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Assassin’s Creed Odyssey | Atene – L’arte, tra finzione e realtà
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6 anni agoon
Torniamo indietro nel tempo, nella Grecia del V secolo a.C., per riscoprire l’arte classica e vedere come Ubisoft sia riuscita a ricrearla in Assassin’s Creed Odyssey. Prima tappa del nostro viaggio è la democratica Atene di Pericle.
Tutti ormai lo sanno. La saga di Assassin’s Creed può deludere sotto molti aspetti, ma su uno non deluderà mai: la ricostruzione storica. Ogni capitolo ricrea alla perfezione le atmosfere, i costumi, le architetture che ci possiamo immaginare solo attraverso la lettura di documenti scritti o opere d’arte ormai segnate dal tempo. Questo Assassin’s Creed Odyssey non fa eccezione. Ubisoft è riuscita a ricreare la Grecia del V secolo a.C. in modo impeccabile, anche se (per ovvi motivi di gameplay) non in modo perfettamente realistico. Vediamo, quindi, fino a dove la linea della finzione si perde in quella della realtà. Iniziamo il nostro viaggio dalla Grande Atene.
Assassin’s Creed Odyssey | L’arte greca, tra finzione e realtà
Atene, la culla della democrazia
Atene nel V secolo a.C
Nel V secolo a.C., dopo che la Grecia Unita è riuscita a respingere i conquistatori persiani e il loro sovrano Serse I dai territori greci, Atene ha vissuto un periodo di prosperità e innovazione come non ne aveva mai visti. In poco tempo la città è diventata il polo centrale della cultura greca. Tutto questo è stato possibile grazie al suo “sovrano”, Pericle. Costui fu il padre della democrazia, il primo ad introdurla e attuarla. Pericle non si riteneva re di nessuno. Era lui che serviva il popolo e non il contrario.
Sotto la sua saggia guida, la città conobbe lo sviluppo delle arti, della letteratura, della filosofia. Atene doveva mostra la sua gloria attraverso lo sfarzo, la maestosità e la bellezza. Così, Pericle commissionò a svariati artisti la costruzione di templi imponenti, statue dalla perfezione impeccabile, luoghi pubblici dove il popolo potesse svagarsi e, allo stesso tempo, apprendere.
Proprio grazie a lui, l’Acropoli trovò nuovo lustro. I Propilei, il Partenone, la magnifica statua di Atena. Tutti monumenti voluti da Pericle e commissionati a Ictino (templi) e Fidia (decorazioni e sculture), amico fidato del “primo cittadino”, nonché più famoso e apprezzato artista del tempo.
“Artista”, parola che proprio in questo periodo inizia ad assumere il significato che gli attribuiamo oggi. Fino a quel periodo (e anche oltre), infatti, scultori, pittori e architetti erano considerati persone inferiori, vicine ai manovali e agli operai. Questo perché si sporcavano le mani con colori, calce e terra per completare le loro opere. Non erano né importanti né acclamati. Solo con quest’esplosione di cultura le cose iniziarono a cambiare.
Tuttavia, bisogna ricordare che l’arte non aveva lo stesso fine di oggi. Noi ci fermiamo ad ammirare le grandi opere greche (per quanto poche ce ne siano pervenute), stupiti dalla maestria, dalla perizia dei suoi creatori, armati solo di scalpelli e martelli. Nel V secolo le persone si fermavano per pregare, per chiedere aiuto agli dèi, domandandosi se quelle statue così perfette e accurate non fossero effettivamente la loro incarnazione.
Molto spesso non si conosceva l’autore di tali opere e, se si conosceva, questo veniva trattato con sufficienza dalla nobiltà. Fidia fu uno dei primi a crearsi un nome, grazie anche alla rinascita della città di Atene e alla passione di Pericle per le arti e la cultura.
Ma non fu solo l’arte a prosperare in quel periodo di fertilità culturale. Anche la filosofia trovò la sua strada nella vita cittadina, come il teatro e la scienza. Personalità come Socrate (considerato unanimamente il filosofo occidentale più importante mai esistito), Sofocle e Euripide (due tra i drammaturghi che hanno cambiato per sempre il teatro), ma anche Eschilo prima e Aristofane dopo, hanno contribuito a costruire una società democratica, paritaria (seppur con i suoi ranghi).
