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Dollhouse: 5 colpi di scena che l’hanno resa una serie geniale – Gogo Retrò

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Avete presente quella sensazione di travolgente sorpresa che porta con sé un colpo di scena ben riuscito? Per il secondo appuntamento della rubrica settimanale di Gogo Magazine dedicata alle serie tv del passato, vi raccontiamo una serie che ha fatto di questa componente sorprendente il suo geniale marchio di fabbrica: siamo nel 2009 e la serie è Dollhouse.

La scorsa settimana abbiamo impostato le coordinate del nostro viaggio nel passato seriale in direzione 2002, riscoprendo con sguardo contemporaneo e consapevole la breve avventura puramente sci-fi di Firefly, il cui percorso terminò dopo una sola stagione (e un successivo film a distanza di sei anni) ma le cui influenze nel genere di riferimento si notano ancora oggi nelle serie tv che si sono sviluppate in seguito. Restando dunque nello stesso universo, per la precisione quello di Joss Whedon, torniamo indietro nel tempo di nove anni e approdiamo nella realtà altrettanto sfortunata di Dollhouse.

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Composta infatti solo da due stagioni, Dollhouse ha affrontato un destino avverso e incomprensibile proprio come Firefly pur possedendo un’idea di partenza assolutamente innovativa e originale non soltanto per il periodo in cui è andata in onda ma anche in rapporto alle serie tv contemporanee. La realtà mostrata in Dollhouse, il ritratto dell’umanità che Joss Whedon porta in scena nella serie sono a dire il vero anche piuttosto antesignani di alcuni degli aspetti più caratteristici delle serie tv più riconosciute dalla critica oggi, come Black Mirror e Westworld, e intendono mostrare senza troppi filtri quanto lo sviluppo tecnologico si sviluppi di pari passo alla decadenza morale dell’umanità, i cui desideri più vengono soddisfatti dal progresso tecnologico, più si rinnovano cercando la realizzazione delle fantasie più recondite.

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Dollhouse è una serie profondamente psicologica, che senza troppi preamboli e senza particolari eccellenze strumentali, ha affrontato a viso aperto tematiche come l’oggettivazione del corpo, la misoginia, la violenza sulle donne, il sessismo, la superba supremazia intellettuale e il controllo della mente dapprima con il potere politico e classista e in seguito letteralmente con le tecnologie avanguardiste. La realtà di Dollhouse è una realtà che guarda al futuro con brama di realizzarlo e conquistarlo nel presente con qualunque mezzo, è una società vissuta e guidata da una classe di potere narcisista ed elitaria in grado di attuare la peggiore delle distopie.

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In quanto prodotto televisivo seriale, Dollhouse è uno show che al concept di partenza lascia seguire una realizzazione sullo schermo precisa, originale, rivoluzionaria, con una caratterizzazione dei personaggi psicologica e attenta e un’evoluzione delle storie graduale e completa nonostante il breve arco di tempo a sua disposizione per uno sviluppo tridimensionale. L’intera produzione di Dollhouse, costruita totalmente nel whedonverse (il creatore Joss Whedon viene infatti affiancato da Jed Whedon, Maurissa Tancharoen e dalla protagonista stessa Eliza Dushku), è impeccabile nel suo microcosmo ma la costante attenzione riservata all’aspetto propriamente thriller della serie rende Dollhouse uno show adrenalinico in grado di sorprendere per tutta la durata del suo percorso.

Per questo motivo state bene attenti agli spoiler se non avete ancora guardato Dollhouse perché stiamo per presentarvi i 5 colpi di scena più assurdi e straordinari della serie.

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5. Dollhouse: il “risveglio” di Mellie

Se c’è una lezione che “La Femme Nikita” ha lasciato in eredità è che non bisogna mai fidarsi della cordiale e dolce vicina di casa. Memore di questo insegnamento e riconoscendo in Dollhouse una simile ambientazione di partenza che richiama facilmente l’organizzazione della Sezione Uno o di quella che in seguito sarebbe stata la Divisione, c’era da aspettarsi fin dal principio che Mellie non fosse esclusivamente una vicina di casa con una cotta evidente (e giustificata) per l’agente dell’FBI Paul Ballard, la cui quotidianità era già circondata da “attivi” provenienti dalla Dollhouse che cercava di scovare.

Ciò che ha davvero sorpreso della storia di Mellie non era quindi la sua natura di “doll”, affiancata a Paul proprio come Victor con l’intento di supervisionarne le mosse, ma la sua “doppia” programmazione di agente dormiente: determinata, precisa, letale. Geniale è stata anche la modalità della rivelazione, in un momento della storia in cui Mellie cominciava quasi a convincere nella sua innocente interpretazione e la moralità di Adelle DeWitt, a capo della Dollhouse, appariva ancora più deviata e meschina di quanto si immaginasse. Ma in un singolo istante, le dinamiche della scena e dei protagonisti coinvolti si capovolgono improvvisamente e mentre la vittima diventa l’esecutore, una missione omicida si trasforma in una condanna a morte.

