Cinema
Il ritorno di Mary Poppins Recensione – Un musical fuori dal suo tempo
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6 anni agoon
Il ritorno di Mary Poppins è un film d’altri tempi in un momento storico dove guardare esclusivamente al passato non è più sufficiente. La nostra recensione.
Anni ’60. Il mondo è in subbuglio. Rivoluzioni, guerre, movimenti culturali. Questo è stato il decennio decisivo. Quello che ha suggellato il nostro presente. Un periodo in cui contaminazioni di generi e nuovi punti di vista hanno condotto la visione dell’uomo moderno, quello che non volta più lo sguardo al passato perché ha paura di ricordare. Un periodo durante il quale “tirava un nuovo vento”. Un vento di innovazione, di emancipazione, di ristoro. Ristoro dopo un lungo esodo culturale afflitto da “cataclismi” senza precedenti.
Questo è il periodo nel quale esce nelle sale Mary Poppins, considerato da molti un capolavoro del cinema musicale. Un film ancora prodotto da Walt Disney (morto l’anno seguente) e che porta la firma di Bill Walsh, uno dei più importanti sceneggiatori e fumettisti disneyani. Una pellicola che sostiene il peso di una Hollywood in declino, riuscendone ad alleviare il fardello grazie a delle innovazioni tecniche mai sperimentate prima. Un prodotto che è la perfetta sintesi di un periodo storico controverso, rivelatore, in qualche modo.
Il ritorno di Mary Poppins Recensione
Sono passati cinquantaquattro anni da quel fatidico 1964. Il mondo è cambiato. Il tempo è cambiato. L’uomo moderno non ha più paura di guardare al passato. Anzi, ha troppa paura di guardare al futuro, tanto da rifugiarsi nei suoi ricordi. In questo mondo confuso, interdetto, spaventato da tutto e da tutti esce Il ritorno di Mary Poppins, seguito del grande classico con Julie Andrews e Dick Van Dyke.
Sembra che Disney non abbia più idee, ma, al contrario, ne ha avuta una geniale (per il loro interesse): puntare sulla voglia del pubblico di provare nostalgia. Di provare quel brivido lungo la schiena che gli faccia riaffiorare alla mente i ricordi della sua gioventù. Non c’è modo migliore di farlo che creare film in live action dei suoi successi animati. Ma quando il film che vogliono riportare all’attenzione del pubblico non è animato? Un remake avrebbe poco senso in questo periodo di amarcord senza fine. Allora l’unica risposta plausibile è un sequel.
Il problema principale, però, è che un seguito (nel bene o nel male) deve rimanere fedele al suo predecessore. Ed è proprio qui che Disney è caduta in fallo: non è più il 1964, quell’aria di cambiamento è svanita da anni. Di conseguenza, ciò che rappresentava Mary Poppins in quel periodo ora non ha più alcuna efficacia.
Anche l’effetto nostalgico fa fatica a palesarsi perché, essendo un seguito, seppur con i suoi evidenti rimandi, deve comunque raccontare qualcosa di nuovo. Non vi aspettate, quindi, di ritrovare le iconiche canzoni dei fratelli Sherman.
Tutto cambia, ma non se rimane ancorato al passato
Il ritorno di Mary Poppins Recensione
In Il ritorno di Mary Poppins la storia è ambientata durante la Grande Depressione. I piccoli Banks sono cresciuti. I ruoli si sono invertiti. Michael è diventato il signor Banks, vedovo e padre di tre figli ormai dimenticatosi di cosa significhi essere bambino, mentre Jane è la signorina Banks, ferma sostenitrice dei diritti dei lavoratori. E, se nel primo film Mary Poppins accorre in aiuto dei piccoli Banks, qui sono sempre i piccoli-grandi Banks ad avere bisogno d’aiuto. Questo perché i tre bambini sono molto più saggi di quanto pensino gli adulti. Senz’altro uno degli aspetti più interessanti del film, in quanto i piccoli non vengono formati da Mary Poppins, ma più che altro indirizzati in modo tale da poter aiutare il padre a ritrovare se stesso.
