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Il problema è davvero la privacy?

In questi giorni, l’Italia sta programmando la cosiddetta “fase due”, ovvero quella che dovrebbe, almeno sulla carta, mettere fine ad alcune limitazioni. Per controllare nella migliore dei modi questa nuova fase, che dovrebbe permetterci di allentare un po’ la corda, il Governo ha deciso di affidarsi a un’applicazione in grado di tracciare i contagiati dal Covid-19. L’applicazione in questione è chiamata “Immuni” e negli ultimi giorni sta sollevando – immeritatamente – un vero e proprio polverone mediatico.

Come funzionerà “Immuni”

“Immuni”, applicazione sviluppata dagli sviluppatori di Bending Spoons è stata ufficialmente designata dal Governo per consentire una limitazione del contagio nell’ormai famosa “fase due” dell’epidemia. L’applicazione sarà totalmente gratuita e soprattutto facoltativa, e avrà due funzioni fondamentali: una dedicata al contact tracing, ovvero creare una vera e propria mappa in grado di segnalare la presenza di eventuali persone positive, e una ideata per funzionare come un vero e proprio diario clinico, in grado di registrare le condizioni di salute di ogni utente. Tutto ciò sarà reso possibile non dalla connessione dati, ma dalla tecnologia “Bluetooth Low Energy”, creando e mantenendo i dati sul dispositivo dell’utente, che saranno poi scambiati tramite bluetooth con i dispositivi vicini.

Al centro delle critiche

E allora qual’è il motivo per cui l’ultima fatica prodotta da Bending Spoons è al centro di alcune critiche? La risposta a questa domanda è la privacy. Quello che in tanti hanno infatti criticato dopo l’annuncio di tale applicazione, è il rispetto della privacy. Dovendo condividere in maniera costante la propria posizione, che ne sarà della nostra privacy? In tantissimi negli ultimi giorni stanno sottolineando questo problema, nonostante siano letteralmente piovute rassicurazioni su questo ambito. Una nota del ministero dell’innovazione infatti scrive che “il sistema di contact tracing dovrà essere finalizzato tenendo in considerazione l’evoluzione dei sistemi di contact tracing internazionali, oggi ancora non completamente definiti, e in particolare l’evoluzione del modello annunciato da Apple e Google”. Messo quindi fuori discussione il fatto che “Immuni” non rappresenterà un problema in fatto di privacy, è davvero una scelta sensata quella di non installare l’applicazione in nome della privacy? Assolutamente no.

La privacy ai tempi dei social

L’applicazione, che dovrebbe essere resa disponibile in tempo brevi, potrebbe rivelarsi un fiasco. Questo perché un’app che prova a prefiggersi il compito di limitare in maniera significativa la diffusione del contagio, consentendo però allo stesso tempo alla popolazione di tornare a una piccola parte di normalità, avrebbe bisogno di un’utenza giornaliera davvero significativa; per trasformare questo “esperimento in un successo”, servirebbe una partecipazione di almeno il 60% della popolazione (previsione fatta dal Ministro per l’Innovazione Tecnologica). Un dato forse utopistico, almeno considerando come la maggior parte delle persone hanno reagito a tale annuncio. Ma nell’era di internet, come possiamo “rifiutarci” di scaricare qualcosa di così utile in nome della privacy? Come possiamo rifiutarci di consentire lo scambio di informazioni tra smartphone entro un metro, quando tutti i giorni utilizziamo social network come Facebook e Instagram? I social di Mark Zuckemberg ad esempio, richiedono agli utenti di Android e iOS qualsiasi tipo di permesso. Accesso alla posizione, alla fotocamera e al microfono del dispositivo; accesso ai contatti della rubrica, all’archivio e infine, anche al calendario.

 

Quello della privacy nell’era di internet è un argomento davvero spinoso, spesso sottovaluto dagli utenti,è un dato di fatto. Ma cestinare “Immuni”, un progetto che dovrà fare della fiducia degli utenti il suo vero punto di forza, oltre a essere egoista, potrebbe rivelarsi un errore. Perché il problema di “Immuni” non è la privacy, ma la disinformazione di quelli che si spera, saranno i suoi utenti. In fondo, ci facciamo geolocalizzare da Tinder per incontrare nuovi single; da Facebook e Instagram per far sapere a tutti cosa stiamo facendo; dalle app di food delivery per acquistare cibo a domicilio; perchè non farci geolocalizzare per una buona e nobile causa?

 

fonte immagine di copertina: http://www.stradadeiparchi.it/coronavirus-immuni-lapp-per-contrastare-il-contagio/

 

 

 

Matteo Paniccia

Nato ad Alatri il 23/03/1997, attualmente collabora per numerose testate giornalistiche sportive. Raccontare di calcio però, non è il suo unico hobby (fortunatamente). C'è spazio anche per i libri, la musica e i videogiochi.

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