Lo show HBO Watchmen ispirato all’omonimo fumetto a puntate di Alan Moore e Dave Gibbons riflette sull’immagine del supereroe sul piccolo e grande schermo.
Giunto solamente al suo terzo episodio, Watchmen suggerisce già infiniti spunti di riflessione su un genere che monopolizza l’intero intrattenimento. Damon Lindelof nel primo appuntamento del podcast ufficiale della serie ha svelato i punti di contatto dello show con l’attualità. Le prime tre puntate, però, hanno sviluppato un’analisi originale e tagliente sulla figura del supereroe. Gli eroi mascherati ritratti in Watchmen, infatti, sono molto distanti dalle figure inarrivabili a cui il grande pubblico è abituato. Chi sono quindi queste figure nella serie? E, soprattutto, come si collocano all’interno del grande intreccio di riflessioni e ispirazioni?
Angela Abar, interpretata da Regina King, appare sin dal principio come la protagonista dello show. Quella raccontata è la sua storia, è la sua vita svelata anche attraverso il suo alter ego mascherato di Sister Night. Watchmen rimane comunque uno show corale in cui ogni personaggio è la star ma lo sguardo di Angela è sicuramente cruciale. Angela Abar, però, è frutto della concezione di origin story, da sempre un punto fisso di Lindelof già emerso in Lost. Il percorso di trasformazione è la risposta alle azioni e ai comportamenti di ogni personaggio in gioco. La storia di Watchmen si basa, infatti, sull’dea per cui non si nasce necessariamente eroi – o presunti tali – ma lo si diventa. Ogni individuo è soprattutto frutto dei propri traumi e di quelli dei propri antenati. Le colpe e le responsabilità, allora, si tramandano di generazione in generazione. Ecco, quindi, l’importanza dei legami familiari nelle storie raccontate da Watchmen.
La distruzione e la ricostruzione dei personaggi di Watchmen
I supereroi presentati in Watchmen sono messi a nudo, privati di ogni tipo di eroismo o ideale. Agiscono spesso per fini meschini, per opportunità, mossi talvolta da bassi istinti, vizi oppure ire. La figura dell’eroe appare così scevra di qualsiasi aurea romantica e appassionante. Qual è allora il confine tra un uomo comune e un supereroe? Cosa spinge un individuo qualsiasi a indossare un ridicolo costume per diventare un vigilante mascherato? Non bastano più, quindi, le motivazioni o i grandi ideali per giustificare un operato fuori dalle dinamiche stabilite dalla legge. E’ ancora più difficile, infine, distinguere i buoni dai cattivi, soprattutto in un mondo in cui il confine tra questi due aggettivi è così sottile.
In un mondo di falsi dei smascherati dalla legge ma in cui il cittadino ancora confida, esiste, però, una vera divinità. Il Dottor Manhattan, pur non apparendo mai in carne e ossa – se così si può dire -, è una presenza costante di questa prima parte di Watchmen. Il suo nome, sussurrato o temuto, spesso affiora sulle labbra dei protagonisti. Qualcuno lo teme, qualcun’altro come Ozymandias, invece, cerca (forse) di ricrearlo. E’ lui, infatti, l’inarrivabile supereroe inteso come un essere che va davvero oltre la sua dimensione umana. Proprio lui, però, nel fumetto è quello afflitto da maggiori dubbi e preoccupazioni legate alle sue azioni. Sarà così anche nella serie HBO? L’unica certezza è che, quando entrerà finalmente in gioco, tutto cambierà.