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4. Dollhouse: la rivelazione di Alpha

Fin dal primo episodio, Dollhouse presenta indirettamente ma con cadenza costante, una figura misteriosa che prende forma lentamente senza neanche comparire in scena. Ma quando succede, quando finalmente Dollhouse è pronto per introdurre un tale protagonista silenzioso, la rivelazione ti colpisce senza preavviso e ti immobilizza nella sorpresa. Il modo in cui è stato gestito l’arrivo di Alpha, l’“attivo” che era stato in grado di creare una propria personalità custodendo anche tutte quelle che gli erano state impiantate, è da manuale poiché nasconde in primo piano quel personaggio così tanto atteso da continuare a cercarlo nell’ombra anziché riconoscerlo alla luce del sole.

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La personalità di Stephen Kepler che Alpha assume per ingannare Paul Ballard e rientrare alla Dollhouse è stato uno dei depistaggi più riusciti della serie, corredato anche da una scelta di casting che non solo riporta nel whedonverse un volto familiare come quello di Alan Tudyk ma sposa anche perfettamente la necessità narrativa di ingannare la mente tramite un’apparenza banale e infantile per impedire di intravedere la diabolica realtà.

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3. Dollhouse: Adelle ha organizzato l’attacco alla Rossum Corporation

In seguito alla débâcle causata da Alpha e alla crescente indipendenza della personalità di Echo, la Dollhouse di Los Angeles perde progressivamente il controllo sulle attività dei suoi agenti, spingendo le personalità più potenti alle spalle dell’organizzazione a prenderne le redini dalle mani di Adelle DeWitt. La reazione di una donna orgogliosa e sicura di sé come Adelle che si ritrova improvvisamente ad occupare una posizione subordinata in una gerarchia maschilista poteva risolversi solo in due modi: una maggiore e disumana gestione della Dollhouse o una sottile risposta vendicativa mirata nei confronti dei vertici dell’organizzazione.

Non ha certamente sorpreso osservare Adelle intraprendere la prima strada e mettere in stand-by una moralità di base già ampiamente compromessa, culminando nella decisione di rinchiudere Echo in una prigione virtuale e mentale collegata al mainframe dell’organizzazione che ha creato la Dollhouse; assolutamente sconvolgente invece è stata la rivelazione del suo radicato doppiogioco e della sua decisione di sferrare alla Rossum Corporation un attacco decisivo e letale, collaborando proprio con Echo e con gli agenti “attivi” della Dollhouse.

La particolarità del colpo di scena in questione consiste principalmente proprio nella caratterizzazione superba di un personaggio come quello di Adelle DeWitt, una donna che lentamente nella seconda stagione comincia a riconoscere la natura delle proprie azioni amorali e l’illusorietà del suo potere, giungendo progressivamente alla consapevolezza di dover radere al suolo il suo stesso regno.

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2. Dollhouse: la verità sull’identità della dott.ssa Saunders

Uno dei ruoli chiave di Dollhouse nonché uno dei più affascinanti e custode di una caratterizzazione psicologica in continua evoluzione è quello di Claire Saunders, supporto medico della Dollhouse e dei suoi “actives”. Già con queste premesse infatti, il personaggio di Claire Saunders, interpretato magnificamente da Amy Acker, presentava un background e un potenziale evolutivo straordinari. Ma la rivelazione dell’effettiva identità di Claire e del suo intenso legame con Alpha rappresenta uno dei capovolgimenti di fronte più inaspettati, assurdi e brillanti portati in scena da Dollhouse.

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La particolarità della scoperta della natura da “active” di Claire, conosciuta con il nome di Whiskey, e della sua transizione da prima ossessione di Alpha a principale vittima della sua follia, sta nel modo in cui la caratterizzazione del personaggio è stata sviluppata in seguito alla rivelazione, poiché la programmazione di Claire Saunders, gestita come di consuetudine da Topher, presenta, similmente ad Alpha e ad Echo, spunti di indipendenza emotiva e psicologica che esulano dalla personalità impiantata artificialmente e la rendono dunque più tridimensionale di quanto lei stessa riesca ad accettare.

La crisi d’identità che inevitabilmente colpisce Claire in seguito alla conoscenza della sua natura rappresenta un’eccellenza nella caratterizzazione presentata da Dollhouse e uno dei colpi di scena migliori dell’intera serie.

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1. Dollhouse: la rivelazione del vero volto di Boyd

Da questa rivelazione, personalmente, non mi sono ancora ripresa. La reale identità di Boyd è stata probabilmente l’ultimo sconvolgente colpo di scena presentato da Dollhouse, lasciato alle porte del finale quando ormai gli schieramenti sembravano stabiliti e la lealtà dei personaggi appariva finalmente come una tanto attesa certezza. Scoprire il vero volto di Boyd come uno dei fondatori della Rossum Corporation e del progetto Dollhouse rimette inevitabilmente in prospettiva tutto il suo percorso, tutte le volte in cui il suo affetto per Echo sembrava l’unico aspetto autentico della storia, e rende in ultimo evidente quanto deviata e distruttiva fosse la mentalità alla base della Rossum Corporation.

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Machiavellico e strategico, Boyd si rivela nella sua reale identità come il più geniale dei villain della storia di Dollhouse, non solo per il suo obiettivo di partenza ma soprattutto per la concretezza di quella maschera che ha saputo indossare fino all’ultimo atto di un’apocalittica rappresentazione.

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Sottovalutato e geniale, Dollhouse si è rivelato, nella sua breve esistenza, un esempio brillante dell’originalità delle storie del whedonverse, nato dalla mente inarrestabile di Joss Whedon ma sviluppato in ogni aspetto anche da Jed Whedon e Maurissa Tancharoen, creatori di Agents of SHIELD.

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