Picnic at Hanging Rock, la mini serie targata FremantleMedia Australia è arrivata al suo capolinea. Ieri, su Sky Atlantic, sono andati in onda gli episodi conclusivi, quinto e sesto. La recensione di Gogo Magazine.
Picnic at Hanging Rock si riprende lievemente nel finale concentrato che si chiude rapidamente su se stesso. Come una mano che diventa improvvisamente un pugno per cercare di afferrare qualcosa nell’aria. Uno scatto, un rumore sordo e poi buio.
Nonostante questo, come avevamo ampiamente già trattato nelle recensioni degli episodi precedenti, Picnic at Hanging Rock arranca faticosamente verso la conclusione. Se i protagonisti della vicenda dovevano essere il mistero e l’oscurità, è una indefinita noia a padroneggiare le scene e gli sviluppi della trama.
Marion (Madeleine Madden), Miranda (Lily Sullivan) e Irma (Samara Weaving)
Hanging Rock, la roccia nella selvaggia periferia di un’Australia a inizio novecento, se ne sta lì, in disparte. Mai in primo piano… sempre sullo sfondo misteriosa e minacciosa. La vediamo così o al suo interno. La telecamera si snoda nelle sue viscere inseguendo o scappando da qualcosa che è inafferrabile e inconsistente. Una cosa che si nota sempre di più mano a mano che la vicenda si evolve. Ma i protagonisti sono altri.
A dettare legge sono gli amori proibiti, i passati oscuri, le libertà negate dei personaggi che si muovono all’interno del collegio o che hanno un rapporto con esso. Picnic at Hanging Rock è questo. E se l’idea di per sé potrebbe avere spunti interessanti, la resa non rende (scusate il gioco di parole). I dialoghi che riempiono le scene appaiono talune volte forzati altre volte banali, spezzati saltuariamente da qualche frase a effetto per riaccendere l’attenzione dello spettatore.
Picnic at Hanging Rock: la regia
Passando alla regia, se l’avevamo definita coraggiosa nei primi due episodi di Picnic at Hanging Rock, sembra più adeguata l’espressione “esageratamente azzardata“. Le continue distorsioni rendono pesanti le varie scene, soprattutto se accompagnate dalle sempre più frequenti allucinazioni dei vari personaggi (soprattutto di Mrs Appleyard) e dalle alternate messe a fuoco tra il soggetto in primo piano e quello sullo sfondo. Decisamente barocca, abbondante che rischia di stufare. Cosa che si nota maggiormente per la non eccelsa prova attoriale dei vari interpreti che peccano, chi più chi meno, di un’enfasi troppo marcata nei gesti, nelle espressioni e nelle battute.
Come direbbe la vedova Appleyard (Natalie Dormer), l’oscurità avvolge tutto e tutti. Dissolvenza in nero. Si chiude il sipario. Picnic at Hanging Rock è finito.
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Picnic at Hanging Rock
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