Maniac, la nuova serie Netflix, gioca con i generi cinematografici e la sovrapposizione di universi per raccontare la semplice storia di due individui e dei loro problemi psicologici.
Il ruolo dei riflessi in Maniac
“Ipotesi: ogni anima è in cerca di una connessione. Corollario: le nostre menti non sono consapevoli della ricerca”. Così si apre Maniac, la nuova serie tv marcata Netflix, con un monologo che individua lo scontro tra materia ed energia come principio di tutte le cose, mentre sullo schermo si alternano immagini di collisioni tra corpi celesti e amebe che inglobano altri organismi. La voice over appartiene a James K. Mantleray, un ricercatore che ambisce ad eliminare il dolore e la sofferenza attraverso l’impiego di farmaci, molto simili a sostanze allucinogene, che si sostituiscono alle consuete pratiche di psicoanalisi. La terapia sperimentale consiste nell’assunzione di tre pillole che portano il paziente a creare dei mondi immaginari in grado di metterlo in relazione con i traumi del proprio passato. Il regista Cary Fukunaga (True Detective,Beasts of no Nation) sfrutta l’espediente dei viaggi mentali, chiamati in Maniac riflessi, per intrecciare tanti universi paralleli che giocano con i generi cinematografici, alternando la crime story al fantasy e così via. I protagonisti delle fantasie sono sempre Annie e Owen, interpretati rispettivamente da Emma Stone e Jonah Hill, che si incontrano l’una nel riflesso dell’altro, balzando di luogo in luogo, di tempo in tempo, e lo spettatore si immerge con loro all’interno di queste infinite incarnazioni.
La coppia vincente di Maniac
I riflessi sono il vero fulcro narrativo e concettuale di Maniac, tanto che lo spazio riservatogli sullo schermo occupa gran parte della durata dello show. I primi episodi di Maniac sono dedicati alla presentazione dei due personaggi, alle loro abitudini e al rapporto con le rispettive famiglie, mentre poi osserviamo Annie e Owen vestirsi di abiti nuovi e impensabili: da un gangster catatonico ad un elfo alcolizzato. La prima ragione della riuscita di Maniac risiede nelle prestazioni sfolgoranti della Stone e di Jonah Hill, abili a mutare personalità e a dispensare equamente ironia e dramma. I due sono in perfetta sintonia eppure rappresentano dei personaggi completamente differenti: lei ha sviluppato una forte dipendenza alla pillola A, lui è una vittima rassegnata alle proprie allucinazioni schizofreniche. Ciò che li accomuna è solamente un passato doloroso e una indefinita sensazione di inadeguatezza che li spingeranno ad intraprendere il trattamento effettuato nella clinica farmaceutica. Annie e Owen sono due tra le tante possibili manifestazioni della sofferenza umana e perciò seguiranno dei percorsi personali anche se connessi: Maniac fa molta attenzione a non banalizzare la complessità di una patologia e, infatti, si mostra spesso scettica nei confronti dei giudizi clinici generici che non considerano le particolarità di ogni individuo. Non è un caso che quello ideato dal Dott. Mantleray non si riveli un vero e proprio trattamento quanto un’occasione per creare legami e debellare uno dei più grandi mali che grava sull’uomo: la solitudine.
Maniac e la sua ambientazione retro-futuristica
In quanto ad eccentricità il mondo “reale” non ha nulla da invidiare alle creazioni fantastiche dei riflessi: Maniac è ambientata in una New York retro-futuristica dove conoscenze sofisticate convivono con un’atmosfera anni ’80. La tecnologia, in controtendenza rispetto al gusto moderno, si presenta sotto forma di marchingegni grossolani e rumorosi che mettono in mostra la propria presenza, come il piccolo robot automatico addetto alla pulizia delle strade. Allo stesso modo anche la pubblicità non è per nulla volatile, al contrario i classici banner o spot televisivi vengono sostituiti con delle persone in carne e ossa (i così detti Buddy) che offrono denaro in cambio di annunci commerciali. Anche se la componente fantascientifica si ferma ad un livello piuttosto superficiale (in fin dei conti è trattata come un pretesto utile giustificare l’esistenza dei riflessi), l’estetica vagamente steampunk e molti altridettagli stravaganti costruiscono il retroterra comico e distopico di Maniac che, pur non rinunciando alla leggerezza dei toni, presenta una comunità instabile e fortemente disorientata. Ecco allora che entrano in gioco la clinica farmaceutica e le pillole allucinogene con il preciso intento di eliminare i problemi dell’uomo a partire da un’azione diretta sulla sua psiche.
Conlusioni | Maniac
Non risulta difficile affermare che con Maniac Netflix (che ha già in progetto una nuova serie horror) si assicura una mini-serie decisamente ben fatta che ha tutte le carte in regola per diventare uno dei prodotti più interessanti del suo catalogo stagionale. Maniac funziona sia sul piano della costruzione dei personaggi sia sul piano narrativo, dove anche i livelli di realtà sono gestiti in maniera originale: il discorso di Maniac non verte tanto sulla confusione tra realtà e fantasia, ma si concentra sulla dignità della messa in scena di quegli stessi universi fantastici. Come afferma il Dott. Mantleray nel prologo della serie “tutti i mondi che sono quasi esistiti contano tanto quanto il nostro mondo”; da questo punto di vista Maniac non è altro che un groviglio di tante storie che ne raccontano solo una, quella di due persone che si avvicinano. In linea con l’ipotesi esposta in principio dalla voice over, Maniac si configura come la dimostrazione che ogni uomo tende innatamente verso il contatto sincero di un suo simile.
Maniac: la nuova stravagante serie Netflix ha colpito? | RECENSIONE
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Pro
Le interpretazioni dei protagonisti e dei personaggi secondari
Il trattamento del tema della malattia mentale
La rappresentazione degli universi mentali
Contro
La rappresentazione poco curata di alcuni elementi fantascientifici