Richard Jewell è l’ultima fatica dietro alla cinepresa di Clint Eastwood che racconta la storia di un eroe americano accusato di terrorismo.
A solo un anno dall’ottimo Il corriere – The Mule, Clint Eastwood è tornato in sala con un nuovo film. Il titolo del quarantunesimo lavoro del regista statunitense è Richard Jewell, nei cinema italiani da giovedì 16 gennaio. Ancora una volta Eastwood torna a raccontare una pagina di storia recente di grande impatto negli Stati Uniti ma decisamente meno nota fuori dai confini a stelle e strisce. Tornando a concentrarsi sulla figura dell’eroe, il cineasta – 90 anni il prossimo maggio – si avventura con grande sicurezza e maestria in un tema a lui caro catturando senza indugi l’attenzione del pubblico.
Il 27 luglio del 1996 ad Atlanta, una città completamente avvolta dal festoso clima dei Giochi Olimpici, esplose una bomba artigianale nel corso di un concerto organizzato al Centennial Olympic Park. Il bollettino ufficiale contò un morto e più di cento contusi. La ferita lasciata dall’evento, però, segnò un numero decisamente più ampio di persone. Clint Eastwood posiziona al centro del suo racconto Richard Jewell (Paul Walter Hauser), semplice guardia di sicurezza per una compagnia telefonica che individuò e segnalò la presenza di uno zaino sospetto poco prima dell’esplosione dell’ordigno, permettendo di mettere in atto le prime procedure di sicurezza. Considerato prima eroe e poi colpevole, Jewell finisce al centro di un lungo e terribile percorso legale. Ogni persona a lui legata, a partire dalla madre Barbara (Kathy Bates), prova però sulla sua pelle il dolore delle ferite di questa vicenda.
Richard Jewell, un eroe incompreso
L’analisi dell’immagine dell’eroe statunitense è sempre stata una costante nella filmografia da regista di Clint Eastwood, soprattutto negli ultimi anni. Il cineasta di San Francisco, da sempre profondamente impegnato anche politicamente nell’affrontare l’attualità, ha infatti raccontato spesso le vicende di uomini ordinari in grado di fare la differenza su più livelli, trovando una differente sfumatura per ogni sua storia. Richard Jewell rappresenta il tassello mancante della sua articolata riflessione su questo argomento. L’ultimo film, infatti, riesce ad avventurarsi con piena padronanza tra le pieghe dei chiaro-scuro di ciò che significa essere eroe proprio malgrado.
Non c’è epicità nell’impresa come accade in American Sniper ma c’è l’amarezza di un uomo sottoposto a incredibili pressioni propria di opere come The Mule, il titolo immediatamente precedente. Richard Jewell, splendidamente interpretato da Paul Walter Hauser che ha sostituito all’ultimo Jonah Hill rimasto poi solo alla produzione, è un uomo medio catapultato sotto le luci della ribalta. Quindi è interessante osservare l’aspetto del processo mediatico, più che giudiziario, un tema quasi inedito per Eastwood. Il pubblico e, per estensione, la società americana è così costretta a definire Richard Jewell attraverso i pregiudizi di cui è oggetto.
Attraverso questo stratagemma, la sceneggiatura di Billy Ray scolpisce la figura del protagonista portandola fino al suo stato più estremo. Con il suo crollo psicologico, quindi, emergono alla luce della camera le fratture degli Stati Uniti. Sono crepe che fanno intravedere una nazione sempre alla ricerca di un nemico da indicare. In questo intricato meccanismo difficile da scardinare, l’eroe, anche il più genuino, arriva a dubitare di se stesso. Questo percorso è reso possibile dall’inserimento di personaggi secondari credibili e solidi nella loro definizione. Oltre alla garanzia Sam Rockwell, infatti, spicca una convincente Olivia Wilde, giornalista d’assalto colpevole, a suo modo, di aver innescato la gogna mediatica. Da non dimenticare un’appassionata Kathy Bates, da sempre splendida nel riuscire a interpretare una figura tutt’altro che bidimensionale come quella della madre del protagonista.
Coniugando umanità con importanti riflessioni sulle dinamiche della società e dell’attualità, il film lascia il segno. Richard Jewell convince e appassiona nonostante gli sporadici cali di ritmo. Clint Eastwood ha ancora molto da insegnare.
Richard Jewell
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