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Doctor Who 11×06: Recensione – La celebrazione della diversità

Il sesto episodio dell’undicesima stagione di Doctor Who si allinea allo stile e all’ambientazione storico-sociale del terzo atto, tornando nel passato ma soprattutto abbracciando una nuova tematica morale che pone Yaz e il suo background etnico al centro di una storia che non soltanto riprende uno dei dilemmi più originali per un Companion a bordo del TARDIS ma soprattutto esula nuovamente dai confini della trama per affermarsi nei suoi intenti educativi e sociali.

Non tutti forse sanno che questa stagione di Doctor Who ha rivoluzionato, tra i tanti aspetti, anche la modalità di effettiva stesura degli episodi, introducendo infatti nello staff della serie l’organizzazione di stampo statunitense della Writers Room, vale a dire con un’impostazione del lavoro e delle storie generali che compongono la stagione maggiormente collettiva ma che presenta anche un’individualità variegata e soggettiva più evidente, per cui ogni sceneggiatore di Doctor Who da un lato partecipa attivamente e collettivamente al processo creativo della stagione ma dall’altro influenza l’episodio di cui si occuperà personalmente con uno stile proprio.

In passato, gli scrittori che partecipavano alla stesura di Doctor Who erano considerati più collaboratori freelance che parte di un vero e proprio team ma nonostante tutti loro impostassero i rispettivi episodi con la propria impronta creativa, la stagione appariva sempre coerente con un’idea o almeno un mood di base che percorreva tutte le storie e le univa in un’atmosfera comune.

Episodi come “Demons of the Punjab” evidenziano perfettamente i punti di forza e di debolezza di questo nuovo sistema di suddivisione del lavoro in Doctor Who, che si possono riassumere probabilmente in due caratteristiche fondamentali: la celebrazione della varietà e della diversità delle storie e il continuo capovolgimento di stili e impostazioni della stagione finora.

Il sesto episodio dell’undicesima stagione di Doctor Who, dall’essenza puramente drama proprio come “Rosa” e proprio come nelle storie migliori di questa stagione, risplende principalmente nelle intenzioni e nella varietà degli scenari e delle storie raccontate. Portatore, esattamente come Malorie Blackman, co-scrittrice del terzo episodio, di un background etnico e storico-sociale che diventa protagonista dell’episodio da lui scritto, lo sceneggiatore Vinay Patel rappresenta una delle migliori testimonianze di una stagione votata al cambiamento, in cui non sempre i risultati equivalgono gli obiettivi, ma che sembra voler riscoprire e celebrare in questo modo una diversità di cui in fondo Doctor Who non è mai stato davvero mancante.

Demons of the Punjab” racchiude e soprattutto elogia un’ambientazione storica e uno scorcio di società e di cultura indiana in maniera delicata e intensa al tempo stesso, incorniciando la sua trama e i suoi intenti in una regia emozionante accompagnata da una colonna sonora caratteristica che ti permette di immergerti totalmente in quel passato che Doctor Who vuole mostrarti, in quella storia che vuole ricordarti, una storia che appare quasi “di nicchia” e che invece si rivela straordinariamente universale.

Ma proprio questo aspetto così unico e identificativo di questo episodio di Doctor Who rappresenta anche l’ennesima prova di quanto l’undicesima stagione mostri al momento un’anima direi quasi “antologica”, fin troppo auto-conclusiva e anche slegata totalmente da ciò che precede e che segue.

La celebrazione della diversità però non ha costituito solo la base di partenza dell’episodio bensì la sua essenza più profonda, attraverso un racconto di separazioni e di accettazione che per Doctor Who è sempre stato il miglior cavallo di battaglia.

Doctor Who 11×06 – Confini e Barriere

In quest’ultimo episodio di Doctor Who, Yaz si ritrova ad affrontare uno dei più antichi dilemmi di un Companion, lo stesso che aveva vissuto anche Rose Tyler nella prima fase della sua vita con il Dottore, ossia cedere o meno alla tentazione di esplorare il proprio passato, conoscere o rivedere familiari perduti o come in questo caso, imparare da una storia avvolta nel mistero. Alla ricerca delle sue origini dunque, Yaz conduce il Dottore, Graham e Ryan non solo agli esordi della sua famiglia ma anche in un periodo storico che segna una separazione, umana più che geografica, un momento catartico come la Partizione dell’India che divide un popolo, che annienta la pace e l’armonia nella convivenza delle diversità e che trasforma il volto di un fratello in quello di un nemico.

