E’ inutile negarlo, in questi giorni Chernobyl, serie tv targata HBO sta facendo parlare parecchio di sé, riportando a galla un passato rimasto a lungo sepolto nella nostra storia. E’ proprio la potenza delle sue “parole” a condurre alla riflessione ed anche ad altre svolte tutte contemporanee (come il fenomeno delle fotografie sul posto o la risposta della Russia in merito).
Questo secondo episodio di Chernobyl si muove interamente, o quasi, all’esterno della centrale nucleare, in opposizione all’impianto narrativo del primo. Adesso l’attenzione principale si sviluppa lungo le conseguenze, le risposte da parte del mondo e soprattutto le mosse per riparare a quanto accaduto.
Gli eventi hanno avuto un impatto così forte da non poter essere celato tanto facilmente, in una continua fuga di radiazioni e di notizie che comincia a scuotere e ad allarmare. L’introduzione di Ulana Khomyuk, interpretata da Emily Watson, contribuisce ancor di più a smorzare le false speranze, eliminando qualsivoglia specchietto da davanti agli occhi. Il suo personaggio rappresenta, infatti, una delle risposte più decise alle scelte prese dall’alto. Determinata la vediamo muoversi in un labirinto di parole senza peso e di frasi a metà…
In parallelo le prime, forti, conseguenze del disastro nucleare, con la sofferenza dei pompieri di Chernobyl ad invadere le corsie dell’ospedale più vicino e i primi segnali di una paura sconosciuta ma vera, che portano ad una scena chiave ancora oggi istantanea storica: i medici, realizzando la situazione gettano gli abiti di queste persone nel seminterrato abbandonandoli lì.
Intanto la Russia convoca un consiglio attraverso cui comprendere quanto stia realmente accadendo, proprio qui i lineamenti di Valery, personaggio introdotto nella conclusione del primo episodio di Chernobyl, cominciano a prendere forma davanti agli spettatori. Mentre si cerca di appianare gli allarmismi sarà proprio lui ad ipotizzare il peggio, partendo dal rapporto che stringe nelle proprie mani.
Questo conduce ad una serie di eventi a catena che combaciano perfettamente con il viaggio di Ulana. Il volo sul reattore, i volti e le parole velenose dei direttori della centrale e la realizzazione di quanto è realmente accaduto, dipingono gli occhi di Valery e Schcherbina, altro personaggio chiave di Chernobyl, i quali finalmente comprendono il peso di quello che sarà il loro incarico.
Tutte le scelte che prenderanno, tutto quello che faranno sarà a discapito delle proprie vite che, in questo frangente, vengono messe da parte senza dimenticare mai l’innocenza di coloro che ignorano ogni cosa, in una climax che disegna un vuoto, un’evacuazione che invece di spingere al silenzio urla, urla nei movimenti di camera, nella rappresentazione silenziosa di un dolore che serpeggia fra i banchi di scuola abbandonati, fra i tavoli dei ristoranti e i corridoi e le stanze degli ospedali e i cortili ora in mano ai cani.
Ecco che in Chernobyl la morte di pochi diventa un prezzo da pagare per milioni di persone, ecco che i veri eroi dovranno consumarsi per riparare il futuro…