Recensione

Sex Education 2, Recensione: tante risate e poco altro

La terza serie più vista su Netflix Italia torna con una seconda stagione ancora più femminista, estroversa e divertente: ma non è tutto oro quello che luccica

Sex Education è una di quelle serie televisive che sembrano piacere a tutti: uomini e donne, giovani e adulti. La prima stagione venne osannata, durante le prime battute del 2019, soprattutto per via di quella che molti definirono come una rappresentazione accurata (per lo meno a tratti) del rapporto tra gli adolescenti e il mondo del sesso, oltre che per la generale bontà della storia scritta dalla talentuosa Laurie Nunn.

La domanda quindi, dopo aver visto altri 8 episodi e analizzato in maniera quanto più accurata possibile l’evoluzione dei personaggi nella seconda stagione, non può che essere la seguente: il sequel è all’altezza dell’originale? La risposta, dopo ore e ore di ripensamenti, è no.

La seconda stagione di Sex Education non è mai superiore alla prima in quanto a semplice intrattenimento, ne tantomeno regge il confronto se la si analizza sul fronte maggiormente “didattico”. Nonostante tutto però, la serie riesce a trattare tematiche complesse e a smuovere la storia quel tanto che basta per renderla interessante. Di seguito esamineremo passo per passo i principali punti deboli e le migliori qualità di Sex Education 2. Seguono spoiler sulla completa seconda stagione.

Nuova stagione, stessi problemi

Sex Education 2 ha quattro gravissimi problemi. Il primo è onnipresente sin dalla prima stagione e diventa velocemente stancante, mentre gli altri derivano da vari problemi di scrittura, caratterizzazione dei personaggi e da una generale volontà di allungare il brodo.

Il primo dei quattro problemi è visibile sin dai primi minuti del primo episodio, quando lo spettatore si trova di fronte ad un montaggio tanto imbarazzante quanto surreale. Otis, dopo aver finalmente risolto il suo problema legato alla pratica dell’autoerotismo, inizia a praticare il suo nuovo “hobby” in qualsiasi istante della giornata, finendo per trovarsi più volte in situazioni tragicomiche. Questa visione assolutamente paradossale e smoderata delle pratiche sessuali viene ripetuta all’inizio di ognuno degli otto episodi di Sex Education 2, finendo per strappare sì qualche risata allo spettatore, ma rovinando anche alcuni momenti che avrebbero richiesto maggiore serietà.

L’estenuante allontanamento dalla realtà è un problema che, come detto precedentemente, ricorre sin dalla premiere della scorsa stagione. Il campus in cui tutti sono così favolosamente britannici (dall’accento al senso dell’umorismo) che sembra però uscito direttamente dalla peggior commedia americana (gli armadietti nei corridoi, l’eccessiva importanza delle competizioni sportive, i party in casa), il fatto che ogni personaggio venga eccessivamente stereotipato in modo da rientrare nelle varie sottocategorie (il bullo, il fighetto, il genio) tipiche delle rom-com, o più semplicemente che ognuno sembri essere autorizzato a poter fare quello che gli pare.

Quando tutto questo porta a cinque minuti consecutivi di masturbazione compulsiva o a persone che si soffocano mentre fanno sesso è molto semplice vederne il lato più buffo, ma la situazione cambia radicalmente quando, dopo aver visto Jackson piangere, disperarsi e addirittura fratturarsi una mano pur di realizzare il suo sogno, il musical finale si trasforma in una imbarazzante rivisitazione pornografica di Romeo e Giulietta.

Una grande serie deve essere in grado di scindere il momento più leggero da quello in cui si vuole inviare un messaggio al pubblico, pena la confusione più totale. La sceneggiatrice Laurie Nunn da questo punto di vista sembra non aver fatto grandi passi in avanti, visto che continua a forzare l’ironia nelle scene più importanti, chiedendo però al pubblico di cogliere ugualmente il messaggio.

La sofferenza della storia

Per quanto riguarda la trama, Sex Education 2 riprende esattamente dall’interruzione dello scorso gennaio, ovvero dal bacio tra Otis e Ola e dalla confusione di Maeve, ancora una volta costretta a confrontarsi con i suoi sentimenti per il protagonista e con un grave problema legato alla mancanza di fiducia. Una promessa sul piatto intrigante, che non viene però interamente sviluppata.

I migliori momenti di Sex Education 2 sono quelli dove il rapporto tra i due protagonisti subisce un qualsiasi tipo di sviluppo, che si tratti di una confessione o di un imbarazzante monologo da ubriaco durante una festa. Otis e Maeve tuttavia passano pochissimo tempo l’uno con l’altra, finendo per confrontarsi maggiormente con i problemi familiari.