Tuttavia, il resto della storia risulta abbastanza piatto. Emily Blunt, per quanto sia brava nel trasporre la tata su schermo, non riesce a raggiungere la Andrews. Anche Lin-Manuel Miranda, che ne Il ritorno di Mary Poppins interpreta il lampionaio (il corrispettivo dello spazzacamino di Dick Van Dyke), non spicca tanto quanto ci si aspettava, anche se la sua performance è egregia per essere il suo primo ruolo in un lungometraggio di questa caratura.
Probabilmente il momento migliore de Il ritorno di Mary Poppins è proprio quando Disney ha voluto mettere il carico da novanta sulla nostalgia, ovvero l’entrata in scena di Dick Van Dyke, che a 93 anni riesce ancora a dominare la scena in modo stupefacente.
Una storia, quindi, che (seppur tratta dal secondo romanzo scritto da P.L. Travers sul personaggio della tata) non riesce a convincere appieno. Questo, però, non a causa di una debolezza narrativa (non più di altri film Disney), ma per via del suo inevitabile sapore “stantio”.
Parlare lingue diverse
Il ritorno di Mary Poppins Recensione
Quello utilizzato da Il ritorno di Mary Poppins è un linguaggio cinematografico lontano dal suo periodo d’appartenenza. Anche aggiungendo effetti visivi fantasmagorici e stili artistici cangianti, alla mente torna sempre quel film del 1964 che aveva fatto tutto quello che è presente in questo film in un periodo in cui queste sperimentazioni era ancora agli albori.
Lo stupore svanisce nel momento in cui ti accorgi che ciò che stai vedendo è già stato fatto cinquant’anni fa. Di colpo, quindi, la bellissima scena che unisce animazione 2D a cell shading e live action diventa canonica ripensando alla sequenza del dipinto presente nel primo film. E, dopo scene che perdono sempre più d’intensità, capiamo che questa sensazione di paragone, di mancanza rispetto al primo capitolo, deriva dall’assenza di un elemento caratterizzante della pellicola del ’64: l’innovazione.
Questo film non riesce ad innovare. Non riesce a trovare uno sbocco nell’intricato groviglio nostalgico che è il cinema hollywoodiano in questo momento. Probabilmente Il ritorno di Mary Poppins aveva un fardello ancora più pesante da portare rispetto al suo predecessore, ovvero essere figlio di uno degli ultimi pilastri del cinema classico.
Visivamente accativante, mentalmente deludente
Il ritorno di Mary Poppins Recensione
Visivamente Il ritorno di Mary Poppins riesce ad essere un film interessante, pieno di spunti fantastici. Forse questo è l’unico aspetto che riesce a prendere dal suo predecessore e fare veramente suo. Anche la colonna sonora lo rende un musical gradevole, ma ritrovarsi sulle spalle canzoni che hanno caratterizzato così tanto l’immaginario contemporaneo è un onere troppo grande per qualunque produzione cinematografica.
Di conseguenza, cos’è Il ritorno di Mary Poppins? Troppe cose tutte insieme. Vuole essere un seguito, ma anche una sorta di reboot. Un musical contemporaneo e al contempo classico. Un film nostalgico, ma con una sua personalità tutta presente. Alla fine, da questo miscuglio di indecisione e nostalgia è nato un musical discreto, un buon film, ma non un sequel degno del suo predecessore.
Il ritorno di Mary Poppins Recensione
Alcune intuizioni narrative sono molto interessanti
La scena con Dick Van Dyke è oro
Artisticamente molto valido
La colonna sonora non regge il confronto
Le scene del film risultano poco incisive paragonate a quanto visto cinquant'anni fa
Le interpretazioni non sono esaltanti
Il Ritorno di Mary Poppins è un film fuori dal suo tempo. Lontano da ciò che è diventato oggi il cinema. Lontano dall'immaginario contemporaneo. Legato ad una visione del mondo ancora influenzata dal dopoguerra. Ideali che non rispecchiano più la visione del mondo dell'uomo contemporaneo. Ideali sovrastati da nuovi orizzonti, nuove prospettive. Ideali sepolti. Ideali dimenticati.
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Tenace adoratore del mezzo cinematografico, cerco sempre un punto di vista fotografico in tutto ciò che mi circonda. Videogiochi, serie televisive, pellicole cinematografiche. Nulla sfugge al mio imparziale giudizio.