Questo vento di innovazione e progresso continuò fino alla fine della Guerra del Peloponneso quando, nel 404 a.C., gli spartani concquistarono Atene. Il governo democratico decadde e, da quel momento, la città non tornò mai più ai fasti raggiunti con Pericle.
L’Acropoli
Il nostro viaggio per le strade dell’Atene del V secolo non può che iniziare dall’acropoli, nuovo vanto della città governata da Pericle. Questa già esisteva, ma era circondata da fortificazioni che nel passato servivano per difendersi da eventuali assedi. Dopo diversi attacchi e ricostruzioni avvenute nel corso dei secoli, Pericle decise di restaurare il tutto e costruire qualcosa di immenso e glorioso, che avrebbe caratterizzato la città per sempre. Così commissionò a Ictino la costruzione di templi imponenti (che, grazie alla posizione rialzata dell’acropoli, si sarebbero visti a chilometri di distanza) e al suo amico Fidia la decorazione e la scultura di fregi e statue dall’imparegiabile bellezza. Tutti in Grecia conoscevano, anche solo verbalmente, la magnificenza di tali opere.
I Propilei
Una volta raggiunta la sommità dell’acropoli, la prima cosa che ci si trovava ad ammirare erano i Propilei, ovvero l’ingresso principale. Prima che venne costruita quest’immensa entrata, intorno all’acropoli svettavano le mura di fortificazione. Pericle le fece rimuovere, visto che ormai erano inutili data la grandezza della polis.
La facciata era composta da sei colonne in stile dorico equidistanti, ad eccezione delle due centrali, che lasciavano abbastanza spazio per far passare il carro da processione della Panatenee (che si teneva ogni quattro anni in onore della dea Atena Polias).
Erano presenti due ali laterali. Quella a nord ospitava la Pinacoteca, che conteneva opere d’arte raffiguranti soggetti mitologici, mentre quella a sud presentava un portico. Se all’esterno dava l’idea di una costruzione dorica, all’interno la percezione cambiava, in quanto molti elementi erano in stile ionico. A causa della difficoltà tecniche e della conformazione del paesaggio circostante, il Propileo non venne mai completato. Ancora oggi, infatti, è possibile vedere come alcune delle colonne portino i segni dello spostamento, testimonianza di una rifinitura mai avvenuta.
In Assassin’s Creed Odyssey, i Propilei sembrano tutt’altro che non ultimati. La loro maestosità è tale che si potrebbero scambiare per il Partenone stesso.
Atena Promachos
L’enorme statua di Atena che svetta sull’acropoli di Atene in Assassin’s Creed Odyssey è detta Atena Promachos. Quest’immensa statua in bronzo, creata da Fidia nel 456 a.C. circa, era alta 7,60 m. Era posizionato su di un basamento in marmo alto 1,50 m e si trovava tra i Propilei e il Partenone.
Non abbiamo molte testimonianze riguardanti quest’enorme scultura. Le più rilevanti sono quelle di Pausania, che descrive abbastanza dettagliatamente la statua. Non si mosse dall’acropoli di Atene fino al 426 d.C., quando Teodosio II la portò con sé a Costantinopoli, dove rimase fino al sacco della città da parte dei crociati nel 1203. Non è ben chiaro se l’abbiano distrutta i cittadini superstiti o i crociati stessi, dato che raffigurava una divinità pagana. L’unica cosa certa è che non possiamo fare altro che immaginare la sua magnificenza. Ubisoft è riuscita senza dubbio a riprodurre quell’immagine imprecisa e incerta alla perfezione.
Il Partenone
Superata la grande statua di Atena si arrivava finalmente al mastodontico Partenone. Dedicato alla dea Atena Parthenos (così chiamata per ricordare il suo stato di vergine e nubile, ma anche per la sua creazione per partenogenesi dalla testa di Zeus), rimane ancora oggi una delle opere architettoniche più importanti della cultura greca. Dietro la sua costruzione troviamo gli architetti Ictino, Callicrate e Mnesicle, supervisionati da Fidia. Il tempio non era propriamente adibito al compito che ci si aspetterebbe, ma veniva utilizzato come tesoreria della Lega di Delo (dalla quale vennero prelevati i fondi per la ricostruzione dell’acropoli).
