In occasione dell’inizio di Settembre, mese che testimonierà il ritorno sulla NBC del franchising One Chicago, la rubrica di Gogo Magazine, dedicata esclusivamente al racconto di una singola scena di una serie tv in grado di racchiudere in sé il significato più autentico della storia, ritorna a Chicago e in particolar modo nella caserma 51 di Chicago Fire. E nel farlo vi ricorda il potere di un gesto gentile.
Annie Lennox, straordinaria e storica leader del gruppo musicale Eurythmics una volta ha detto: “Fa della gentilezza un’abitudine e cambia il tuo mondo” [“Make kindness your daily modus operandi and change your world”]. Ed è affascinante rendersi conto di quanto Chicago Fire spesso faccia di questa frase o della lezione che esprime un mantra che guida costantemente la sua quotidianità.
Già nel primo appuntamento di questa rubrica, avevamo focalizzato la nostra attenzione sulla capacità di un’altra realtà di Chicago, quella di Chicago Med, di trasmettere con una singola scena una sensazione di ottimismo, anche o soprattutto nel momento in cui la speranza viene meno dopo una delusione inaspettata. Oggi invece vogliamo mostrarvi quanto Chicago Fire non perda mai del tutto la fiducia nell’umanità, nonostante i suoi protagonisti siano spesso in prima fila ad assistere al decadimento di ogni umana virtù.
Lo spettacolo della città di Chicago che questo franchising ci offre in ogni stagione è omogeneo e variegato al tempo stesso, e ognuna delle tre serie tv che compongono questa narrazione rappresentano proprio un volto di questa città così ardente e gelida. Se Chicago P.D. infatti racchiude l’aspetto più oscuro e imperdonabile di questa metropoli, e Chicago Med invece diventa una sorta di asilo e rifugio sicuro per l’intera popolazione senza condizioni morali o distinzioni, Chicago Fire si è sempre distinta come baluardo di ciò che di buono e positivo si può ancora trovare in una città così difficile.
Questa scena di Chicago Fire in particolar modo, che in realtà fa da cornice a un intero episodio [il 5×13 “Trading in scuttlebutt”] segnandone l’inizio e la fine, è esattamente il tipo di scena che nella vita di tutti giorni, da entrambe le parti dello schermo, metterebbe tutti d’accordo per una semplice e cinica ragione: perché sembra impossibile che si realizzi. Ma Chicago Fire ha avuto ugualmente il “coraggio” di mostrarla, anche a costo di essere tacciati di buonismo, perché questo è il segno che la serie ha voluto lasciare nel panorama televisivo a cui si rivolge fin dal principio.
È quasi inevitabile che il protagonista di questa scena di Chicago Fire sia Christopher Herrmann, un personaggio che con alti e bassi rappresenta ancora oggi un fulgido esempio di luminosità della serie. Herrmann è l’uomo delle parole semplici ma importanti, è l’uomo degli investimenti assurdi e della famiglia numerosa, è l’uomo che proprio per la sua innata gentilezza ha rischiato la sua vita al di là dei confini del luogo di lavoro e poi ha anche avuto la forza di perdonare il suo aggressore. In poche parole, Herrmann è quel personaggio di Chicago Fire che più mostra un comportamento umanamente utopico.
E nell’episodio di Chicago Fire in questione la sua attitudine nei confronti del prossimo raggiunge livelli incomprensibili anche per i suoi stessi compagni. Quando un uomo sconosciuto, dall’aspetto visibilmente trasandato, entra di notte in un bar vuoto in cerca di soldi, raccontando una storia inverosimile su come abbia bisogno di rimettere in piedi la sua vita e di acquistare un completo per un fantomatico colloquio di lavoro in banca, anche la protagonista più ingenua del mondo delle favole sospetterebbe dell’onestà di quel momento.
Ma Chicago Fire in quanto serie e il protagonista che in questi casi più ne incarna gli ideali, Christopher Herrmann, abituati in fondo a rischiare la propria vita ogni giorno per sconosciuti che non rivedranno mai più, accettano anche questa volta di correre un nuovo tipo di rischio, fidandosi del nulla, senza assicurazioni, senza certezze, senza prove concrete, abbandonandosi semplicemente alla dolce e incompresa sensazione di aver compiuto un gesto gentile.
Quando a distanza di 24 ore però, nel finale dell’episodio di Chicago Fire, Greg ritorna al Molly’s trionfante e nelle vesti letterali e metaforiche di una persona nuova, la scena che ne deriva, per quanto possa continuare ad apparire inverosimile, ti travolge con un’ondata di positività tale da commuovere. La reazione di Herrmann in questo scenario diventa l’emblema di tutta la storia di Chicago Fire e dell’intera caratterizzazione del personaggio: c’è assoluta sorpresa sul suo volto, proprio perché in fondo non si aspettava davvero di rivedere quello sconosciuto, e c’è profonda e incondizionata gioia, non per la consapevolezza di aver avuto ragione a fidarsi, ma per la speranza confermata di poter ancora trovare qualcuno lì fuori che meriti questa fiducia.
Chicago Fire è il tipo di serie tv che non verrà candidata all’Emmy tanto presto ma è anche quella serie tv che più di tante altre riesce a far proprio uno degli obiettivi più intrinseci del fare televisione, ossia riuscire ad accompagnare l’ordinarietà dello spettatore che cerca una via di fuga, coinvolgerlo in una realtà così distante eppure così simile e infine mostrargli un modo diverso e migliore di affrontare la sua quotidianità.
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