Il tour di MYSS KETA ha fatto tappa a Roma in una Villa Ada calda e pronta ad accogliere la divina milanese. Noi ci siamo stati e ve lo raccontiamo.
Ieri, 19 giungo, nella splendida cornice di Villa Ada, MYSS KETA ha portato a Roma il suo spettacolo itinerante e piccante “Paprika” per uno show unico/iconico.
Il live della Myss è stato protagonista della seconda serata della ventiseiesima edizione di “Villa Ada – Roma incontra il mondo”, aperta il 18 giungo dal live dei Groundation.
A dare il via alla serata di ieri ci hanno pensato i Garage Gang e i Sorrowland. Due trap band che hanno intrattenuto le mille e cinquecento persone presenti al laghetto di Villa Ada a botte di Auto-Tune e basi sintetiche. Alle ore 22.45 è finalmente il turno di MYSS KETA che arriva sul palco con un abitino da sposa, velo, occhiali e mascherina e dà inizio alle danze con “Battere il ferro finché è caldo”. L’atmosfera inizia a scaldarsi e quando entrano in scena le due ballerine, si fa bollente. I pezzi di MYSS KETA travolgono sin dal primo ascolto, coinvolgono e martellano in testa come beat impazziti.
Non è semplice rimanere fermi, anzi, non se ne ha nessuna voglia. Tutti ballano e si scatenato a ritmo di “In gabbia non ci vado”, “Le ragazze di Porta Venezia” e “Burqa di Gucci”. La divina Keta intrattiene il suo pubblico con degli intermezzi parlati, piccanti e ammiccanti. Provoca e trasgredisce ma lo fa con eleganza. Non risulta essere mai volgare. Ogni movenza e ogni frase sono studiate a tavolino e partecipano alla costruzione del personaggio myssketiano.
Le ragazze di Porta Venezia
Le rime di MYSS KETA sono taglienti, feriscono ma allo stesso tempo divertono. Il confine tra ironia e trash è sottile e dà vita ad una figura che mancava nel panorama musicale italiano. La myss non ha un volto e non ha un nome perché in questo modo, chiunque può identificarsi con essa. In effetti, il pubblico di MYSS KETA è quanto di più eterogeneo possa esserci. Moltitudini di specie diverse, unite dalla stessa passione. D’altronde la stessa Keta ha sempre definito le divisioni stupide e ha lottato (anche attraverso i suoi testi) per l’espressione del proprio io. Essere se stessi è una prerogativa delle ragazze di Porta Venezia e dei ketamini: persone di ogni genere, età, etnia ed estrazione sociale che, liberi da preconcetti, non hanno paura di mostrarsi.