Quella che nasce quindi come la storia di un Companion, diventa come da consuetudine in Doctor Who la storia di un popolo, la storia di un’umanità che entra in guerra con se stessa, che non impara mai dal proprio passato e che cede facilmente al richiamo d’odio, alla violenza, al rifiuto di ciò che è differente anche dopo aver vissuto una vita intera accanto all’amico che adesso combattiamo.

I protagonisti di questo episodio di Doctor Who, Prem e Umbreen, si rivelano, nel loro amore ma anche nell’individualità delle loro scelte e delle loro parole, portatori di speranza e soprattutto di coraggio nel respingere i confini e le barriere che provano a dividerli, diventano custodi di differenze sociali e religiose che abbracciano e condividono, armonizzandole in un’unione che supera ogni ostacolo e ogni separazione.


Ciò che Doctor Who ha portato in scena questa settimana non è solo un’importante storia personale per Yaz, la cui caratterizzazione però sembra a tratti ancora “trattenuta” e non esplorata pienamente in tutto il suo potenziale, ma una lezione che purtroppo ancora oggi non è stata davvero capita e appresa e che ci mostra con cinica evidenza quanto i muri e le barriere rappresentino la fine dell’umanità.

Doctor Who 11×06 – Custodi del passaggio

Tra gli aspetti positivi di quest’ultimo episodio di Doctor Who, emerge con sicurezza la componente aliena, la migliore dall’inizio della stagione poiché finalmente alimentata da una storia e da uno spessore drammatico tridimensionale.

La rivelazione dell’effettiva natura pacifica dei Thijariani non solo apre uno scenario completamente nuovo nelle dinamiche dell’episodio in quanto mostra l’effettivo volto del nemico, un nemico umano, un nemico fraterno, ma soprattutto reinventa in maniera emozionante la missione di questi alieni, celebri per essersi affermati nell’universo come spietati assassini ma vittime a loro volta di un atroce destino che ha distrutto il loro intero pianeta senza concedergli la possibilità di dire addio alla loro gente. Così, da portatori di morte, i Thijariani ne diventano testimoni silenti, custodi degli ultimi istanti di vita di anime sole su cui nessuno veglia, di cui nessuno sopporta il dolore per la perdita.

In quella che si afferma come la migliore caratterizzazione sci-fi di tutta l’undicesima stagione di Doctor Who finora, i Thijariani danno vita a una parentesi emozionante, intensa, che racchiude tutta l’umanità che gli uomini stessi sembrano aver smarrito proprio in questa storia.

Questa stessa drammatica poesia che circonda e avvolge la missione dei Thijariani sembra richiamare la funzione delle “memorie” di vetro della Testimonianza che lo speciale natalizio “Twice Upon A Time” ha portato in scena nell’episodio che ha segnato in Doctor Who la fine dell’era di Steven Moffat e di Peter Capaldi. Anche in quel caso infatti, lo scopo ultimo di questa presenza era proprio quello di accompagnare un’anima alla fine del suo viaggio, di rendergli lieve il passaggio attraverso i volti che più avevano allietato la sua vita, ma in quell’episodio colui che doveva affrontare il suo ultimo atto era proprio il Dodicesimo Dottore.

Quest’ultimo episodio di Doctor Who ha reso evidente dunque quanto al momento la stagione non abbia un’identità unitaria e presenti invece un percorso altalenante e privo di un filo conduttore ma “Demons of the Punjab” rappresenta anche il primo esempio in cui una profonda e ben sviluppata componente sci-fi collabora all’evoluzione drammatica della narrazione, in cui confluiscono anche la regia e la colonna sonora. È interessante inoltre ritrovare il Dottore per la seconda volta in questa stagione di Doctor Who di fronte a eventi immutabili della storia, che la costringono a voltare le spalle alle ingiustizie e a tacere di fronte a ondate di violenza e di odio.

Doctor Who: Demons of the Punjab - 11x06
8 Reviewer
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Pro
Ottima finalmente è la caratterizzazione degli alieni, emozionante e di spessore. La diversità degli scenari rende l'episodio caratteristico e la regia e la musica collaborano per questo obiettivo. Intensa è la trama, la sua origine e la sua evoluzione.
Contro
Si tratta di un episodio autoconclusivo, distante dallo stile del precedente e del successivo. Yaz non abbraccia ancora a pieno il suo potenziale
Conclusioni
È un episodio con una personalità definita, che ha raccontato una storia difficile da riassumere anche in 50 minuti ma che è stata lineare, intensa, significativa. La componente drama e quella sci-fi collaborano perfettamente per la prima volta.
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Rita Ricchiuti

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