Struttura esterna e Statua di Atena
A differenza di altri templi in stile dorico, questo presentava evidenti miglioramenti alla struttura (che a tratti riprendeva caratteristiche ioniche). Oltre a diverse applicazioni degli studi sugli effetti ottici, il tempio contava (e conta tutt’ora) otto colonne sul lato corto e diciassette su quello lungo, a differenza delle canoniche sei e tredici. Se da un lato si trovava l’entrata alla tesoreria (dove venivano depositate tutte le finanze della Lega di Delo), dall’altro si apriva l’entrata al tempio vero e proprio.
Al suo interno si trovava un’altra statua dedicata ad Atena sempre scolpita da Fidia. Questa, alta 12,75 m, era una statua crisoelefantina, ovvero parzialmente ricoperta in avorio. Le parti composte da questo materiale erano quelle zone del corpo nude (quindi, in questo caso, il volto e le braccia). L’avorio componeva solo un sottile strato esterno, sotto il quale si trovava una struttura di base, invisibile una volta ricoperta con il prezioso materiale. Il resto era in oro. Data la poca resistenza dell’avorio ad un clima secco, al centro del tempio era stata posizionata una conca d’acqua che aiutava a tenere l’ambiente interno umido in modo tale da non farlo spaccare.
Fregio dorico
La parte più famosa del Partenone (nonché quella che ci è pervenuta meglio conservata) è il fregio esterno. Le novantadue metope che lo compongono, scolpite sempre da Fidia in altorilievo, raccontano vicende mitologiche o storiche.
- Sul lato nord, quello meno conservato, sembra essere raffigurata la Guerra di Troia;
- A ovest si trova l’Amazzonomachia (ovvero la guerra tra ateniesi e amazzoni);
- Sul lato sud si può ammirare la Centauromachia (la battaglia dei Lapiti contro i Centauri durante le nozze di Piritoo);
- A est è raffigurata la Gigantomachia (ovvero la guerra tra gli Dèi dell’Olimpo e i Giganti).
Fregio ionico
Altro elemento di spicco è il fregio esterno della cella, rappresentante la Panatenee (la parata di cui abbiamo precedentemente parlato). Questo, in perfetto e inaspettato stile ionico, era lungo più di 160 m, del quale ce ne sono pervenuti solo 130. Tuttavia, sappiamo cosa contenevano quei 30 m mancanti grazie ai disegni di Jacques Carrey del 1674, quando il fregio e gran parte del Partenone erano ancora intatti.
La lettura di quest’opera marmorea in altorilievo, sempre del celeberrimo Fidia, parte dall’angolo sud-ovest e si dirama sia verso nord che verso est. Qualunque fosse la strada scelta dall’osservatore, sarebbe in ogni modo confluito all’entrata del tempio, sul lato est. Al centro di quest’ultimo si trova la consegna del Peplo alla dea Atena.
Frontoni
Altro elemento di spicco, ma meno conservato rispetto al fregio, sono i due frontoni. Il principale, quello occidentale (il primo che si vede se si arriva dai Propilei) rappresentava la disputa tra Atena e Poseidone per il controllo dell’Attica. Interessante vedere come l’impeto della discussione tra i due dèi si riperquota anche sugli altri partecipanti alla scena, come un virus dal quale neanche gli animali vengono risparmiati.
Il frontone orientale, quello posizionato sopra l’ingresso al tempio, raffigurava la nascita per partenogenesi di Atena dalla testa di Zeus (di cui abbiamo parlato poco fa). Entrambi erano composti da sculture a tutto tondo marmoree con dettagli in bronzo (nel gioco completamente bronzee, come i fregi) incassate nel timpano. Interessante il modo con il quale Fidia e i suoi collaboratori siano riusciti a far “interagire” fra loro le statute, con un susseguirsi di arsi e tesi (attività di sforzo e rilassamento) veramente impressionante.
La “disastrosa” storia del Partenone nei secoli
Ma quali sono state le cause che hanno portato il Partenone nelle condizioni odierne? Sarebbe stato bello dire il tempo e le intemperie, ma così non è stato. La causa principale è stata l’uomo.
