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Doctor Who 11×04: Recensione – Una famiglia vera e propria

Il titolo del quarto episodio di Doctor Who non lasciava granché spazio all’immaginazione sulla trama principale e soprattutto sui suoi protagonisti. Ciò che questo episodio però ha realmente mostrato è l’autentico volto di questa nuova era della serie e in particolar modo la visione e la realizzazione di essa da parte del suo showrunner. Oltre l’evidenza dunque di una storia che presenta alti e bassi, Doctor Who porta in scena questa settimana la sua doppia anima, il suo maggiore punto di forza e la sua velata debolezza.

Il quarto episodio dell’undicesima stagione di Doctor Who rappresenta per il momento una tappa chiave per il percorso che la serie ha intrapreso, rivelatoria forse per il suo proseguimento ma certamente portatrice degli elementi strutturali di questa nuova era dello show e risultato di scelte e caratteristiche ben precise di chi ne tiene le redini.

Arachnids in the UK” si presenta dunque come una storia che valorizza e mostra la duplice anima di questa nuova era di Doctor Who: da una parte l’ottima caratterizzazione di stampo puramente drama dei protagonisti e delle relazioni principali e dall’altra la superficialità della componente sci-fi, dei suoi caratteri più originali e dello spessore delle sue potenzialità, un dualismo dunque che rende ancora una volta fin troppo evidenti le intenzioni che si celano alla base della creazione.

Doctor Who 11×04 – Team TARDIS

Questo quarto episodio di Doctor Who è in realtà “incorniciato” al principio e all’epilogo proprio da quel lato dello show che ancora rappresenta il suo maggiore punto di forza, vale a dire quella tradizionale, irrinunciabile e profonda caratterizzazione del legame che unisce il Dottore e i Compagni con cui spera di poter condividere le meraviglie, le assurdità e i rischi della sua vita.

Quando rivediamo Thirteen a inizio episodio, oltre il rocambolesco viaggio di ritorno a casa nel TARDIS – segnato inoltre dalla presentazione di un nuovo vortice temporale, piuttosto psichedelico ma che si sposa armoniosamente con le dolci note delle colonne sonore di Akinola – il suo modo di porsi nei confronti dei suoi Companion “per caso” e dell’imminente separazione che li attende la rendono più Dottore di quanto lo sia stata finora in questa undicesima stagione di Doctor Who perché recupera nel suo sguardo dimesso e sfuggente, nella sua nostalgia innocente e nel tacito desiderio di non lasciarli andare uno degli aspetti più essenziali del Dottore, ossia la paura della solitudine, una paura che in Doctor Who va ben oltre il semplice bisogno di compagnia e si afferma in realtà in una necessità quasi vitale per lei, la cui intera esistenza, seppure sia stata definita da continue perdite, si definisce ancora attraverso tutte le persone che ne fanno parte.

Fin dal suo esordio nella première di questa undicesima stagione di Doctor Who, il Tredicesimo Dottore si è rivelata diversa, soprattutto dalle sue due incarnazioni precedenti, proprio per quella decisa volontà di non essere sola, cercando continuamente un rapporto umano, un lavoro di squadra, un’avventura da condividere con chiunque fosse pronto ad accettarla, pur sapendo di essere destinata a perderli. All’inizio del suo percorso in Doctor Who, Thirteen si è quasi imposta nella vita di Ryan, Yaz e Graham perché in qualche modo sentiva di appartenere a loro in questo momento della sua esistenza. Ma adesso, adesso che il caso (o il TARDIS) ha smesso di giocare con i loro piani e li ha riportati a casa, Thirteen si rivela Dottore proprio come tutti i suoi volti precedenti e non trova il coraggio di chiedere ai suoi nuovi compagni di restare con lei e rischiare il loro futuro (e anche il loro passato) per non lasciarla sola.

Ciò che anche Yaz, Ryan e Graham però hanno bisogno di capire e accettare nel corso di questo quarto episodio di Doctor Who è che anche loro non sono più disposti a rinunciare al Dottore, a rinunciare a una persona che rappresenta per ognuno di loro la risposta a un bisogno che non avevano neanche il coraggio di ammettere apertamente. La caratterizzazione di questo legame simbiotico diventa non solo il cuore di questo episodio ma anche l’aspetto migliore di questa nuova era di Doctor Who perché ne recupera almeno un elemento essenziale, vale a dire quella necessità profondamente umana di fuggire: dalla solitudine (il Dottore) dall’ordinarietà, della vita di tutti i giorni (Ryan e Yaz), dai ricordi che feriscono (Graham), la necessità di trovare qualcuno a cui appartenere senza condizioni, il bisogno di abbandonarsi a una realtà diversa, senza confini.

Il finale del quarto episodio di Doctor Who quindi si ricongiunge proprio al suo esordio, con un Dottore che preferisce comunque spezzarsi nuovamente il cuore pur di sapere al sicuro le persone che ama e con i suoi Companion che invece preferiscono non essere al sicuro pur di restare al suo fianco e di accompagnarla ovunque lei voglia condurli.

 

Doctor Who 11×04 – Una famiglia vera e propria

Un altro aspetto strettamente collegato a quello appena espresso e che questo episodio di Doctor Who ha reso evidente è proprio il contrasto tra la “proper family” di cui parla il padre di Ryan nella sua lettera, una famiglia “vera e propria” definita da leggi biologiche, e quel gruppo di appartenenza che ognuno di noi sceglie e da cui, se ha fortuna, viene scelto.

