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Alessandro Gassmann: il ricordo del padre Vittorio a vent’anni dalla scomparsa

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Sono passati vent’anni dalla scomparsa di Vittorio Gassman, attore, artista ed uomo indimenticabile. Il figlio Alessandro l’ha ricordato con una poesia inedita. 

Alessandro Gassmann ed il padre Vittorio: il ricordo

Alessandro Gassmann ha scritto una poesia, lasciando ai versi il compito di parlare di quel padre tanto amato. L’ha recitata nel giorno dell’anniversario della sua morte, e quelle parole sono arrivate forti ed intense a tutti quelli che le hanno ascoltate. Vittorio Gassman moriva a Roma vent’anni fa, il 29 giugno 2000: aveva 77 anni e quello spazio attoriale ed autoriale non l’ha preso nessuno, nel panorama artistico italiano. Sulla sua lapide romana al Cimitero del Verano c’è scritto: “ATTORE, non fu mai impallato”. Il significato di queste parole l’aveva spiegato lui stesso al giornalista Corrado Augias, dieci anni prima di andarsene:

La mia epigrafe, se è questo che mi chiede, è già scritta. Sulla lapide si leggerà: Vittorio Gassman, fu attore. Poi una piccola chiosa, giù in fondo quasi illeggibile: Non fu mai impallato. È un termine tecnico cinematografico: è impallato ciò che si nasconde alla macchina da presa. Io mi sono sempre fatto vedere, mi sono esposto e, a teatro, credo addirittura d’ aver avuto un certo coraggio, che per me, date le premesse, è il massimo.

Vittorio Gassman è e sarà indimenticabile, unico, intenso e controverso. Lo sa il figlio Alessandro, anche lui attore di successo ed a sua volta padre del cantautore Leo Gassmann (una famiglia di artisti, e che artisti). Lo sa e lo celebra con immagini, parole, arte. E così lo restituisce al suo pubblico, che dopo anni continua a guardare e custodire gelosamente i suoi film – da I soliti ignoti a C’eravamo tanto amati -, classici della storia del cinema italiano.

Alessandro Gassmann

Le montagne russe, la poesia di Alessandro al padre

E per ricordare quel padre, quel nonno, quella storia del cinema italiano, Alessandro Gassmann ha scritto una poesia che si chiama Le montagne russe. Fa così:

“Quando dormivo sul tuo petto
quando dormivo sul tuo petto sognavo le montagne russe.

Il flusso lento e dolce del tuo respiro
sembrava un volo morbido e per me bambino era questa la misura di quell’andare su e giù.

Era un sonno profondo, era un sonno sicuro,
nulla poteva accadere sdraiato su quel gigante tranquillo.

Con gli  anni mi ritrovai a stringerti con gli occhi da adulto
e ti ritrovai smagrito, spaventato.
Con gli sguardi ormai diversi ci ritrovammo abbracciati.

E tu ora addormentato sul mio petto…
Chissà se quella volta trovasti conforto
e nel mio respiro profondo
una tregua alle tue paure.”

Laureata in Giurisprudenza, appassionata di cinema, vivo a Roma ma le mie radici sono a Rimini, città di Federico Fellini.

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