Nel giro di qualche secolo, Atene, da centro culturale dell’Antica Grecia, divenne una cittadina provinciale dell’Impero Romano. In epoca bizantina, sotto l’influenza cristiana, il Partenone divenne una chiesa dedicata alla Vergine Maria. Venne perfino modificata la struttura del tempio, al quale venne aggiunto un abside e vennero tolte le colonne interne e perfino alcuni muri della cella, con conseguente perdita delle metope. Ovviamente, le raffigurazioni degli dèi non potevano rimanere, in quanto simbolo pagano. Così quelle che non potevano essere reinterpretate vennero distrutte.
Dopo questa “conversione”, la sua storia si arrestò fino al 1456, quando gli Ottomani conquistarono i territori greci. Il Partenone venne, quindi, trasformato in moschea (con aggiunta di un minareto), ma dato il rispetto che gli Ottomani riservavano per i monumenti storici dei paesi conquistati, nulla fu distrutto. Almeno fino a che non iniziarono a prendere da esso il marmo per costruire fortificazioni.
Dopo questa terza rivisitazione della funzione del Partenone, si arrivò al 1687. Questo fu l’anno in cui la maggior parte del tempio venne distrutto. Durante un’assedio da parte dei Veneziani, gli Ottomani ebbero la brillante idea di fortificare l’acropoli e utilizzare il tempio/tesoreria/chiesa/moschea come polveriera. Durante lo scontro, una bordata veneziana (orgoglio nazionale) colpì il Partenone, provocando l’esplosione della polvere da sparo e la distruzione parziale del tempio. Il tetto crollò, le colonne (specialmente nella parte sud) vennero decapitate, le sculture si rovinarono pesantemente o caddero al suolo per poi diventare souvenir nei secoli che seguirono.
Un’altra guerra provocò l’ulteriore deterioramento del Partenone, quella tra i Greci e i Turchi. Mentre i primi avevano conquistato l’intera città, i secondi si trovavano bloccati sull’acropoli. Una volta finite le munizioni, decisero di smantellare parte del tempio per ricavare dal marmo il metallo sufficiente a costruire pallottole. Quando i Greci videro cosa stavano facendo i Turchi, chiesero una tregua, anche se la vittoria era ormai loro. Per evitare che il Partenone venisse completamente distrutto dagli oppressori Turchi, diedero loro delle munizioni per continuare la battaglia senza bisogno di dover recare ulteriori danni al tempio.
Sembra fantasia, ma questo fa capire quanto un solo edifico, costruito millenni prima con pietra e sudore, possa smuovere un’intero popolo per proteggerlo, anche se ciò significa mettere a rischio la propria vita e la propia libertà. Alla fine, la vittoria fu dei Greci, che liberarono l’acropoli dalle costruzioni ottomane e le ridiedero l’importanza di un tempo, anche se poco di quella magnifica opera voluta da Pericle era ormai sopravvissuta all’uomo.
Il Partenone secondo Ubisoft
In tutto ciò, come Ubisoft ha ricreato questa magnifica opera? Prima di tutto va detto che, a parte la struttura e la statua di Atena, poco di quello che caratterizza il Partenone è stato ricreato in Assassin’s Creed Odyssey.
Il fregio, infatti, è quello base utilizzato anche per decorare gli altri templi del gioco. Ciò è evidente dalla presenza di una metopa che rappresenta una delle fatiche di Eracle, quella dei pomi di Esperide. Questa si trova un po’ lontana dal suo luogo di appartenenza, ovvero il Tempio di Zeus ad Olimpia. Anche i due frontoni non presentano le scene precedentemente citate, ma due composizioni identiche e che si possono trovare anche in altri templi del gioco. Sulle pareti della cella, inoltre, è raffigurata una scena che non presenta propriamente le caratteristiche dell’arte pittorica greca del periodo classico. Insomma, in questo caso Ubisoft non si è attenuta propriamente alla verità, ma il colpo d’occhio risulta ugualmente d’impatto. Peccato per la mancanza di accuratezza.