Tutti e tre i Companion hanno avuto modo e tempo infatti, durante tutto l’episodio di Doctor Who, di fare i conti con questa realtà, di ritrovare, tramite una lettera, un ricordo fin troppo vivo e un ritorno a casa, la famiglia da cui provengono, quella che hanno perso e quella che in fondo non hanno mai conosciuto. Il lutto a cui Graham in un certo senso è stato quasi strappato dopo il funerale di Grace adesso torna a farsi sentire insistentemente, lo immobilizza, lo intrappola in una casa vuota vissuta esclusivamente da rimpianti. Allo stesso modo, Ryan entra in contatto con una famiglia che non ha mai davvero rispettato questo titolo, nelle forme di un padre ancora assente che adesso si appella al DNA per riappropriarsi di qualcosa o qualcuno che non gli appartiene.

La famiglia di Yaz che Doctor Who finalmente presenta in questo episodio è invece squisitamente domestica e ordinaria, una famiglia come tante, alle prese con problemi quotidiani, piccoli litigi e routine ripetitive, ma anche una famiglia presente, unita, da non dare per scontata proprio perché speciale nella sua semplicità. Ma pur riconoscendo la sua fortuna nell’essere circondata da persone che anche nella loro quotidianità più noiosa a volte rappresentano comunque la sua rete sicura, tornando a casa Yaz capisce proprio di dover andare via, di dover cercare la sua strada e di volerlo fare nella vita che il Dottore le offre, al suo fianco e con Ryan e Graham, una famiglia che nessuno di loro ha visto arrivare e che si rivela sempre più giusta.

Doctor Who 11×04 – Invasione di ragni … e di politica

Di ritorno dall’Alabama di Rosa Parks, dove la componente sci-fi di Doctor Who non era ciò che più contava nell’episodio, la serie si ritrova ad affrontare quello che appare ora come una problematica comune di questa stagione finora, ossia la superficialità dell’aspetto puramente fantascientifico dello show.

Partendo da questo episodio in particolare e riprendendo in esame anche i primi due dell’undicesima stagione di Doctor Who, diventa evidente quanto il background creativo dello showrunner Chris Chibnall rappresenti la chiave di lettura di questo aspetto della serie, poiché se il lato prettamente “drama” della storia e soprattutto della caratterizzazione dei personaggi è sempre preciso e quasi impeccabile, la trama sci-fi dell’episodio si rivela ancora una volta sottotono e priva di motivazioni di spessore che ne sostengano il peso. L’invasione dei ragni giganti non presenta, oltre dei realistici effetti speciali, una base narrativa solida che ne giustifichi l’esistenza e l’inquinamento dovuto a una discarica abusiva non basta come espediente per spiegarne l’origine, non in una serie come Doctor Who.

Risulta ancora troppo esplicito l’intento educativo della storia che adesso comincia ad apparire a tratti forzato mentre i riferimenti politici non lasciano certamente spazio a interpretazioni [per fare un esempio, anche nella decima stagione di Doctor Who si fa menzione di Donald Trump ma in maniera più sottile e ironica, con Bill che lo definisce “orange”]. La guest star per eccellenza, Chris Noth, non fallisce nella straordinaria presenza scenica e il suo Robertson è un villain reale, concreto, di quelli che vediamo e incontriamo tutti i giorni, ma nella sua avidità senza scrupoli rivela anche aspetti stereotipati della sua caratterizzazione, come nella banale equazione Americani = Amanti delle armi.

A parità di screentime tra guest star, emerge maggiormente in questo stesso contesto di Doctor Who il personaggio di Najia, una donna intelligente, indipendente e sveglia ma anche una mamma tradizionale, un po’ invadente soprattutto nei confronti della vita sentimentale di sua figlia (ha ipotizzato una storia sia con il Dottore che con Ryan, rimanendo delusa dalla risposta in entrambi i casi).

Anche la conclusione della storyline orizzontale che Doctor Who porta in scena manca d’incisività mentre alcuni dettagli vengono lasciati in sospeso, come lo smaltimento della discarica e le sorti dello stesso Robertson, minaccia per la società e l’umanità che in passato non sarebbe rimasta a piede libero.

In definitiva, questo quarto episodio di Doctor Who mostra chiaramente il dualismo di questa nuova era della serie, un dualismo che ora va anche oltre l’evidente e comprensibile rivoluzione interna e rivela invece una momentanea debolezza che può ancora avere tempo e possibilità di esplorare nuove potenzialità. Standing ovation per il ritorno della carta psichica!

Doctor Who: Arachnids in the UK - 11x04
7 Reviewer
4 Users (2 voti)
Pro
Ancora ottima la caratterizzazione dei personaggi e dei rapporti che intrecciano. C'è spazio per ognuno di loro nella rispettiva individualità e nei legami con gli altri. Thirteen incarna perfettamente l'essenza del Dottore e della sua sensibilità. Emozionanti la scena iniziale e quella conclusiva.
Contro
Risulta ancora superficiale la componente sci-fi della storia lasciata spesso in sospeso e senza delle motivazioni profonde che reggano gli eventi. Troppo evidente l'intento educativo.
Conclusioni
Doctor Who porta in scena un buon episodio con alti e bassi ma allo spessore drammatico delle caratterizzazioni dei protagonisti non corrisponde una storia tridimensionale.
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Rita Ricchiuti

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