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Marracash, Persona: la RECENSIONE traccia per traccia

Marracash torna dopo tre anni dal suo ultimo progetto originale e prova a rinnovare la sua musica con “Persona”, il suo sesto album in studio

Ho sempre giocato contro me stesso, ora è arrivato il momento di vedere se la partita l’ho vinta o no“. Così Marracash anticipa l’uscita di Persona, il suo sesto album in studio. Il suo nuovo disco è Fabio Rizzo contro Marracash, il rapper contro la persona, in tutti i sensi possibili.

L’artista ha esplorato il più possibile questo concetto, questa “guerra tra le parti”, dichiarando quanto segue:

Con questo album è come se Fabio avesse ucciso Marracash, mettendo in un angolo anche la sua presenza ingombrante.  Quando ho ripreso a pensare alle canzoni le parole sono sgorgate con la potenza del sangue che esce dal corpo. Per me questo lavoro segna un nuovo inizio e una nuova libertà conquistata“.

Un album così personale non avrebbe dovuto, forse, presentare collaborazioni. Marracash tuttavia ha subito chiarito che  “ciascuno dei collaboratori è stato chiamato in funzione del concept dell’album e dei pezzi. Tutti hanno aggiunto una parte del loto talento in base al progetto nel quale li ho coinvolti“. Nel corso dell’ascolto dei sedici brani dunque ci imbatteremo in diversi artisti, alcuni  con uno stile piuttosto discostante da quello classico del rapper milanese.

Con un concept così insolito e delle aspettative stellari possiamo dunque tuffarci dentro “Persona”, il nuovo album di Marracash.

Body Parts (2:37). Marracash stende il cellophane nella prima traccia di Persona, citando la serie tv Dexter e preparandosi ad “ammazzare” nuovamente la scena rap. Sulla base di Marz e Low Kidd il rapper vanta la qualità del suo nuovo progetto: “Vieni di persona, veni vis-à-vis/Chiedi di Persona, che è il nuovo CD/Dopo che lo ascolti dici: “holy shit”/Come fa a costare come gli altri, che c’ha solo hit?“. Body Parts si conclude con una citazione a Persona, il film del 1966 di Ingmar Bergman. Qui l’artista riprende la famosa frase “Tu vuoi essere, non sembrare di essere”, ricalcando nuovamente la necessità di nascondere Marracash e far finalmente “uscire” Fabio Rizzo.

Qualcosa in cui credere (feat. Guè Pequeno) (3:32). La coppia che anni fa rinnovò il rap game con Santeria si ricompone con una traccia tutt’altro che commerciale. “Qualcosa in cui credere” vira nella direzione opposta rispetto alle precedenti collaborazioni tra i due artisti e si presenta come qualcosa di inedito, molto più vicino all’old school di quanto si pensi. Marracash confeziona la seconda traccia con un meraviglioso pre-ritornello e trova un Guè serio e ispirato, fortunatamente lontano dalla brutta copia che pochi mesi fa fece uscire Gelida Estate. Interessante la produzione di Marz.

Quelli che non pensano (feat. Coez) (3:10). Il cervello di Marracash è affidato a Coez, che canta con il rapper su un remix della base di “Quelli che Benpensano“. La prima strofa del rapper è da 10 e lode, con riferimenti alla sub cultura moderna e allusioni al femminismo “Aumma Uma Thruman, la donna forte che un po’ ti turba“, al giornalismo becero “Non sei informato se non ti leggi il giornale/E se lo leggi, sei informato male“, alla sindrome di rincoglionimento da social “Vedo un obeso, anche lui Youtuba/E più si abbuffa più la gente esulta” e via dicendo. Il pezzo si conclude dopo un buon ritornello e una seconda strofa più incentrata sulla dipendenza da social delle nuove generazioni. Traccia decisamente promossa.

Appartengo (feat. Massimo Pericolo) (4:15). Si sentono tutti e 40 gli anni di Marracash nel quarto pezzo. La nostalgia scorre a fiumi e Massimo Pericolo quasi non sembra se stesso in un pezzo dalle note così conscious. Le denunce contro lo Stato non mancano, ma la traccia è principalmente un salto nel passato, una sorta di look back tanto nostalgico quanto malinconico. In Appartengo funziona tutto, dalle strofe al ritornello, e a coronare un’altra ottima traccia ci pensa l’ennesimo beat di Marz.

Poco di Buono (3:06). La quinta canzone dell’album aggiunge al mix un po’ di rabbia, in pure stile Status. Il pezzo si apre con un estratto dal brano “Un Ragazzo di Strada” de I Corvi, e prosegue con l’arrivo di Zack della Roccia, altro nickname del rapper. Poco di Buono è un duro e puro attacco all’italiano medio “Se di colpo da Insta sparissero tutti quei filtri e ritocchi alle foto/Io se posso, bro’, darei la scossa dal telecomando, non il televoto” nonché una delle tracce più cattive dell’album. Il brano non sembra appartenere completamente al repertorio di Marracash soprattutto per via dei suoni molto rock (utilizzati in pochissime occasioni in passato), ma risulta ugualmente interessante per lo meno dal punto di vista della scrittura.

Bravi a Cadere (3:20). Bravi a Cadere è il classico pezzo con cui non si può sbagliare, ed è proprio per questo che cade piatto. Dopo una buona escalation Marra gioca la carta del “pezzo d’amore con autotune” che negli album di oggi non può mancare, ma fallisce nel delineare dei tratti distinguibili. Come per tutte le tracce d’amore di tutti gli album rap usciti nel 2019, anche questa faticherà a trovare spazio per via di una barbosa anonimità. Vanno sul sicuro anche Zef & Marz, traccia da 5/10.

