Serie TV

Chicago Med: quando una scena trasmette ottimismo

Per celebrare il momento che attendiamo con ansia per tutta la settimana, il tanto desiderato week-end, GoGo Magazine inaugura una rubrica mensile che non intende portarvi via troppo tempo (è pur sempre il week-end, no?) ma vi accompagna alla riscoperta di una singola scena di serie tv che si è distinta particolarmente per una ragione definita. E apriamo quindi questo appuntamento con Chicago Med.

La scelta “pilota” per guidare questa nuova rubrica mensile si è rivelata in realtà più spontanea e idonea di quanto immaginassi al principio. Come in ogni presentazione che si rispetti però, fondamentale è il contesto di partenza da cui tutto ha inizio, quindi ricordiamo le buone maniere e introduciamo con ordine la scena di questo mese. 

Chicago Med 1×07 – Saints

Chicago Med è apparsa inizialmente come la serie più “indecisa” tra quelle che compongono il mondo del “One Chicago”, perché se Chicago Fire aveva rappresentato una novità su cui la serialità televisiva non si era ancora concentrata particolarmente, e Chicago P.D. invece rinnovava un genere ampiamente sviluppato ma di cui Wolf in primis è maestro, Chicago Med approdava in una realtà televisiva, quella dei medical drama, che per quanto abbia sempre il suo fascino, rischia di apparire pericolosamente “sterile”, non avendo molto da offrire che i grandi veterani del genere non abbiano già mostrato.

Quasi senza rendercene conto però, Chicago Med si è ritagliato con modestia e senza grandi aspettative il suo spazio originale e indipendente non solo nel genere medical ma anche nel panorama televisivo su cui si affaccia, riuscendo innanzitutto a sfruttare al meglio l’atmosfera tipica del franchising One Chicago, combinando perfettamente tensione, adrenalina, emotività e gioco di scenari interni ed esterni, caratteristica peculiare degli show ambientati a Chicago, e poi trovando anche una strada propria che permettesse alla serie di creare uno stile che meritasse di essere ricordato.

“But this I know for certain: whoever those people were or weren’t,
they absolutely understood the power of a simple act of human kindness.
Sometimes I think proof’s all around us.
You just got to remember where to look.”

La scena conclusiva del settimo episodio della prima stagione di Chicago Med ha la straordinaria capacità non solo di affrontare nel modo più realistico – e in parte anche cinico – possibile il confronto mai davvero risolto tra scienza e fede, intesa in senso umano più che religioso, ma riesce anche a concedere quell’unica risposta che forse sia i protagonisti della scena in questione che gli spettatori di Chicago Med cercavano, definendo proprio in questo modo la vera particolarità di questa serie.

April Sexton, seppure con una caratterizzazione a volte altalenante, rappresenta in Chicago Med l’esempio più luminoso e costante della dedizione e dell’impegno che un’infermiera riesce a infondere nel suo lavoro, un impegno che tante volte richiede un trasporto emotivo e personale anche maggiore di quello profuso dai medici. Nell’episodio di Chicago Med in questione però, l’ottimismo e la fiducia riposta nel prossimo, qualità in cui April ancora crede fermamente, subiscono una battuta d’arresta tanto forte da rischiare spegnere almeno in parte la fiamma della speranza che alimenta una donna come April.

È in quel preciso momento però, proprio quando il suo stesso lavoro le assesta una spinta tale da farle perdere l’equilibrio morale, che il dr. Daniel Charles, psicologo dell’ospedale, non solo riesce a rimettere in prospettiva la fede nell’umanità di April ma lascia a chiunque guardi questa scena di Chicago Med una sensazione di velato ottimismo, un quotidiano obiettivo che ci ricorda di scorgere, anche nei piccoli gesti ordinari, la prova più evidente dello straordinario potere di un’azione gentile.


Un momento del genere rappresenta forse il tipo di scena che spingerebbe i più cinici a tacciare la serie e chi la racconta di facile retorica ma in realtà la semplicità con cui questa lezione viene trasmessa in Chicago Med rende ogni singolo dettaglio di questa scena vero, intenso e giusto per il contesto in cui è nato ma soprattutto lo rende sempre valido, senza tempo. Le parole del dr. Charles, scritte per Chicago Med dalla sceneggiatrice dell’episodio Mary Leah Sutton, riescono a conciliare perfettamente l’antitesi scienza-fede, riescono a evidenziare la realtà empirica e ad accettarla anche quando più delude ma al tempo stesso ti offrono un altro punto di vista che riporta equilibrio lì dove stava venendo meno una certezza strutturale.

Anche la regia di questo episodio di Chicago Med, ad opera di Jann Turner, aiuta a veicolare il messaggio espresso dal dr. Charles, mostrandoci concretamente proprio quel diverso punto di vista che rimette in prospettiva i valori e le credenze di April, permettendole di guardarsi intorno e di capire di essere immersa in una realtà in grado di restituirle ogni giorno la speranza che a volte le porta via.

Il montaggio delle scene che raffigurano in fondo momenti di vita quotidiana del pronto soccorso del Chicago Med si sposa esattamente con ciò che il dr. Charles intendeva dimostrare, ossia che per quanto possa essere semplice perdersi nella silenziosa accettazione delle evidenti e travolgenti negatività che ci circondano, a volte basta davvero poco per ritrovare in questa stessa quotidianità un motivo per continuare ad avere fiducia, e altre volte basta anche meno per diventare quel motivo.


È con scene come questa che Chicago Med ha abbandonato quell’apparente anonimato in cui era nato affermandosi nella sua personalità più autentica ed essenziale.

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Rita Ricchiuti

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Rita Ricchiuti

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