The Walking Dead 8×15. La lettera di Carl a Rick, il ritorno di Negan al santuario… la penultima puntata si muove tra tradimenti svelati, doppi giochi finiti male e un Negan sempre più forte. Ci stiamo finalmente avvicinando al gran finale. Ancora una settimana e ci gusteremo lo scontro decisivo!
Dopo che The Walking Dead 8×14 ci aveva lasciato con un quesito (chi era salito sull’auto di Negan?), la penultima puntata ci offre un Rick frammentato e scosso, soprattutto dopo aver letto la lettera di Carl, e un Negan desideroso di sistemare coloro che lo hanno tradito.
The Walking Dead 8×15: La forza di Negan
L’episodio s’intitola “Il valore” ma dovrebbe essere leggermente cambiato aggiungendo il complemento di specificazione “di Negan”. Una prova di forza che non ha eguali. Il suo ritorno al Santuario e il modo in cui sistema i traditori è magistrale. Affronta Simon e Dwight sul loro campo di battaglia.
Decide di sconfiggere Simon con la forza bruta, con lo scontro fisico. Lo stesso a cui Simon si è sempre dedicato: vedi lo sterminio dei ragazzi di Jadis alla discarica. Gli concede l’ultima possibilità e dimostra, allo stesso tempo, agli altri Saviors che lui è ancora il leader.
Con il secondo, invece, adotta l’astuzia. L’arma con cui Dwight l’ha tradito e lo sta tradendo. Una legge del contrappasso di memoria dantesca. Negan, in The Walking Dead 8×15, si eleva a protagonista assoluto. La calma, la personalità, la fisicità di Jeffrey Dean Morgan escono più che mai allo scoperto. Mi azzardo a dire che sia stata l’interpretazione migliore sin qui offerta dalla sua entrata nel mondo post-apocalittico creato da Robert Kirkman.
The Walking Dead 8×15: Satelliti intorno a Negan
Ribadito il ruolo di assoluto mattatore di The Walking Dead 8×15 a Negan, intorno a lui brillano di luce riflessa i suoi satelliti: da Simon passando per Dwight e finendo con Eugene. La fine violenta di Simon, la preparazione di essa innalza e approfondisce il carattere di un personaggio fino a qui piuttosto lineare. L’interiorità di Simon finalmente esce. Lo psicopatico che ha trovato posto in un mondo senza senso ha il suo canto del cigno. L’affronto da pari a Negan gli consegna un’uscita di scena con il botto.
Dwight, invece, dimostra ancora una volta che il ruolo di triplogiochista gli calza a pennello. Lo sfigurato, animato da un profondo desiderio di vendetta, ordisce una trama complessa riuscendo a mantenere un’invidiabile calma. A carte coperte è uno dei migliori, se non il migliore. Ma ora, smascherato il suo piano, si trova in una condizione di svantaggio: non può giocare sul suo campo preferito.
Torna, infine, Eugene con il suo imperativo biologico. L’aveva urlato qualche puntata fa a padre Gabriel, se lo era ripetuto a se stesso più volte e ora l’ha pure vomitato (letteralmente!) addosso a Rosita. Uno dei pochi personaggi dotato di un’intelligenza tale da comprendere la sua natura in un mondo post-apocalittico. Questa sua certezza è diventata la sua arma di sopravvivenza. Ne è consapevole e si è aggrappato a questa con tutte le sue forze tagliando inevitabilmente ogni rapporto umano: la logica prevarica il sentimento.