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Watchmen 1×09: la fine è vicina | RECENSIONE

La miniserie espansione di Watchmen, il mondo immaginato da Alan Moore e Dave Gibbons, è giunta al suo gran finale con il nono episodio.

L’ultima incursione sul piccolo schermo a cura di Damon Lindelof ha avuto la sua conclusione. Non è chiaro se si tratta di un epilogo definitivo, considerato che HBO ancora non si è espressa sulla possibilità di una seconda stagione anche se non l’ha mai negata. I ratings statunitensi, nel frattempo, premiano la serie, garantendole senza dubbio un posto tra le migliori di questa stagione. Dopo il viaggio emozionante dell’ottava puntata, Watchmen esaurisce tutti i suoi filoni narrativi, intrecciandoli in un finale sincero e sorprendente nella sua coerenza.

Foto: HBO

Uomini e dei di Watchmen

Dopo aver risposto a tutti i quesiti sul Dottor Manhattan, la serie dedica il suo gran finale alle risposte mancanti in grado di legare le diverse storyline. Spostando l’attenzione sulla prigionia di Ozymandias (Jeremy Irons) sulla luna di Giove, Watchmen spiega finalmente il legame dell’anziano Adrien Veidt con Lady Trieu (Hong Chau). I piani di quest’ultima, avvolta nel mistero sin dalla sua prima apparizione, sono così finalmente chiari al pubblico del piccolo schermo. Anche il grande e infallibile Ozymandias sembra essere stato ingannato… ma è davvero così? L’incontro con vecchi e nuovi colleghi, infatti, potrebbe imporre percorsi inattesi.

In un episodio meno esplosivo nelle svolte rispetto ai precedenti, Lindelof e gli autori di questo Watchmen confermano la natura della miniserie. La nona puntata, infatti, non scommette su grandi rivelazioni bensì su risposte e conferme di un esperimento ad altissimo rischio che amplia una mitologia che fino a poco tempo fa era considerata intoccabile. Lo show HBO è infatti un vero e proprio sequel che tuttavia non si limita a sfruttare le origini del mito. Le rielabora coniugandole con un’attualità che, in quanto a paure e minacce, non ha nulla da invidiare all’atmosfera da Guerra Fredda del fumetto originale.

Foto: HBO

L’incomprensibile necessità del sacrificio

Il Watchmen di HBO è una storia di eredità. Questo era chiaro sin dalla sequenza di apertura di questa prima – e unica? – stagione. Lo show ha ricevuto meritatamente il testimone del fumetto proprio come i suoi personaggi hanno trovato ispirazione – per genetica o non – nelle personalità e negli errori dei protagonisti del passato. L’anello di congiunzione, silenzioso e sfuggente come da tradizione, è sempre stato Dottor Manhattan che, proprio per la sua natura, in questo epilogo rimane quasi sullo sfondo nonostante il suo ruolo cruciale. La sceneggiatura, infatti, preferisce prendersi i suoi tempi nell’approfondire la figura di Trieu e sul suo rapporto/confronto con Ozymandias. I due sono sempre apparsi come reciproci riflessi. Trieu, però, non ha mai compreso fino in fondo le lezioni della grande opera di Adrien Veidt, non ne ha mai davvero voluto accettare le apparenti imperfezioni e soprattutto gli inevitabili sacrifici. La sua hybrys, l’ossessione di potere e l’arroganza si intrecciano così perfettamente con la profonda riflessione di Watchmen su una società sempre più inquietante e incorreggibile.

Foto: HBO

Attraverso le maschere, lo show ha svelato la natura più crudele dell’uomo che, per comprendere una realtà sempre più articolata, preferisce rifugiarsi nel razzismo e nel delirio di onnipotenza dettato dalla più comoda e semplicistica visione del mondo come contrapposizione di fazioni, “noi” contro “loro”. Dinamiche di questo tipo sono letali tanto quanto difficili da scardinare. Serve un grande sacrificio, un gesto in grado di superare tempo e spazio. Solo così la storia di Tulsa e i suoi insegnamenti sapranno affrontare il passato, il presente e il futuro del mondo di Watchmen e non solo.

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Federica Gaspari

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