Il Miracolo acquista un lato ancora più criptico e crudo di quanto lo era stato finora. La quinta e la sesta puntata trascinano i personaggi verso il baratro per farli impazzire. La recensione di Gogo Magazine.
Ogni settimana che passa Il Miracolo di Niccolò Ammaniti alza il livello. Sempre più corposo, denso, criptico, coinvolgente e scioccante. Le vicende si sviluppano su un equilibrio delicato, un filo sottile su cui i personaggi camminano con la paura di cadere da un momento all’altro. Il baratro li circonda e loro, spogliati di ogni certezza, fanno i conti con se stessi, completamente nudi di fronte all’esistenza.
Il Miracolo: Isacco
L’Isacco più iconico è sicuramente Nicolino, ma non è l’unico. Uno dei passi più duri e controversi del Vecchio Testamento permea nella quinta e sesta puntata come un predatore alla ricerca della vittima perfetta. Quasi pedissequamente viene riportato con la vicenda di Nicolino. Un Isacco ingenuo e inconsapevole guidato da un Abramo distrutto e lacerato per un ordine ricevuto da un dio che ha assunto le forme di un boss della ‘ndrangheta. A dir poco blasfema la trasposizione ma carica di un’intensità forte quanto l’impeto che potrebbero avere delle cascate su un corpo inerme.
Nicolino abbraccia suo padre
E la fine è identica al passo biblico, ma senza l’intervento divino. In questa trasposizione è la scelta del padre, l’Abramo in questione, a determinare la conclusione. Il Miracolo gioca sul ruolo che ogni personaggio si è trovato a recitare, dimenticando la propria natura e la propria identità. Ma messo di fronte al baratro, a qualcosa di fortemente traumatico è come se quel personaggio si destasse da un sonno profondo e ricordasse all’improvviso chi è e cosa prova realmente.
Succede al padre di Nicolino come succede alla first lady Sole Pietromarchi. Ecco l’altro Isacco, questa volta femminile, meno intuibile ma ugualmente efficace. A dispetto di Nicolino, lei è un Isacco consapevole che va volontariamente incontro al sacrificio e così facendo lo disinnesca, lo ribalta e lo sfrutta per liberarsi una volta per tutte dal ruolo a cui si è trovata legata. Ma anche lei ha il suo Abramo. In questo caso, il premier Fabrizio Pietromarchi, suo marito.
Sole (Elena Lietti)
Sole Pietromarchi giudicata come simbolo, in quanto first lady, accetta la gogna mediatica. Soddisfa il piacere dei telespettatori e dandosi in pasto alle telecamere riacquista la stessa umanità che aveva perso o almeno nascosto. Mostrandosi per quello che è si spoglia del simbolo e rinasce come donna. Il sacrificio diventa liberazione.
Il Miracolo: La croce
Se la trasposizione della vicenda biblica del sacrificio tiene banco, in disparte, nascosta, abbandonata aleggia la croce. Quella croce simbolicamente dimenticata su una metro da Padre Marcello. La croce si lega a doppio filo con Isacco. Anzi, possiamo dire che è una sua versione alternativa. Entrambi simboleggiano il sacrificio di un figlio con la “piccola” differenza che uno viene portato a termine, mentre l’altro no.
Padre Marcello in metro con la croce
La croce è il peso delle responsabilità, delle colpe, delle azioni di una vita intera: ci dobbiamo convivere, prima o poi. Padre Marcello (Tommaso Ragno), prendendola su di sé, è come se cercasse riscatto, come se avesse deciso di affrontarle una volta per tutte. La tiene stretta a sé, come se fosse l’unica cosa che conta. E poi la dimentica e la vede scomparire.
È di nuovo solo, sul ciglio del baratro con i suoi demoni come comincia a esserlo Fabrizio Pietromarchi (Guido Caprino). Se, infatti, il premier aveva sempre dato prova di autocontrollo, razionalità e calma, in questi due episodi tutto questo vacilla. Come è successo a sua moglie e a Padre Marcello si sta spogliando del ruolo che gli è stato assegnato, e riaffiora la sua identità più profonda, spontanea, vera, profonda. I suoi scatti d’ira sono il sintomo di una fase di transizione.
E il miracolo, sottoforma di statua, osserva tutto, impassibile e indifferente.
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Il Miracolo 1x05-06
9.5Reviewer
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Conclusioni
La perfezione non esiste ma Il Miracolo ci va parecchio vicino.
Formazione prettamente umanistica: dalla triennale in Lettere a Torino alla magistrale in Editoria e giornalismo a Roma. Appassionato di scrittura e cultura... e oramai da anni invischiato nel mondo delle serie tv.