Il secondo grande problema di questa stagione è che la trama si muove poco, e solo negli ultimi due episodi. I due protagonisti si confessano l’un l’altro, seppur in maniera molto differente, ma non presentano alcun tipo di crescita personale. Gli unici a cambiare profondamente sono Ola, diventata bisessuale nella maniera più casuale immaginabile, Jackson, il cui percorso di evoluzione sembra aver finalmente portato ad un risultato, e Adam, finalmente in grado di confrontare i suoi demoni interiori. Sempre a questo proposito, rimane poco chiara l’utilità del percorso militare abbozzato dal figlio del Preside nei primi due episodi.

La storia di Sex Education soffre soprattutto perché gli sceneggiatori sembrano restii nel dare qualcosa ai propri fan. Tutti i momenti più interessati sembrano essere stati tagliati un minuto prima del dovuto e il finale è un vero e proprio colpo basso. Il personaggio di Isaac oltretutto non aggiunge mai qualcosa alla storia, e finisce per sembrare un semplice espediente utile ad allungare il brodo. Dopo aver atteso un anno per vedere 8 episodi era lecito aspettarsi qualcosa di più.

L’importanza del messaggio

I primi due problemi sono opinabili, mentre gli ultimi due no. Sex Education infatti compie il primo, grande passo indietro quando cerca di insegnare qualcosa.

Il format della prima stagione era molto semplice. Un ragazzo o una ragazza avevano un problema, Maeve prendeva l’appuntamento e Otis cercava di risolverlo analizzando la situazione con gli interessati. La formula funzionava perché consentiva di trattare temi importanti focalizzando l’attenzione su un caso per volta.

Nel corso della seconda stagione è invece la madre di Otis, Jean, ad occuparsi dei problemi degli studenti, ed il risultato è disastroso. La volontà degli autori di trattare tanti temi si riflette sulla qualità degli interventi di Jean, che finisce spesso per elargire consigli che variano tra l’abbozzato e l’assurdo. In un episodio una ragazza di presenta di fronte alla sessuologa, esponendo così il suo problema: “Non credo che mi interessi il sesso. Lo vedo come se fosse un grande banchetto, ma quando me lo trovo di fronte non ho fame“. Il parere della professionista, dopo circa dieci secondi di riflessione e senza che venga posta una domanda in più, è che la ragazza è asessuale.

L’integrazione di personaggi dai differenti gusti sessuali è rilevante, specie in una serie che basa le proprie fondamenta su questo tema. L’introduzione deve però essere graduale. Non si può introdurre un fetish esagerandone in maniera così netta la rappresentazione, un personaggio asessuale con una frase o  un problema di masturbazione con una scena di neanche cinque secondi. La prima stagione trattava un tema per volta in maniera seria e costruttiva, mentre la seconda rinuncia all’espediente didattico pur di buttare sul carro qualsiasi cosa venga in mente.

Il politicamente corretto di Netflix è poi preponderante in Sex Education, a tratti quasi asfissiante. La serie spinge costantemente su temi come l’inclusione, la rappresentazione delle minoranze, il femminismo, la violenza sessuale e l’omofobia, scegliendo però troppo spesso metodi eccessivamente convenzionali per esprimersi. Non aiuta a questo proposito quello che definiamo come “quarto problema”, ovvero la presenza di un’eccessiva mole di stereotipi. Al di fuori della sottotrama di Aimee, in cui la ragazza si ritrova costretta ad affrontare un episodio di violenza ricorso sull’autobus, tutte le tematiche vengono affrontare in maniera sdoganata e noiosa, risultando più ridondanti che istruttive.

I personaggi in Sex Education sono dei cartonati, monodimensionali e completamente prevedibili. I cambiamenti sono spesso bruschi e netti, con personaggi che passano dall’eterosessualità alla bisessualità in un battito di ciglia o dal sicuro di se allo sconvolto in pochi secondi. Senza una scala di grigi risulta poi molto semplice distinguere i “buoni” (Otis, Aimee) dai “cattivi” (Mr. Groff, Isaac) e leggerne in anticipo il comportamento.

Verdetto finale

Sex Education 2 è un sequel cosciente dei propri punti di forza, ma a tratti troppo ambizioso. La storia d’amore tra Otis e Maeve viene temporaneamente rimandata a favore di una meno interessante analisi su alcuni personaggi secondari e suoi rapporti familiari dei due protagonisti. Dal punto di vista prettamente “didattico” la serie osa troppo e finisce per introdurre decine di diverse devianze sessuali senza mai soffermarsi seriamente su una di queste. La seconda stagione della storia di Laurie Nunn risulta comunque divertente e appassionante, nonostante non riesca mai a raggiungere le vette sfiorate dalla prima parte.

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Pro
Esilarante se ne si apprezza la comicità -- Rimane unica nel suo genere
Contro
Meno intrigante della prima parte -- Temi sessuali poco approfonditi -- Finale da dimenticare
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Alessandro Digioia

26, studente universitario presso il Campus Luigi Einaudi di Torino. Scrivo occasionalmente di sport, cinema, videogiochi, musica e attualità.

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