Televisione

Pablo Trincia a Gogo Magazine: “Non soltanto storie d’amore a Hello Goodbye”

“Fermi una persona in aeroporto, gli piazzi le telecamere intorno, lo metti in una condizione di difficoltà e di disagio e in 15 minuti di tempo devi tirare fuori un racconto bello, profondo, emotivo, penetrante. Non è facile”.

Pablo Trincia è pronto a debuttare a Hello Goodbye, il format originale Warner prodotto dalla Dueb di Luna Berlusconi che, dopo la prima stagione su Rete 4 con la conduzione di Marco Berry, approda su Real Time, in onda da stasera, 6 aprile, ogni venerdì alle 22.40. 5 episodi da 60 minuti con il racconto di oltre 50 storie: l’arrivo di due spose dal Sudan già vestite e truccate per la cerimonia; una mamma che arriva dal Centro America per la battaglia più difficile del figlio, in un letto di ospedale; una squadra di ginnastica che si allena ai gate; coppie di ballerini che ingannano il tempo d’attesa con un giro di valzer; un’orchestra in partenza per la Cina.

Il set è l’aeroporto milanese di Malpensa e qui Trincia ascolta e raccoglie le emozioni, le gioie, le paure, le speranze di chi aspetta, arriva o è in partenza. A firmare il programma con la capoprogetto Alessandra Torre sono Giovanni Bagnari e Francesco Di Giorgio. Regia di Francesco Di Giorgio.

Prima di essere contattato dalla produzione avevi visto le puntate condotte da Marco Berry?

Non le avevo viste prima, anche se del programma ne avevo sentito parlare perché il regista è mio amico e aveva lavorato con me alle Iene. Conoscendo Berry, professionista con grande capacità di entrare in empatia con le persone, sapevo che era perfetto per questo tipo di programma. Quando mi è stato proposto non sapevo bene come reagire perché io sono abituato ad andare appresso alle storie, a saltargli sopra, non a vedermele passare davanti. Ero perplesso, ma poi ho visto il programma e ho accettato. Come fosse una sfida, perché quando si fa un’intervista, di solito, si cerca un luogo appartato, senza distrazioni, mentre in Hello Goodbye bisogna tirare fuori storie con forte emotività in un contesto anti-emotività. L’aeroporto è un luogo freddo, grande, dove la gente va di fretta. Eppure mi sono reso conto che anche in quel contesto è possibile tirare fuori storie belle, con problemi veri.

Un format come Hello Goodbye è più ‘comodo’ rispetto al ruolo di inviato di programmi come Le Iene?

Da un certo punto di vista, sì, perché non devo fare appostamenti, non devo affrontare viaggi lunghi e non sono esposto a tutti i fattori di rischio che ha un programma come Le Iene. Ma la difficoltà in Hello Goodbye è più mentale, cioè dover tirare fuori da persone che hai davanti per 15 minuti qualcosa di originale evitando le solite domande di rito.

Tra le storie escluse dal programma, oltre a quelle di amanti che per ovvi motivi non accettano di essere ripresi, ci sono anche alcune ritenute non in linea col target di Real Time?

No, Real Time ha dato totale apertura a qualsiasi tipo di storia: italiani, non italiani, gay, etero, qualsiasi età, provenienza e religione. Nessuna limitazione.

Insomma, nel passaggio da Rete 4 a Real Time Hello Goodbye non è diventato un programma di sole storie d’amore per il giovane pubblico femminile della rete?

No, un programma con solo storie di cuore non lo avrei fatto. Ci sono le storie d’amore, certo, ma il discorso è più profondo. Ci sono storie di famiglie, di amicizia, di solidarietà. Storie di vita. Hello Goodbye è un programma di sentimenti, ma va in profondità. Un programma fatto di tante espressioni, ma anche di tante parole.

Tu avresti accettato di condividere un addio o un arrivederci in favore di telecamera?

Probabilmente no (ride, Ndr). Bisogna trovarcisi, ma tendenzialmente direi di no. Anche se forse se ti trovi lì poi accetti di farlo.

Su Rai2 tratti il tema del bullismo, a Le Iene hai parlato di guerre, droghe e altri argomenti forti. Hello Goodbye è un programma che scuote. Avresti voglia di portare in tv il tuo lato più cazzaro?

In realtà a Hello Goodbye mi sono lasciato molto andare, sono stato me stesso al 100%. Cerco di esserlo anche a Le Iene, dove però c’è già una storia. Qui sono stato me stesso: uno molto curioso a cui piace farsi i cazzi degli altri. Fosse per me sarei io ora a farti delle domande. Sono un cazzaro, ma non abbastanza. Almeno, non abbastanza per essere televisivamente valido.

Hai raccontato in passato di parlare molte lingue. Lo fanno anche i tuoi figli?

Le lingue sono una passione che ho scoperto quando avevo 10-11 anni, ma è una passione solo mia. Faccio di tutto affinché i miei figli imparino l’inglese e studino, ma con loro non parlo tutte le lingue del mondo anche perché creerei solo una grande confusione.

Bensy

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