Game Of Thrones

Game of Thrones: l’episodio 8×03 è stato una delusione?

Dopo nove anni di attesa è finalmente successo, la resa dei conti tra gli estranei e i guerrieri di Westeros è stata spettacolare e… deludente

Sono passati nove lunghissimi anni dalla prima stagione di Game of Thrones, la scommessa di HBO che è valsa all’emittente americana una montagna di premi e un introito economico stellare. Ma cosa ha reso grande la serie tv in Italia conosciuta come Il Trono di Spade? Secondo molti, l’imprevedibilità.

Il più grande “plus” di Game of Thrones è sempre stato il pericolo costante, la paura di poter perdere un personaggio amato in qualsiasi momento: per una scelta stupida (lo ricordano bene Robb Stark e Oberyn Martell), per aver avuto troppo cuore (ricordiamo Ned Stark) o per averne avuto troppo poco, come nel caso di re Joffrey Baratheon.

Ma GoT non è stata solo questo: le musiche stellari, i dialoghi ben scritti, le prove attoriali strappalacrime, la storia avvincente e le coreografie dei combattimenti sono tutte qualità che hanno reso la serie quel che è, un capolavoro.

Certo, che dopo aver superato i libri ci sia stato un evidente calo nella bontà dei dialoghi e nella volontà di creare colpi di scena è solo naturale, non ci si può aspettare che qualcuno possa scrivere il proseguo della storia di George R.R. Martin meglio di lui stesso, ma la puntata 8×03 ha fatto, secondo molti, qualcosa di ben più grave. Andiamo ad analizzare passo per passo i problemi dell’episodio.

Il primo problema si trova nel montaggio della puntata stessa, che è stato anche l’oggetto di critica più serrata da parte del pubblico. La scelta di ambientare lo battaglia più importante della saga di notte è stata già di per se un’idea discutibile: se da una parte è infatti naturale che l’atmosfera notturna incuta più timore e abbia aiutato gli sceneggiatori a nascondere fino all’ultimo l’armata dei non morti, dall’altra è altrettanto facile notare come la stessa scelta abbia reso oltremodo caotica e poco chiara la natura degli scontri.

Per i primi dieci minuti della puntata il build up ci è sembrato intenso e vibrante: lo scambio da pelle d’oca tra Verme Grigio e Melisandre, le mani tremolanti di Samwell Tarly, la paura nel volto di tutti i protagonisti e la nebbia che nasconde l’infinita armata del Re della Notte sono stati momenti epici, capaci di innalzare al tensione fino al culmine.

Un crescendo meraviglioso e da batticuore, che non trova tuttavia un degno proseguo per due scelte imbarazzanti da parte degli sceneggiatori: la carica insensata dei dothraki, ridotti ad attaccare immotivatamente un nemico nascosto, e il successivo scontro tra vivi e morti, reso compiutamente caotico per via dell’oscurità dello schermo.

Il problema si accentua poi nella scena successiva, quando l’attacco congiunto di Jon e Daenerys, rispettivamente in sella a Rhaegal e Drogon, si evolve in uno scontro in mezzo alle nuvole, che rende pressoché impossibile capire gli sviluppi del combattimento contro Viserion e il Re della Notte.

Certo i quindici minuti finali, accompagnati da una superba composizione di Ramin Djawadi, non possono che far brillare gli occhi, così come la splendida coreografia che mostra la disciplina in combattimento degli immacolati; ma dopo due anni di attesa ci è concesso dire che forse era lecito aspettarsi qualcosa di più, specie da Miguel Sapochnik, lo stesso direttore della Battaglia dei Bastardi e dello scontro di Aspra Dimora.

Il secondo vero problema dell’episodio è stato in realtà figlio di un lungo percorso, iniziato con la prima puntata della settima stagione. Le morti dell’episodio sono state, a conti fatti, parecchie: Edd, Lyanna Mormont, Beric Dondarrion, Theon Greyjoy, Jorah Mormont, il Re della Notte e Melisandre, tuttavia nessuna di queste ha dato quel senso di stupore tipico della serie.

Dalla settima stagione Game of Thrones “perdona” con più facilità i suoi personaggi, ecco allora che Sam Tarly, Tormund, Verme Grigio, Podrick, Jaime e Brienne sembrano morire più volte ma in realtà sopravvivono, Daenerys e Jon si salvano paradossalmente da situazioni impossibili, Tyrion e Sansa continuano a sembrare intoccabili nonostante vengano messi costantemente in situazioni di grave pericolo.

Nella puntata non c’è spazio per la dipartita di un vero protagonista, tranne che nel caso di Theon Greyjoy, morto comunque solo dopo aver completato pienamente il suo percorso di redenzione, dopo una carica cliché tipica dei più banali B movie americani. Stesso discorso per i Mormont, morti da eroi uccidendo un gigante o difendendo la propria regina, in un momento in cui i loro personaggi non avevano davvero più nulla da dire.

Non fraintendete, l’episodio resta di carico di momenti tesi e affascinanti, ma l’impressione che tutti questi salvataggi all’ultimo in pieno stile hollywoodiano stiano rovinando ciò che aveva reso imprevedibile la saga sembra via via prendere sempre più piede.

L’ultimo problema è senza dubbio il più grave dei tre e riguarda la chiusura della puntata. Negli anni sono state formulate centinaia di teorie su un presunto legame tra Bran e il Re della Notte, così come si è molto discusso degli obbiettivi dell’estraneo e a cosa avrebbe portato lo scontro finale a Westeros.

La scelta finale ridicolizza, senza mezzi termini, tutto il percorso di costruzione dei due personaggi fondamentali citati prima: Bran e il Re della Notte. Con un colpo di daga Arya scrive la parola “fine” sulla storia dell’invasione dei non morti, e cancella qualsiasi teoria contorta e sorprendente riguardante il legame tra i due.

Ma non è solo un problema di “finale anticlimatico” come è stato definito da molti, la scelta di Arya potrebbe infatti anche risultare sensata: anni di preparazione, le profezie di Melisandre e Bran e il sacrificio di Dondarrion potrebbero effettivamente essere serviti come trampolino di lancio per arrivare a questo finale.

Questa scelta però banalizza eccessivamente il percorso di Bran, ridotto a fissare il vuoto per tutta la puntata, così come quello del Re della Notte, capace di farsi sorprendere alle spalle nonostante l’enorme numero di guardie a sua protezione (un enorme controsenso, se consideriamo che qualche scena prima un non morto sembrava in grado di percepire il rumore di delle goccioline di sangue).

Game of Thrones rimane certamente una grande serie, ma il finale di questo episodio ha lasciato a molti un sapore agrodolce in bocca, come se il lavoro di Benioff & Weiss si fosse venduto al fan service e abbia completamente rinunciato a essere quell’imprevedibile e meravigliosa trasposizione che ci fece innamorare molti anni fa.

E voi? Cosa ne pensate? Siete rimasti soddisfatti dall’episodio? Fatecelo sapere, mentre se cercate un’analisi imparziale dell’episodio potete dare un’occhiata alla nostra recensione.

Alessandro Digioia

26, studente universitario presso il Campus Luigi Einaudi di Torino. Scrivo occasionalmente di sport, cinema, videogiochi, musica e attualità.

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