La base dell’Acropoli
L’Odeo di Pericle
L’acropoli non si strutturava solo al di sopra dell’altura. Alla sua base si trovavano diversi edifici che ne facevano comunque parte. Ne sono un’esempio l’Odeo di Pericle e il Teatro di Dionisio. Il primo era una struttura a base quadrata (a differenza degli altri odéon, solitamente a base circolare) con tetto in legno che convergeva al centro in una struttura piramidale. Delle fonti riportano che la struttura fosse sorretta da novanta pilastri in pietra e che vi fosse un palcoscenico per i musicisti e un’orchestra per il coro.
Ma a cosa serviva quest’Odeo? Pericle lo fece costruire per ospitare i concorsi musicali durante la Panatenee, ma anche per riparare gli spettatori del teatro di Dioniso (a pochi passi) in caso di maltempo. Venne distrutto durante l’assedio di Atene da parte di Silla nell’87-86 a.C. per poi essere ricostruito in seguito da Ariobarzane II di Cappadocia. In Assassin’s Creed Odyssey la struttura è decisamente più piccola, ma sembra comunque rimanere fedele alle poche testimonianze che ci sono pervenute.
Il Teatro di Dioniso
Nel V secolo a.C. il teatro ha vissuto uno dei suoi momenti più floridi, quello che lo ha reso famoso nei secoli. In questo periodo sono state poste le fondamenta che sorreggono tutt’oggi il teatro occidentale. Questo grazie a nomi altisonanti, quali Sofocle, Euripide, Eschilo e Aristofane, per citarne alcuni. Tragedia e commedia, due generi fondamentali per la divulgazione di conoscenza e cultura, sia allora che oggi.
Di questi nomi, la maggior parte era attiva proprio ad Atene, al Teatro di Dionisio, adiacente all’Odeo di Pericle e alla base dell’acropoli. Questo ha visto la sua costruzione proprio nel V secolo a.C., dopo che alcuni spalti dell’agorà (dove prima venivano rappresentate le varie opere teatrali) crollarono a causa del troppo peso. Per evitare un altro disastro del genere, venne creato questo spazio apposito vicino al Santuario di Dioniso.
Grazie al pendio dell’acropoli, vennero costruite delle sedute a gradoni per il pubblico, così che tutti avessero la possibilità di vedere l’opera. Inizialmente queste gradinate erano in legno (solo nel IV secolo a.C. vennero sostituite con il marmo). Di fronte agli spettatori, il teatro si strutturava in maniera molto diversa rispetto a quella a cui siamo abituati oggi.
Il palcoscenico non era presente. Sia gli attori che il coro si trovavano nell’orchestra, uno spazio semicircolare dove veniva messa in scena l’opera teatrale. Alle loro spalle si trovava la skené, una parete in legno con su dipinta l’ambientazione dell’opera. Al centro di questa si trovava una porta dalla quale si poteva accedere all’orchestra. Erano presenti altre due entrate laterali, dette parodoi, dei corridoi che portavano direttamente allo spazio della messinscena. Il teatro era anche attrezzato con gru per sollevare gli attori e strutture su ruote per cambiare rapidamente scenario da esterno ad interno. Era presente, infine, una pedana rialzata al lato dell’orchestra (non si sa di preciso dove) riservata all’apparizione degli dèi.
Nel IV secolo a.C. vennero apportati diversi miglioramenti, come l’aggiunta del palcoscenico tra l’orchestra e la skené, leggermente rialzato e accessibile attraverso degli scalini centrali. Altra miglioria fu, come già accennato, la rimozione delle gradinate in legno in favore di quelle in marmo. In prima fila, al centro, era presente un “trono” marmoreo riservato al sacerdote di Dioniso.
Il teatro prosperò anche sotto il dominio romano, ma con il tempo venne abbandonato, quasi completamente sepolto dalla vegetazione. Venne rinvenuto solo nel 1800 grazie agli scavi archeologici di Wilhelm Dörpfeld. In Assassin’s Creed Odyssey, ovviamente, è stato rispettato lo stile che il teatro possedeva nel V secolo a.C., quindi in legno. Tuttavia, è già presente il palcoscenico, introdotto solo un secolo dopo rispetto ai fatti raccontati nel gioco.
