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The Handmaid’s Tale: cosa ci attrae di una serie dominata da tanta brutalità?

The Handmaid’s Tale: una riflessione sui meccanismi che attraggono così tanto il pubblico nonostante si tratti di una serie basata su tanta brutalità.

Bisogna ammetterlo, guardare The Handmaid’s Tale non è certo uno svago o un momento di frivolo intrattenimento televisivo. Al contrario, si tratta di uno sforzo, psicologico e fisico. Di una volontà di tuffarsi in una realtà difficile da concepire, dura da sopportare e spesso impossibile da digerire.

Iniziare un episodio della serie Hulu basata sul romanzo di Margaret Atwood è un atto di masochismo ma allo stesso tempo, possiamo dire, di fede. Fede nella profondità dei contenuti trattati, fede nella possibilità di introspezione, fede in un imprescindibile esame di coscienza. Ma soprattutto in un necessario atto di consapevolezza.

E alla presa di coscienza segue sempre una giusta ribellione, che è proprio ciò che i produttori della serie, così come la stessa Margaret Atwood vogliono suscitare. Pertanto noi guardiamo The Handmaid’s Tale per essere consapevoli e allo stesso tempo ribelli. Lo facciamo per conoscere il problema alla sua radice, per sviscerare le lacune di una società che sta cadendo a pezzi e vivere le conseguenze in prima persona, anche se attraverso uno schermo. Noi spettatori amiamo The Handmaid’s Tale per la sua totale brutalità, perché al mondo d’oggi, dove tutto appare nella sua finta perfezione estetica, abbiamo bisogno di imperfezione, violenza, fastidio per poter scegliere di agire per evitare il declino della libertà e dei diritti che negli anni abbiamo conquistato ma che, oggi, sembra ci stiano scivolando di mano.

Siamo quindi attratti da The Handmaid’s Tale per molte ragioni. Tra queste, ecco alcune delle principali.

The Handmaid’s Tale: la paura che possa diventare realtà

Guardando The Handmaid’s Tale spesso si ha la sensazione di star vedendo uno sneak peek del nostro futuro. Per quanto Gilead possa sembrare un mondo lontano dal nostro, se guardiamo con più attenzione, ci rendiamo conto che non è proprio così. Il Commander Waterford potrebbe rappresentare un nostro futuro presidente (per non dire attuale) così come Serena che impersona una perfetta first lady di una repubblica che non ne può più delle differenze culturali e della libertà di espressione.

The Handmaid’s Tale quindi funge da specchio della società ed è giusto guardarla proprio per questo motivo. Per non evitare di affrontare il problema. Per non far passare inosservato l’avvertimento e non commettere gli errori dei protagonisti della serie.

The Handmaid’s Tale ci attrae proprio perché ci fa paura ma allo stesso tempo dobbiamo sapere con cosa abbiamo a che fare.

The Handmaid’s Tale: la qualità della regia/sceneggiatura/fotografia/recitazione

Ad attrarci così tanto di The Handmaid’s Tale è sicuramente l’altissima qualità con cui la serie viene prodotta. Dalla regia alla recitazione, The Hanmaid’s Tale è un piccolo gioiello delle produzioni televisive contemporanee grazie all’impeccabile lavoro di regia e sceneggiatura che sta dietro la serie. Non è un caso che la sceneggiatura venga monitorata dall’autrice del romanzo da cui la serie è stata tratta. Margaret Atwood ha saputo creare un mondo così facilmente immaginabile grazie alla bellezza con cui lo racconta nel suo libro. E tale bellezza viene riportata sullo schermo con lo stesso impatto che ha sulla pagina scritta e la stessa struttura narratologica che funziona alla perfezione.

The Handmaid’s Tale: il punto di vista

Un’altra delle ragioni che attrae il pubblico di The Handmaid’s Tale è il punto di vista con cui viene raccontata la storia. E il punto di vista è quello di June, una ragazza a cui è stata strappata via la sua libertà per poter fungere la oggetto riproduttore per la sopravvivenza del genere umano ormai non più fertile.

Il punto di vista fa la differenza perché ci fa immedesimare con una parte piuttosto che l’altra e dà alla vicenda una luce e un taglio molto precisi. La storia di The Handmaid’s Tale viene raccontata in prima persona da un’ancella, Offred. Un personaggio che fa parte di una minoranza. La storia viene narrata dalla parte debole e questo dà tutto un altro pathos alla vicenda.

The Handmaid’s Tale: Elisabeth Moss

Siamo attratti da The Handmaid’s Tale sicuramente per gli esempi di perfetta interpretazione che ci regala ogni volta Elisabeth Moss. L’attrice americana è proprio una delle ragioni che tengono gli spettatori di una serie così brutale attaccati allo schermo. La protagonista di The Handmaid’s Tale è in grado di recitare con i soli occhi, con le sole espressioni del viso. A volte non ha bisogno neanche di parlare per interpretare il suo ruolo alla perfezione.

Elisabeth Moss è un esempio di recitazione di altissima qualità. La sua è un’immedesimazione totale in un personaggio che non ha le caratteristiche della classica eroina. Anzi, spesso, la protagonista di The Handmaid’s Tale è vittima delle sue stesse debolezze psicologiche. Si tratta di un personaggio forte ma allo stesso tempo fragile, costantemente in bilico tra accettazione o ribellione. Ed Elisabeth Moss ci mette tutta l’intensità necessaria per far emergere ogni piccola sfaccettatura della personalità di tale personaggio.

The Handmaid’s Tale: la speranza di una salvezza finale

A tenerci attaccati allo schermo in ogni episodio di The Handmaid’s Tale, oltre ai motivi appena elencati, ce n’è un altro. Non meno importante: la speranza in un lieto fine.

Si guarda The Handmaid’s Tale con tale passione perché in fondo si spera che la storia possa andare a finire bene. Si spera che possa esserci salvezza per il genere umano e soprattutto quello femminile.

Ogni episodio di the Handmaid’s Tale è un espediente per accrescere la speranza che venga posta fine alla Repubblica di Gilead e che le donne possano tornare ad avere la libertà e l’indipendenza che meritano.

E anche se il romanzo di Margaret Atwood finisce con una domanda che non dà risposte certe, si spera che almeno gli sceneggiatori di The Handmaid’s Tale possano dare una risposta più concreta agli spettatori e che aprano una finestra per la salvezza di June, delle ancelle e di tutto il genere femminile.

 

 

Marianna Ciarlante

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Marianna Ciarlante

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