Non sono Marra (feat. Mahmood) (3:09). Marracash e Mahmood sono innegabilmente simili, da qui il titolo “Non sono Marra”. Proprio il rapper a tal proposito ha dichiarato “Io e Alessandro un po’ ci assomigliamo. Da quando è diventato popolarissimo dopo Sanremo , la gente non fa che scriverci che siamo uguali. Meme su meme“. Non sono Marra è un pezzo molto leggero, con un suono a tratti orientale. Una pausa divertente dalla seriosità del disco.

Supreme (feat. tha Supreme & Sfera Ebbasta) (3:43). Tha Supreme si mette la maschera da Coez e cura il ritornello di quella che sarà, con tutta probabilità, la hit dell’album. Sfera Ebbasta “scrive un’altra strofa corta, un altro disco di platino” e Marracash si adegua ai tempi con un pezzo dalle sonorità squisitamente attuali. Supreme non è una traccia eccezionale ma riesce nel suo intento, e risulta a conti fatti una delle più godibili dell’album.

Sport (feat. Luchè) (3:22).  Marra e Luchè flettono i muscoli in Sport, una delle tracce autocelebrative più ficcanti del disco. Sport ha qualche problema dal punto di vista sonoro, non essendo esattamente il pezzo più ascoltabile dell’album, ma Marracash riesce comunque a confezionare un esercizio di stile più che buono. Funziona bene l’ormai collaudatissimo accoppiamento con Luchè, ma la traccia dà l’impressione di non essere nulla di diverso dal classico featuring onnipresente in ogni album dell’artista.

Da Buttare (3:25). Altro pezzo leggero, dedicato ai genitali e quindi improntato principalmente sui rapporti sessuali dell’artista. Da Buttare presenta il classico ritornello ripetitivo e si focalizza principalmente sulle due strofe, piuttosto sporche ed esplicite. La traccia inizia in maniera abbastanza positiva e presenta qualche gioco di parole abbastanza ricercato; dopo il primo ritornello però, il tutto sfocia nei classici wordplay “Ma che ne so di Trump e Putin/I just wanna put in” sentiti e risentiti.

Crudelia (3:51). Crudelia fa molto meglio quello che avrebbe dovuto fare Bravi a Cadere. Certo che i pezzi sono differenti, ma Crudelia riesce, effettivamente, a raccontare una storia e a risultare sempre interessante. La canzone – molto cara all’artista –  è piena di cliché, ma resta comunque la traccia amorosa migliore dell’album. Fabio chiude la traccia togliendosi qualche sassolino dalla scarpa.

G.O.A.T. (3:30). Il pezzo numero 12 apre con una strofa nostalgica e finisce per cambiare completamente mood nel ritornello. La traccia è coerente ma per qualche ragione il beat non sembra essere completamente adatto, specie nei primi minuti. La prima strofa risulta essere, a conti fatti, molto superiore alla seconda.

Madame (feat. Madame) (3:42). L’unico ospite femminile del disco fa un buon lavoro nella traccia numero 13, soprattutto vista la difficoltà del tema scelto da Marracash. Ancora una volta a non convincere è il ritornello, eccessivamente blando e poco ispirato. Bene le strofe.

Tutto questo niente (3:31). Tutto questo niente ricorda a conti fatti “Untitled” di Status. Il rapper illustra la sua situazione scrivendo: “Essere famoso, senza via d’uscita/Mettere un bicchiere di cristallo sopra una formica“, ricordando a tratti una sua vecchia barra “Tra noi che cambia? Io ho arredato meglio la mia gabbia“. Il successo è un’arma a doppio taglio, tutto e niente allo stesso tempo. Marracash ricalca il suo punto di vista anche nella seconda strofa citando Scarface: “Sono Tony al ristorante che dice: “E tutto qui? È per questo che ho fatto questa fatica?“. Tutto questo niente è un buon pezzo, un “dive in” interessante nella psicologia di Fabio.

Greta Thunberg (feat. Cosmo) (3:10). Il finale cita la vera e propria “fine di tutto”, così come descritta dalla giovane attivista svedese Greta Thunberg. “La mia razza si estingue” canta Cosmo, sulla voce campionata dell’ambientalista. Un finale curioso, che presenta l’ennesima critica alla razza umana e al generale senso di disinteresse mostrato dalle vecchie generazioni.

Giudizio Finale: Persona è un album curioso, impacciato, a tratti superbo e a tratti un po’ confuso. L’album parte forte ma dopo aver spinto sull’acceleratore per le prime quattro tracce finisce per esaurire prematuramente la benzina, ritrovandosi a corto di idee e con un’infinità di pezzi di fronte. Su questo fronte, una rivalutazione del numero di collaborazioni e di tracce avrebbe probabilmente aiutato. Il concept delle parti del corpo poi, intrigante sulla carta, viene esplorato solo a metà e finisce per risultare interessante ma mai così centrale. Persona è un progetto che avrebbe richiesto maggiore cura, positivo ma mai fenomenale, godibile ma mai eccelso. Una promozione meritata per un lavoro più che sufficiente, che finisce però per lasciare un po’ di amaro in bocca per via della mezza occasione sprecata.

Voto Finale:

Alessandro Digioia

26, studente universitario presso il Campus Luigi Einaudi di Torino. Scrivo occasionalmente di sport, cinema, videogiochi, musica e attualità.

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Alessandro Digioia

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