In questo primo appuntamento di “La Nota Dietro il Frame” analizziamo la colonna sonora di Interstellar, composta dal famosissimo Hans Zimmer. Vediamo come ha ridefinito un genere dalle sue fondamenta.
Cos’è che rende un film ciò che veramente è? La fotografia, la regia, il montaggio, la sceneggiatura? Ognuna di queste cose, ma non solo.
Un film è composto da centinaia di elementi differenti che, grazie ad un giusto equilibrio, riescono a rendere visibile il concetto ideato dalla mente di una o più persone. Ogni singolo elemento deve lavorare all’unisono con gli altri per riuscire a creare interesse nello spettatore. Tra tutti questi, però, ce ne è uno che fa da collante. Si insinua tra i fotogrammi e accompagna il racconto quasi in modo parallelo, come se fosse un osservatore esterno intento a riportare i fatti. Quest’elemento è la colonna sonora.
Quest’ultima è sempre stata presente sin dagli albori del cinema. Dalle prime proiezioni del 1895 fino all’introduzione del sonoro negli anni ’20 del Novecento, in sala si trovavano sempre uno o più musicisti intenti ad accompagnare la visione con melodie leggere e ogni volta differenti (fatta eccezione per le avanguardie artistiche). Non erano come le colonne sonore studiate e meditate sin dall’inizio della produzione che conosciamo oggi, bensì puri momenti di improvvisazione o normali esecuzioni di spartiti imposti dal regista o dal cineasta. Con l’introduzione del sonoro, molto è cambiato e si sono cominciate ad affermare le colonne sonore odierne.
Il cinema deve molto alla sua relazione con il mondo musicale e, senza di esso, molte scene risulterebbero piatte, prive di mordente o tensione. Cosa sarebbe Lo Squalo di Steven Spielberg senza quel ritmo martellante e incessante creato dal genio di John Williams? Cosa sarebbe 2001: Odissea Nello Spazio senza le imponenti melodie del poema sinfonico di Strauss, Also Sprach Zarathustra? Cosa sarebbe il duello finale di Per qualche dollaro in più del maestro degli spaghetti western Sergio Leone senza quel carillion sapientemente inserito e amalgamato al commento musicale di Ennio Morricone?
Le colonne sonore sono una parte fondamentale dei prodotti cinematografici. Ecco perché vogliamo analizzarle per scoprire come riescano a creare un racconto nel racconto. Benvenuti a La Nota Dietro il Frame.
Hans Zimmer e Interstellar
Abbiamo scelto di iniziare questo viaggio nel mondo musicale cinematografico con Hans Zimmer, uno dei volti del panorama musicale più apprezzati degli ultimi anni. Zimmer ha scritto moltissime colonne sonore: da Il Gladiatore a I Pirati Dei Caraibi, da Rain Man – L’uomo della pioggia a Il Re Leone. Tuttavia, tra la miriade di lavori da lui portati a termine abbiamo scelto uno dei più recenti, nonché uno dei più maturi. Stiamo parlando di Interstellar, film del 2014 diretto da Christopher Nolan (del quale abbiamo analizzato la carriera nel suo totale). Il motivo della nostra scelta è semplice: l’utilizzo del commento musicale da parte di Zimmer non è mai stato così diegetico come in questo caso. Andiamo a vedere come sia riuscito a ridefinire il suono di un universo sconfinato.
La colonna sonora di Interstellar si muove di pari passo con le vicende, come accade nella maggior parte dei film. Nei momenti di tranquillità si acquieta, in quelli di tensione si intensifica e così via. Tutto ciò che ci aspetteremmo da una normale colonna sonora. Tuttavia, Zimmer e Nolan hanno optato per un approccio differente rispetto a quanto è consueto.
L’attacco della colonna sonora coincide con l’inizio del film. Questa “apre” la scena. Ci invita ad entrare in questa storia dai toni mastodontici, imponenti, quasi erculei. Eppure, nel suo momento di maggiore intensità, ciò che Nolan ci mostra è un uomo che si affaccia alla finestra per scrutare il suo campo coltivato. È una sorta di monito, un annuncio. Qualcosa di grande sta per accadere a queste persone e noi stiamo per assitervi.
Poi, però, qualcosa cambia. Tutto, in un certo senso, si ridimensiona, pur mantenendo toni solenni. Ci attendono sonorità forti e decise che ci accompagneranno per tutta la durata del film. A prendere il sopravvento è un organo, utilizzato come se fosse uno strumento solistico. Diventa l’unico vero protagonista indiscusso della scena sonora. Ritorna sempre, come in un infinito vorticare, elemento molto enfatizzato da Nolan nella pellicola. L’elemento ciclico e circolare sono una costante. Li troviamo nel moto dell’astronave. Nella sfericità del Wormhole e del buco nero. Nell’intero svolgersi della vicenda, dove tutto è collegato in un infinito avvicendarsi dei medesimi eventi. E la colonna sonora non è da meno. È come se i suoni girassero intorno alla nostra testa, ci avvolgessero in un moto circolare ben definito, mai caotico. Zimmer riesce a ricreare perfettamente quel senso di scombussolamento provato dai protagonisti della vicenda, privi di punti cardinali, di “terreno sotto i piedi”. Non hanno più idea di dove finisca l’alto e inizi il basso. Sono persi, mossi dall’inerzia, come spesso accade alla colonna sonora.
Tutti questi suoni, che spaziano da note brevissime ad altre mantenute per svariati secondi, creano una sorta di curiosità nell’ascoltatore. Sono suoni che raramente sentiremmo avvicendati. Diventa una scoperta dell’ignoto. Ed è così che Zimmer ci fa entrare nei panni dei protagonisti. Ci rende curiosi, ma anche timorosi di quanto troveranno nel loro viaggio, un viaggio che mai nessuno ha intrapreso. Una ricerca per l’ignoto, nell’ignoto. Quali meraviglie scopriremo? Quali avversità troveremo? Tutte domande che non possono avere risposta quando si ha a che fare con qualcosa di sconosciuto. Ed è per questo che la colonna sonora di Hans Zimmer funziona. Ci rende partecipi a nostra insaputa. Diventa ella stessa oratrice di questo racconto e ci permette di comprendere quanto persi e confusi si sentano i suoi protagonisti.
Hans Zimmer è riuscito a creare qualcosa di nuovo. Ha unito sonorità più che note in modi inusuali. Il senso di vastità e grandiosità va di pari passo con la vastità e la grandiosità dell’universo mostrato da Christopher Nolan. Zimmer è riuscito a fare ciò che Kubrick aveva fatto con i brani di Strauss. È riuscito a creare un’icona, un nuovo punto di partenza dalla quale si svilupperanno nuovi modi di vedere lo spazio sconfinato sotto il mero punto di vista musicale. Hans Zimmer, oltretutto, omaggia il poema sinfonico presente in 2001, soprattutto con quella lunghissima nota mantenuta dell’organo che ogni tanto appare, anche non “vista”. La colonna sonora di Interstellar potrebbe rappresentare il nuovo divenire del cinema fantascientifico, ma solo gli anni potranno darci una risposta concreta.
Per questo appuntamento è tutto. Torneremo presto con altre colonne sonore. Se volete vederne analizzata una in particolare, fatecelo sapere nei commenti.
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