Tempio di Zeus
Il Tempio di Zeus Olimpo ad Atene è stato per svariato tempo il tempio greco più grande del periodo ellenistico e romano. In Assassin’s Creed Odyssey è ancora in costruzione. Sono visibili solo alcune colonne corinzie (già decorate), mentre il cantiere è nel pieno dei lavori.
Infatti, nel V secolo a.C. le costruzioni (iniziate nel 515 a.C. con il governo dei Tiranni) non erano ancora state completate. Unico dettaglio che non coincide è il fatto che, durante il periodo democratico di Atene (comprendente anche il governo di Pericle), i lavori erano stati interrotti perché il tempio era collegato al governo dei Tiranni, ripudiato da tutti i loro successori. Nel gioco, invece, si possono vedere gli operai lavorare per completare il tempio.
I lavori per finire la struttura vennero ripresi solo nel 174 a.C. con Antioco IV di Macedonia, ma alla sua morte nel 163 a.C. ci fu un’ulteriore periodo di stallo. Tra il 129 e il 131 d.C., l’Imperatore Adriano portò finalmente a termine il Tempio di Zeus, dedicandolo proprio a quest’ultimo (anche se a Roma il dio era conosciuto come Giove). All’interno del tempio fece erigere una statua crisoelefantina del dio e, all’esterno, un’altra raffigurante se stesso, della stessa grandezza.
Il tempio, con il tempo, è andato distrutto, non è chiaro se per via dei barbari o per un terremoto. Oggi, delle 104 colonne che sorreggevano la struttura, ne rimangono solo 15, più il crepidoma e una parte dell’architrave tripartito. Una colonna si trova distesa a terra, sul pavimento originale del tempio. Questo perché un fulmine l’abattè a metà ‘800 e nessuno la rimise più al suo posto.
Altre opere d’arte ad Atene
Durante il V secolo a.C., come abbiamo già visto, Atene vide la sua ascesa e la sua caduta. Durante questo periodo di innovazioni, era impossibile che la città non prendesse spunto dalle nuove mode dell’arte, sempre più distaccate dal periodo arcaico, quest’ultimo troppo legato alle tradizioni e ai punti d’incontro con la cultura egizia.
Le sculture iniziano ad avere una dinamicità mai sperimentata prima. Dai corpi rigidi, abbozzati, si passava al movimento, alla perfezione visiva. Tuttavia, rimaneva sempre una bellezza idealizzata. Molto spesso le persone rappresentate in statue e sculture non assomigliavano in alcun modo alla realtà (fatta eccezione per i busti; utilizzati più spesso, però, nell’arte romana).
Questa ricerca della purezza è evidente in Assassin’s Creed Odyssey. Basti guardare la statua di Teseo e il Minotauro presente qui sotto, estremamente dinamica (ma completamente inventata, sia chiaro). Molto diversa da opere come, ad esempio, il Monumento agli eroi eponimi (i dieci eroi che rappresentavano la tribù di Atene), decisamente più statica, ma senza dubbio di epoca post-arcaica, probabilmente severa.
Ubisoft è riuscita a prendere due piccioni con una fava. Infatti, non era rara la ripetizione di fattezze e volti nelle statue. Dato che le sculture sono veramente tante all’interno di Assassin’s Creed Odyssey, gli sviluppatori hanno dovuto inserirle più di una volta. Ma questa scelta di game design (forse per la prima volta nei videogiochi) non è troppo sbagliata. Così facendo sono rimasti fedeli alle fonti storiche, ma hanno anche risparmiato parecchio tempo per la realizzazione di statue differenti.
C’è anche da dire, però, che non tutte le statue erano la copia carbone dell’altra. Ogni artista le reinterpretava a suo modo, aggiungendo dettagli o cercando di migliorare il lavoro svolto precedentemente da altri artisti. Così si andava a creare man mano uno stile sempre più complesso, uno stile che sarebbe divenuto classico.
Il nostro viaggio attraverso l’arte dell’Atene del V secolo a.C. si conclude qui. Fateci sapere se vi è stato utile e se siete interessati a leggere altri articoli come questo!
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Tenace adoratore del mezzo cinematografico, cerco sempre un punto di vista fotografico in tutto ciò che mi circonda. Videogiochi, serie televisive, pellicole cinematografiche. Nulla sfugge al mio imparziale giudizio.