Un ritorno inaspettato a dieci anni dall’ultimo episodio: dal primo maggio Boris è tornata su Netflix. Che dire, siamo contenti.
Un ritorno a sorpresa su Netflix, per la gioia dei fan
L’annuncio è arrivato dai canali social della piattaforma, così, all’improvviso, in perfetto stile Boris. Dal primo maggio, insieme alla consueta ricchissima offerta, è tornata su Netflix una serie cult degli anni 2000. Boris, quattordici episodi per ogni stagione (in tutto tre), è andata in onda dal 2007 al 2010 su Fox e successivamente in chiaro su Cielo. Il successo l’ha fatta diventare un film, Boris – Il film appunto, uscito nelle sale nel 2011. Ed ora eccola di nuovo, al completo, sulla piattaforma più frequentata di tutte.
“Basito lui, basita lei, luce un po’ smarmellata e daje che abbiamo fatto”.
*preme F4*
“Fermi tutti, c’ho un’idea. Rimettiamo #Boris. Così, de botto, senza senso”.
⁰“Aspetta n’attimo”. *chiude una telefonata* “Genio”. *gli stringe la mano*
Parafrasando una delle battute più famose della serie, ieri Netflix ha comunicato su Twitter il grande ritorno, accolto dalla felicità dei fan. Ed anche di alcuni attori, Carolina Crescentini e Paolo Calabresi fra tutti. Che insieme a Francesco Pannofino, Caterina Guzzanti, Ninni Bruschetta, Pietro Sermonti, hanno formato un cast affiatatissimo, diventando un tutt’uno con i loro personaggi, che, infatti, sono ancora ricordati. Boris torna disponibile un anno dopo la prematura scomparsa di Mattia Torre, sceneggiatore della serie insieme a Giacomo Ciarrapico e Luca Vendruscolo. Uno dei migliori narratori del nostro Paese (da leggere i suoi due In mezzo al mare), che ha saputo raccontare meglio di chiunque altro quello che lo circondava. E non è un caso che i suoi lavori siano così attuali anche se di dieci anni fa. Non è un caso che siano diventati un cult: una buona percentuale delle battute che sentite, soprattutto a sfondo politico (perché, indirettamente, tutto è politica) provengono da Boris, e quindi dalla penna di Mattia Torre.
La trama di Boris
È un piccolo capolavoro, che racconta in maniera spassosa una tragedia molto italiana: la sua infima programmazione televisiva. Descrive una realtà, ma parla di tutto il Paese. Le dinamiche della redazione sono raccontate attraverso tutti i luoghi comuni possibili: Boriscita in chiave grottesca, romana, un po’ coatta, geni del cinema come Lynch e Kubrick (in questo, bisogna dirlo, ricorda Scola). C’è il regista, René Ferretti (Pannofino), disilluso e cinico, che gira prodotti «a cazzo di cane», come dice sempre lui. C’è Stanis (Sermonti), protagonista della fiction, attore mediocre che si atteggia a divo (sua la battuta sui toscani, che hanno rovinato questo Paese). Dall’altra parte c’è Corinna (Crescentini), arrivata a recitare solo perché amante del capo della rete televisiva, il Dottor Cane. E questi sono solo alcuni dei personaggi di Boris, un microcosmo che descrive le dinamiche, italianissime, che si verificano in tutti i settori, primo fra tutti la politica. Una serie da vedere e rivedere anche a dieci anni di distanza.