Nel podcast ufficiale della serie HBO Watchmen, lo showrunner Damon Lindelof riflette sua alcuni temi cardine dei primi tre episodi della nuova miniserie.
Giunta alla sua terza puntata, la miniserie Watchmen si sta rivelando come uno dei prodotti più interessanti del 2019. Damon Lindelof – già ideatore del successo di Lost – ha sfruttato infatti ancora una volta giochi di incastri ed enigmi per realizzare un successo internazionale. Lo showrunner nella prima puntata del podcast ufficiale della serie ha rivelato alcuni dettagli sul progetto. Ha svelato, infatti, che sin dal principio non è stato semplice avvicinarsi a un fumetto cult come quello realizzato da Alan Moore e Dave Gibbons. Lindelof, quindi, ha scelto di percorrere una strada complessa ma originale per rielaborare Watchmnen portandolo sul piccolo schermo.
Watchmen e il mondo reale
Nel contenuto speciale diffuso da HBO, Damon Lindelof ha dichiarato che gli eventi del 2016 di Charlotte (USA) hanno giocato un ruolo chiave in questa produzione. Le rivolte della comunità afroamericana legate ai numerosi omicidi a opera della polizia hanno quindi esercitato un’influenza importante su Watchmen. Non è un caso, infatti, che la serie sia in gran parte ambientata proprio a Tulsa in Oklahoma dove nel settembre 2016 è stato ucciso un quarantenne afroamericano. Il parallelismo, quindi, con il massacro del 1921 illustrato nella prima puntata di Watchmen viene di conseguenza.
Questi eventi e la passione per il fumetto di Moore hanno portato Lindelof a chiedersi come sia possibile che anche dei suprematisti bianchi agiscano alla luce del sole senza essere fermati. Non è forse questo il concetto legato all’utilizzo di una maschera? Coprirsi il volto è un gesto per proteggersi da minacce oppure per giustificare con l’anonimato le proprie azioni? Per questo il simbolo della maschera diventa un interrogativo costante, quasi martellante in Watchmen. Lo spettatore, tramite accurati e sofisticati dettagli della messa in scena, sarà portato a chiedersi le motivazioni dei personaggi, le loro sfumature e, soprattutto, comprenderne il punto di vista. Qual è, però, la vera differenza tra la maschera di Rorschach utilizzata dai suprematisti, il costume di Sister Night e i bavagli gialli della polizia? Al pubblico l’arduo compito di trovare una risposta. O meglio: la necessità di schierarsi formulando e sviluppando la propria opinione davanti agli avvenimenti.