Nel film “Il traditore” Marco Bellocchio porta a Cannes la storia di Tommaso Buscetta, uomo di mafia pentito che, negli anni ottanta e novanta del secolo scorso, grazie alle sue rivelazioni aiutò lo Stato a far condannare numerosi esponenti di Cosa Nostra.
La trama di “Il traditore”
La trama segue fedelmente la vita di Tommaso Buscetta, ponendo l’accento soprattutto su quella fase di esistenza che lo vide diventare collaboratore di giustizia a fianco di Giovanni Falcone e dell’intero sistema giudiziario italiano.
Se le vicende narrate sono di pubblico dominio, quello che viene spontaneo chiedersi è: quali elementi nuovi offre all’analisi del singolo una pellicola come questa?
La risposta è nella regia.
Il merito della regia di Bellocchio
Sebbene Pierfrancesco Favino interpreti magistralmente il ruolo di Tommaso Buscetta, restituendoci un’immagine sfacettata dell’uomo più che dell’ex capo mafia, è la regia ad avere il merito più grande.
Dopo numerosi esperimenti televisivi e cinematografici in cui le associazioni malavitose diventano la squadra per la quale parteggiare, “Il traditore” si distingue per esentare lo spettatore dal tifo.
L’uomo Buscetta esiste, c’è, lo riconosciamo: mentre, sotto protezione, pedala con una bicicletta avanti e indietro lungo un corridoio perché impossibilitato a uscire o quando al telefono con la moglie è indeciso se parlare o meno per paura delle possibili ripercussioni sulla famiglia.
Eppure l’uomo Buscetta non assorbe in sé la figura del criminale che fu, di questo è stata capace la regia di Bellocchio, di non farci dimenticare che la condizione del pentito è tale in virtù di ciò che era stato commesso prima che Buscetta diventasse un collaboratore di giustizia.
“Cosa nostra sa aspettare”
Il valore aggiunto di “Il traditore” è poi quello di non fare leva su un lungo racconto del passato di Buscetta per scuoterci dall’eccessiva immedesimazione, ma di utilizzare un solo flashback che compare in due momenti distinti della proiezione: a metà e alla fine della pellicola.
Durante un interrogatorio con Giovanni Falcone, Buscetta richiama alla memoria un episodio che lo vide protagonista agli inizi della sua collaborazione con Cosa Nostra; il primo omicidio commisonatogli prevedeva l’uccisione di un uomo durante il battesimo del figlio.
La vittima, accortasi della presenza di Buscetta, per evitare l’esecuzione prese in braccio il bambino. Non volendo spaventare il neonato con gli spari Buscetta rinunciò, momentaneamente, a compiere l’omicidio.
Da quel momento però l’uomo, che aveva capito di essere nel mirino di Buscetta, iniziò a uscire di casa soltanto accompagnato dal figlio, rimandando la propria fine nella speranza che il tempo mitigasse gli intenti.
Di tale storia non sapremo la fine se non nell’ultima scena quando un Buscetta adulto, dopo anni di attesa, finisce la sua vittima rimasta da sola dopo aver salutato il figlio che si era appena sposato.
“Cosa nostra sa aspettare” e, soprattutto, non ha pietà per nessuno. Buscetta è stato, per lunga parte della sua vita, un uomo di mafia e questo non va dimenticato: nessun eroismo, nessuna celebrazione, nessun mito.
Sono laureata in filosofia, in procinto di concludere il biennio di specializzazione.
Prima di intraprendere la strada della "sophia" dipingevo, ma mi mancava leggere e, soprattutto, scrivere.
Così, oggi, cerco di unire l'amore per le arti visive a quello per le parole stampate.