma più “regolare” forse rispetto all’intensità portata in scena da Chicago Fire e Chicago Med, emergono con delicata umanità alcuni dettagli caratteriali dei protagonisti dell’Intelligence, e in particolar modo di Hailey Upton, la cui presenza nella squadra e soprattutto accanto a Jay come partner e amica per il momento è diventata gradatamente una splendida costante di questa serie, tanto da riuscire a trovare il suo posto in diversi rapporti umani, come quello a volte conflittuale ma sempre leale con Adam Ruzek, che in questa stagione appare per ora quasi rinato.
Il crossover portato in scena da Chicago Fire, Chicago Med e Chicago PD può essere considerato un brillante esempio della qualità di questo franchising, di un universo seriale che fa vivere la città in cui la storia viene ambientata in straordinaria e totalizzante armonia con i suoi protagonisti e che soprattutto rende visibile e tangibile l’incredibile impegno che si cela nel processo creativo dell’evento, un processo che fa degli show targati One Chicago il manifesto del lato più tradizionale e magico della serialità televisiva.
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